Ha appeso temporaneamente la calottina al chiodo Giulia Viacava, atleta professionista e difensore della nazionale italiana di pallanuoto tornare ad indossare il camice da infermiera.
Essendosi fermata ogni competizione sportiva, il difensore del Setterosa, ha deciso di farsi assumere presso una residenza per anziani genovese, per poter dare il proprio contributo nella lotta al Covid-19.
«Ho pensato — dice alla fine di un turno estenuante di lavoro — alla mia laurea triennale in infermieristica e mi sono detta: cosa ci faccio io qui? Non posso allenarmi e non voglio essere inutile in un momento come questo. Ho un’abilità, usiamola».
Non è stato difficile trovare un posto di lavoro da infermiera, considerato l’elevato numero di professionisti contagiati in aggiunta a coloro che hanno deciso di abbandonare la sanità privata per accettare le proposte degli ospedali pubblici.
«Nel turno di notte — racconta la campionessa di pallanuoto — sono sola con un operatore sociosanitario per una cinquantina di ospiti, in certi momenti sono stati anche di più».
Si tratta di un problematica comune a tutte le case di riposo, con gran parte del personale in malattia: «Aiuta aver praticato uno sport di squadra, bisogna cercare di fare il massimo con le forze che si hanno e aiuta anche nel rapporto con gli altri. Fino a ieri con le mie compagne di squadra oggi con i miei colleghi qui, nella Rsa».
Anche il duro allenamento al quale si è sottoposta per molti anni ha contribuito a renderla sufficientemente resistente per questo genere di situazione:
«Non mi aspettavo che fosse così impegnativo. Oggi dalle 7 di mattina alle 9 di sera, credo di non essermi mai seduta e non vedo l’ora di andare a dormire. Ma oltre alla forma fisica è importante quella mentale, mantenere equilibrio, serenità, tenere il cervello in esercizio. Può sembrare strano ma anche avere in testa gli schemi della pallanuoto e essere abituata a elaborarli è utile».
Giulia racconta come la scelta di lavorare in una RSA non sia stata casuale: «Invece è proprio quello che volevo. Mi piacciono i miei vecchietti. Magari fanno i capricci, non vogliono mangiare o andare a dormire, a volte sono quasi come bambini. Sono loro adesso i più fragili, quelli che hanno bisogno. In loro vedo i miei nonni. I nostri nonni hanno fatto tanto, dato tanto, tutta la vita, ora è il momento per noi di restituire».
Giulia non è arrivata per caso a studiare da infermiera: «Mio papà è chirurgo e mia mamma è infermiera ma non mi hanno mai forzato. Mi hanno sempre detto: fai quello che vuoi. Vedere la passione che mettono nel loro lavoro può avermi influenzato ma ho scelto da sola». Ma nel futuro ci sarà ancora la pallanuoto? «Sicuramente. Voglio togliermi ancora qualche soddisfazione. Ma la mia strada è qui. È questo che io voglio fare, ne sono sicura».
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