L’immagine di copertina dell’articolo parla da sola: Italia fanalino di coda in Europa nella retribuzione dei suoi “eroi” infermieri. A guardarla, la domanda sorge spontanea: come mai ci siamo adeguati su tutto all’Europa, tranne che sui nostri salari? Cosa fanno di più i nostri colleghi degli altri Paesi europei, che vengono addirittura a prelevarci in Italia per portarci a lavorare da loro?
La pandemia ha fatto comprendere a tutti quanto la nostra professione faccia la differenza tra la vita e la morte, ma, a parte qualche bonus (per altro elargito a macchia di leopardo nelle regioni del nostro Paese), a una settimana dalla lettera inviata al Governo dalla Fnopi, non è emersa ancora da nessuno la volontà di valorizzare SUL SERIO la nostra professione.
In cima agli 8 punti della FNOPI c’è l’istituzione di un area contrattuale infermieristica, in altre parole l’uscita dal comparto. Il comparto è un calderone di professioni e mestieri accomunati per il solo fatto di lavorare per il Ssn, ma con caratteristiche del tutto diverse, che vengono sacrificate nell’esigenza di accorpare quanto più possibile le discipline contrattuali. Questo “mucchio selvaggio”, ad oggi, ci sta stretto, perché noi nel frattempo ci siamo laureati, siamo iscritti a un Ordine e soprattutto svolgiamo un lavoro con precise competenze, funzioni e responsabilità, che meritano una contrattazione a sé stante.
Sono tante le iniziative che in questi anni hanno cercato di sensibilizzare la politica e la categoria verso l’uscita dal comparto. Iniziative sia “dall’alto verso il basso”, ovvero pensate e promosse da organizzazioni strutturate. Si pensi ad associazioni come Aadi, o sindacati come Nursin, e in ultimo la Fnopi, nonché iniziative “dal basso verso l’alto”, come raccolte di firme spontanee (l’ultima si trova QUI).
Dunque la volontà c’è. Dopo il periodo difficile che pian piano ci stiamo lasciando alle spalle, ci stiamo avviamo alla fase 2 con gli infermieri molto più consapevoli del fatto che il Ssn regge grazie ai loro sforzi, e dunque pretendiamo questo riconoscimento, e lo grideremo in piazza, se necessario, quando sarà possibile.
Infermieri in Cambiamento, nascente movimento politico professionale, auspica l’unione di tutti gli organi rappresentativi della professione per convergere insieme sulla necessità di questo passaggio epocale, poichè in gioco c’è il riconoscimento di TUTTI!
Concludo con una riflessione e qualche interrogativo. Sappiamo tutti dei tagli che la nostra sanità ha subito. A volere questi tagli non sono stati i nostri governi o le nostre amministrazioni, ma è stata l’Ue, con l’obiettivo di limitare al massimo il nostro “debito pubblico”, la spesa pubblica, cioè i soldi che servono per tutti, quindi anche per la sanità. I nostri governi hanno solo eseguito, senza ragionare, le prescrizioni dell’Ue, perché “ce lo chiede l’Europa”. È come se somministrassimo, senza ragionamento critico, asprina a un paziente allergico all’acetilsalicilico perché “ce lo ha detto il dottore”.
Dal momento che negli ultimi anni la voce di spesa maggiormente tagliata riguarda proprio i nostri stipendi (abbiamo perso quasi 3mila euro l’anno negli ultimi dieci anni), sarà possibile l’uscita dal comparto, e quindi l’aumento dei nostri stipendi all’interno di questa Ue che invece ci impone l’esatto contrario? Non è che l’uscita dal comparto è incompatibile con il pareggio di bilancio e con i tanti vincoli dell’Ue? Non è che l’uscita dal comparto sarà possibile solo dopo un’altra uscita, sì proprio così, l’uscita dell’Italia da questa gabbia costituita da Ue, Bce, Fmi, mercati e finanza? A voi e ai posteri l’ardua sentenza.
Raffaele Varvara
Fondatore di Infermieri in Cambiamento
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