TORINO. Uomini in divisa con a fianco i malati. Spesso pazienti anziani, che faticano e sono imbarazzati anche soltanto ad andare in bagno perché si sentono osservati. Ma loro, i vigilantes che lavorano al pronto soccorso del Martini, una delle strutture dove dal primo febbraio, per volontà della direzione dell’Asl, si è dotata di un sistema di sicurezza 24 ore su 24 per prevenire le aggressioni nei confronti dei sanitari, esprimono tutto il loro imbarazzo e disagio. Lo stesso, in fondo, vissuto dallì’altra parte dai pazienti che, però, sentono lesa la loro privacy.
La protesta è sfociata quando Gianluca Mennuti, segretario nazionale di Confintesa sicurezza privata, è venuto a conoscenza delle lamentele di una paziente che si sentiva “osservata” dalla guardia in servizio. “La signora – spiega il sindacalista – si vergognava, visto che c’era un uomo davanti al suo letto». Che, va sottolineato, era lì soltanto per servizio. «Ma è ovvio -spiega ancora Mennuti – che in queste condizioni viene violata la privacy dei pazienti e al tempo stesso si crea disturbo tra gli operatori, che sono costretti a sostare lì, davanti a persone che stanno male e non vorrebbero avere nessuno attorno, se non infermieri e medici. Situazioni normali per un infermiere, ma non per le guardie».
Salvatore Corea, vigilantes con vent’anni di esperienza, racconta: «Mi sono trovato a fianco una signora in barella, poco vestita, e ho notato il suo disagio. A volte i pazienti quando si accorgono di noi cercano di coprirsi col lenzuolo. Io li capisco: un conto è vedere un medico, un altro me».
In realtà, come afferma Antonino Cona, vigilantes di 56 anni, sarebbe la stessa struttura architettonica del Martini che non agevolerebbe la privacy. «Il pronto – dice – è un quadrato dove degenza, una parte della sala d’attesa, triage, emergenza, sono tutte praticamente insieme. Noi dobbiamo stare al bancone, che è in mezzo. Al Giovanni Bosco invece c’è una postazione davanti all’ingresso distante dai malati».
Inoltre, ma non sarebbe un problema secondario, affermano le guardie, «stiamo dentro e fuori dal pronto con la stessa divisa, che poi portiamo a casa, contaminata da germi».
L’assenza di un camice non sarebbe l’ideale neanche per i pazienti. «A volte – precisa Mennuti – la divisa può essere sporca perché il giorno prima capita che la guardia faccia il turno in cantiere». Il problema è stato messo nero su bianco in una lettera inviata alla direzione ospedaliera dalla segreteria provinciale di Confintesa sanità.
Il segretario provinciale di Confintesa sanità Lippo Francesco ha chiesto in una nota di predisporre dei gabbiotti o delle postazioni specifiche per allocare le guardie giurate, in modo da non creare imbarazzo tra i pazienti.
Secondo Elisabetta Sardi, direttore sanitario del Martini, «lamentele di questo tipo potrebbero valere soltanto nel momento di orario visita dei parenti, quando il divisorio tra l’osservazione temporanea e la restante parte del pronto viene aperta, mentre di solito c’è una tenda che divide».
«Il servizio tecnico comunque – aggiunge – sta predisponendo uno spazio ad hoc nella sala d’attesa, dove i vigilantes potranno sostare». Sulle divise, secondo la dottoressa, «un’idea è quella del camice monouso, ma si tratta di una questione non di pertinenza dell’ospedale, bensì della ditta di sicurezza. Noi abbiamo messo a disposizione un armadietto per il cambio».
Redazione Nurse Times
Lascia un commento