Nel 2016 con il Piano Nazionale delle Cronicità si è voluto dare avvio a un vero e proprio “sistema assistenziale”, rivolto alla popolazione con problemi di cronicità
Infatti, così come riportato nello stesso Piano Nazionale delle Cronicità, un’adeguata gestione della cronicità ha bisogno di un sistema di assistenza continuativa, multidimensionale, multidisciplinare e multilivello, che possa permettere la realizzazione di progetti di cura personalizzati a lungo termine, la razionalizzazione dell’uso delle risorse e il miglioramento della qualità di vita, prevenendo le disabilità e la non autosufficienza.
Sempre secondo quanto riportato nel Piano Nazionale delle Cronicità, per realizzare tale “sistema”, è fondamentale promuovere:
a) La piena valorizzazione della rete assistenziale, riorganizzando strutture e servizi disponibili e riqualificando la rete dei professionisti. La rete va rifunzionalizzata soprattutto in una visione di continuità assistenziale, modulata per ciascun paziente sulla base dello stadio evolutivo, sul grado di complessità della patologia e sui relativi bisogni socio-assistenziali;
b) Una maggiore flessibilità dei modelli organizzativi e operativi, che preveda una forte integrazione tra cure primarie e specialistiche e tra ospedale e territorio, con servizi strutturati e organizzati, reti specialistiche multidisciplinari, team professionali dedicati e modelli di integrazione socio-sanitaria;
c) L’approccio integrato sin dalle fasi iniziali della presa in carico, con l’ingresso precoce nel percorso diagnostico-terapeutico assistenziale e nel percorso di welfare integrato al quale partecipano tutti gli attori coinvolti, con l’attivazione di setting diversi in funzione del diverso grado di complessità assistenziale e delle necessità del paziente;
d) Una stadiazione in base al grado di sviluppo della patologia e dei relativi bisogni socio-assistenziali, utilizzando PDTA e piani di cura personalizzati, monitorabili attraverso indicatori di processo e di esito, multidimensionali e centrati sul paziente, gestiti con approccio proattivo;
e) L’empowerment, l’ability to cope, ed il self-care, leve fondamentali per l’efficacia e l’efficienza del sistema con il contributo delle Associazioni di tutela dei malati e del volontariato attivo, attraverso programmi di educazione documentabili e monitorabili, nel presupposto che pazienti consapevoli ed esperti siano in grado di gestire la propria qualità di vita al massimo delle loro potenzialità.
Con il Piano Nazionale delle Cronicità si è voluto promuovere un sistema organizzato su tale visione, dando a ogni Regione, la possibilità di esercitare la propria autonomia nelle scelte organizzative e operative, tenendo conto delle potenzialità e delle criticità presenti nei contesti locali per disegnare progetti di innovazione nella gestione della cronicità in armonia con il disegno nazionale.
L’eterogeneità delle patologie croniche e la loro lunga storia naturale comportano esigenze differenti in pazienti con diverso grado di complessità, che hanno bisogno di prestazioni assistenziali e socio-sanitarie erogate in servizi diversi, di cui è indispensabile coordinare e integrare le attività. La gestione integrata si è rivelata uno strumento fondamentale per perseguire e raggiungere risultati soddisfacenti nei campi dell’efficacia degli interventi, dell’efficienza delle cure, della salute e della qualità di vita dei pazienti con patologie di lunga durata.
Essa prevede, tra l’altro, l’attivazione di Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali ed un sistema di raccolta dei dati clinici che possa generare gli indicatori di processo e di esito e gli indicatori di risultato intermedio e finale. Il Piano Nazionale delle Cronicità ha indirizzato la gestione della cronicità verso un sistema capace di realizzare tale integrazione. La “demedicalizzazione” rappresenta un altro caposaldo consolidato nelle esperienze internazionali più avanzate.
Tale prospettiva richiede un maggior coinvolgimento di tutte le figure professionali coinvolte, necessarie per rispondere adeguatamente alla multidimensionalità delle patologie croniche, in seno a piani di cura concordati.
Com’è facilmente deducibile, dopo attenta lettura dei principi base sui quali è stato incardinato il Piano Nazionale delle Cronicità, la Regione Puglia, nell’esercitare la propria autonomia nelle scelte organizzative e operative, non ha tenuto conto della visione riportata nel “piano” disegnando un progetto per nulla innovativo, nella gestione della cronicità, e in completa disarmonia con lo stesso disegno nazionale. Ecco perché, già un anno fa, non è stato difficile predire quel che stava per accadere.
Infatti, ancora una volta, ci troviamo di fronte ad un’opera incompiuta, il Progetto Chronic Care, introdotto in Puglia come progetto obiettivo per realizzare il “modello regionale per la presa in carico di pazienti con patologie croniche che richiedono una continuità di assistenza per periodi di lunga durata, finalizzato al miglioramento della qualità di vita dei pazienti attraverso una stabilizzazione del quadro clinico con conseguente prevenzione delle complicanze e disabilità”.
Vediamo almeno un paio di motivi della sua incompiutezza!
Il primo e il più importante, com’è facilmente desumibile, è riferibile all’errata visione mentre il secondo riguarda il fatto che, nonostante sia già trascorso un anno dal suo inizio sperimentale, poco o nulla è stato fatto, benché la Regione Puglia, avesse finanziato il Progetto Chronic Care con ben un milione e mezzo di euro (D.G.R. n. 2243/2017 “Progetti obiettivo a valere sul Fondo Sanitario Regionale. Programmazione per il triennio 2017/2019” – D.G.R. n. 1159/2018 “Documento di Indirizzo Economico Funzionale 2017 del Servizio Sanitario Regionale. Presa d’atto del Riparto FSR Definitivo 2017 e rimodulazione programmazione progettuale per il biennio 2018/2019”).
Si potrebbe affermare, in considerazione del fatto che tale “modello”, dalla sua implementazione ad oggi, non ha raggiunto alcun risultato, che in Puglia i pazienti cronici possono, anzi devono ancora attendere nonostante i cospicui finanziamenti assegnati al Progetto Chronic Care!
Infatti, è la stessa AReSS Puglia, a certificare il “fallimento”, dichiarando che l’avvio ufficiale delle attività riguardanti la sperimentazione, quali: il reclutamento dei Medici di Medicina Generale, l’individuazione dei pazienti ed il relativo impiego dei fondi, al momento, non hanno ancora avuto inizio e che tutte queste attività sono SUBORDINATE al perfezionamento dell’Accordo integrativo in corso di sottoscrizione con la Medicina di Famiglia, nonostante è trascorso quasi un anno dal suo avvio.
L’OPI di Bari, in più occasioni, aveva avanzato forti dubbi, e non in maniera aprioristica, sulla bontà di quest’ulteriore e nuova sperimentazione.
Tra l’altro, è ben noto che, il continuo sperimentare di “modelli” sempre diversi, per gestire lo stesso processo, è di per sé un grande impedimento. Alla Regione Puglia, forse, è sembrata la via più facile da percorrere per raggiungere un’adeguata gestione della cronicità, purtroppo, non è così! Infatti, l’idea che, una soluzione semplice può risolvere problemi complessi, pur andando di moda alle nostre latitudini, non è mai vincente.
Giuseppe Marangelli
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