La clamidia è una infezione sessualmente trasmissibile causata da un batterio intracellulare obbligato, Chlamydia trachomatis
Può avere delle manifestazioni sintomatologiche molto blande ed interessa prevalentemente le donne sessualmente attive. Si stima che dal 10 al 40% delle donne con infezione non trattata sviluppano la malattia infiammatoria pelvica (pelvic inflammatory disease, PID) che può condurre alla sterilità.
Anche il sesso maschile è interessato, e l’infezione può interessare l’epididimo, causando dolore e febbre. Nel maschio si suppone possibile correlazione tra Chlamydia trachomatis e sindrome di Reiter, una forma di artrite sieronegativa accompagnata da lesioni epidermiche e infiammazione agli occhi e all’uretra.
La clamidia si trasmette generalmente attraverso i rapporti sessuali di ogni tipo qualora vi sia il contatto con la mucosa infetta (vaginale, orale, anale). Una donna gravida,ad esempio, se infetta può, durante il parto, passare al neonato l’infezione, che si manifesta come un’infiammazione agli occhi e all’apparato respiratorio. La clamidia è, infatti, una delle prime cause di congiuntivite e di polmonite nei neonati.
Rispetto al giorno dell’infezione le manifestazioni cliniche compaiono dopo una-tre settimane dall’infezione. Nelle donne, il batterio infetta la cervice e l’uretra, causando perdite vaginali o sitomatologia urente. L’infezione si espande in forma settica, causando in alcune persone dolori addominali, alla schiena, nausea, febbre e perdite ematiche anche al di fuori del ciclo mestruale. Dalla cervice, l’infezione può eventualmente diffondersi al retto.
Negli uomini, i sintomi possono manifestarsi con secrezioni o sensazione di irritazione e prurito.
Nella sindrome di Reiter tipica, si sviluppa un’uretrite non batterica 7-14 giorni dopo un contatto sessuale; all’uretrite seguono, dopo alcune settimane, una febbre modesta, la congiuntivite e l’artrite. Sono frequenti forme incomplete della sindrome. L’artrite può essere lieve o grave. La sindrome di Reiter si risolve, in genere, in alcuni mesi, ma in circa la metà dei pazienti sono possibili per diversi anni episodi ricorrenti, transitori o prolungati, di artrite o di altre manifestazioni della sindrome, talvolta con esiti in deformità e anchilosi.
La clamidia viene diagnosticata attraverso prelievo da tessuti infetti (tipicamente il tampone vaginale) o campione delle urine.
Il rischio di re-infezione in pazienti esposti a soggetti infetti è molto elevato, e aumenta notevolmente la possibilità che le conseguenze dell’infezione siano molto serie.
Data la natura batterica dell’infezione, la clamidia è trattabile con antibiotici. Gli schemi terapeutici raccomandati prevedono l’uso per via orale di azitromicina o di una tetraciclina; in alternativa, di eritromicina o di un chinolone sempre per via orale. In gravidanza sono indicate amoxicillina o eritromicina, oppure clindamicina. Vanno trattati anche i partner sessuali.
Ad oggi c’è un vaccino, ancora sperimentale, contro la clamidia.
Lo studio, realizzato con il contributo della Commissione Europea e The Innovation Fund Denmark, e pubblicato su ‘Lancet Infectious Diseases’, ha valutato in un trial di fase I la sicurezza sull’uomo di un nuovo vaccino anti-clamidia (CTH522). Dai primi risultati “appare essere sicuro e ben tollerato”, sottolineano i ricercatori dello Statens Serum Institut (Copenhagen) e dell’Imperial College di Londra.
CALABRESE Michele
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