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Napoli, bimba piange: scatta l’aggressione alla dottoressa

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Napoli, minaccia di sparare a medici e infermieri: padre esagitato semina il panico al Santobono
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È accaduto all’ospedale Santobono. Prima due donne, poi il papà della piccola paziente hanno messo a soqquadro il Pronto soccorso.

Ancora un episodio di violenza al Pronto soccorso dell’ospedale Santobono di Napoli. Ad aggredire una dottoressa sono state due donne che avevano accompagnato una bambina di 15 mesi in ospedale. La piccola ha un orecchino ritenuto (gioielli che non andrebbero portati a quell’età). Dopo il triage, avviene il trasferimento all’ambulatorio al terzo piano, in Otorino.

Quando la dottoressa di turno mette un po’ di pomata anestetica e prova a rimuovere la vite, i pianti della bimba non si fanno attendere. Le due donne, in tono perentorio, fanno scattare lo stop: «Che stai facendo?», dicono in dialetto. Pesata l’intimidazione, la dottoressa propone di programmare un ricovero in cui effettuare la manovra in sedazione. Le due donne allora escono e la situazione sembra tornare alla calma.

Ma dopo 20 minuti, le due, di cui una si è qualificata come mamma della bambina, irrompono nuovamente nell’ambulatorio, mentre la dottoressa è intenta a stilare un referto. Volano schiaffi, spinte, graffi e le immancabili tirate di capelli. Un infermiere accorre e fa da paciere. Poi si presenta il papà, che sfoga anch’egli la propria rabbia (pare che la vite dell’orecchino fosse stata nel frattempo espulsa grazie alla lubrificazione della crema), scalciando contro la porta. Quindi la fuga.

Quella che si conta al Santobono è l’aggressione numero 100 del 2019, come riporta l’osservatorio della associazione Nessuno tocchi Ippocrate. La dottoressa malmenata, refertata, ha ottenuto 10 giorni di prognosi. «Cento episodi di violenza – commenta Francesco Emilio Borrelli, consigliere regionale del Verdi e componente della Commissione Sanità in Consiglio regionale – sono numeri da emergenza, la situazione è fuori controllo. Il personale è diventato lo sfogatoio delle tensioni di parenti e affini, tutti vogliono andare via dai pronto soccorso. Occorre un argine, prima che si consumi una tragedia. Da tempo chiediamo che vengano creati dei presidi fissi di polizia in prossimità dei pronto soccorso degli ospedali».

Altre aggressioni si sono registrate nelle ultime settimane al San Giovanni Bosco, a Villa Betania, al Fatebenefratelli e Villa dei Fiori di Acerra, strutture accreditate, dotate di pronto soccorso di I livello. Le aggressioni nel 2019 sono cresciute, del 20 percento circa rispetto all’anno precedente. Un argine al fenomeno è previsto nella nuova legge in discussione al Senato, che punta a un inasprimento delle pene, prevedendo in casi gravi anche il carcere e la procedibilità d’ufficio senza bisogno di querela di parte.

Ma è invocata da più parti anche una riforma delle regole d’ingaggio delle guardie giurate, che non hanno ruoli amministrativi e ordinativi, non potendo fermare né multare, ovvero identificare, i protagonisti di azioni di questo tipo. «Basterebbe darci questa facoltà, almeno nell’ambito di punti sensibili come gli ospedali o i pronto soccorso – sostiene Giuseppe Alviti, sindacalista del settore –, per dare al nostro servizio una connotazione di efficacia che oggi manca».

«Se non è possibile sottrarre personale alle volanti, come sostiene il prefetto – aggiunge Attilio Maurano, della Cisl Medici, che ha di recente promosso a Napoli un tavolo di approfondimento –, almeno si programmi nel medio e lungo termine la possibilità di utilizzare gli spazi interni ai grandi ospedali per spostare in essi alcune funzioni di polizia».

Proprio il Santobono, di recente, è stato in primo piano nelle cronache sul tema della aggressioni. Il pm, in un contenzioso penale promosso da un infermiere del Pronto soccorso (un dito fratturato per un’aggressione avvenuta a settembre) ha infatti qualificato come lesioni di lievi entità la frattura, chiedendo l’archiviazione. «Un episodio – commenta Silvestro Scotti, presidente dell’Ordine dei medici di Napoli – che dimostra quanto sia urgente prevedere una norma che non consenta scappatoie».

Antonio De Falco, leader regionale della Cimo, chiede che si applichino le leggi che già esistono e che qualificano già oggi il medico come responsabile di un pubblico servizio, con la possibilità di procedere d’ufficio in sede penale: primo step di un procedimento civile per il risarcimento dei danni. «Anche se non si può parlare di una escalation – conclude Paolo Siani, pediatra del Santobono e parlamentare del Pd –, bisogna agire subito e su più fronti. I tempi della nuova norma in parlamento, nonostante l’unità, non saranno brevi. Ma quello delle pene non è l’unico fronte di contrasto. Un ruolo lo hanno il linguaggio dei social e il tenore del dibattito politico, che spesso rappresentano senza filtri e intermediazioni la sanità come un universo negativo, anche quando non lo è, come al Santobono».

Redazione Nurse Times

Fonte: Il Mattino

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