Liste di attesa. Oggi “più di ieri” sono un’emergenza sulla quale concentrare subito l’attenzione e gli sforzi di tutti.
Perché oggi “a differenza di ieri” dobbiamo fare i conti anche con uno tsunami di prestazioni che durante il lockdown sono state sospese e che ancora oggi attendono una risposta.
Una mole di prestazioni che va ad aggiungersi a quelle che ordinariamente si stanno prenotando in questi giorni e in queste ore, in un’organizzazione e in un contesto “rallentato” che deve continuare necessariamente a fare i conti con il Covid, e quindi con le misure necessarie per prevenire il contagio e con limiti strutturali. E i tempi di attesa inevitabilmente si allungano, considerando anche gli effetti del classico rallentamento dovuto alla pausa estiva.
Per questo la prima azione da mettere in campo è quella di fare subito chiarezza sui numeri, attraverso un puntuale dimensionamento a livello nazionale del fenomeno delle prestazioni sospese durante il lockdown e degli attuali tempi di attesa, garantendone la massima trasparenza in termini di accesso alle informazioni, innanzitutto per i cittadini.
Serve inoltre un Piano nazionale di “rientro” sulle liste di attesa per il recupero dell’arretrato, condiviso tra livello centrale e regionale, in grado di supportare, orientare e accompagnare in modo unitario le Regioni attraverso la definizione di strategie, azioni, risorse economiche, tempistiche precise e un sistema stringente di monitoraggio rispetto alla sua implementazione e ai suoi effetti. Così forse, si riuscirà a far uscire dall’angolo in tempi rapidi e precisi tutte le Regioni, quelle che si sono già portate più avanti e quelle che sono più indietro.
Il 13 luglio, la Direzione Generale della programmazione sanitaria del Ministero della Salute ha inviato alle Regioni la richiesta di informazioni rispetto alle azioni intraprese per recuperare le liste di attesa createsi a seguito della sospensione di una serie di attività durante il lockdown. Un’iniziativa particolarmente attesa. Ora però, su questa partita, c’è bisogno di un rapidissimo cambio di passo. Deve diventare una priorità nazionale.
Se non si agisce subito, chi potrà, continuerà a mettere mano al portafoglio ricorrendo al privato per aggirare i tempi di attesa, chi non potrà continuerà ad attendere o rinunciare, magari incappando in complicanze. E tutto questo, inciderà sul livello di salute delle comunità, aumenterà in modo drammatico le disuguaglianze e le differenti velocità dei Servizi sanitari Regionali, senza considerare l’impatto anche dal punto di vista economico sul SSN.
Non esiste solo il coronavirus, ci sono molte altre malattie delle quali il SSN deve tener conto e delle quali si deve occupare con la medesima attenzione. Da qui in poi la sfida per il SSN, soprattutto qualora ci dovesse essere una seconda ondata autunnale di Covid-19, sarà quella di garantire sempre, comunque e con il massimo livello di sicurezza il doppio registro di assistenza ai cittadini: quelli con il Covid e quelli NON Covid. Non ci possiamo più permettere sospensioni dei servizi sanitari com’è purtroppo accaduto nel periodo del blocco.
Ma andiamo per ordine e vediamo quale fosse la situazione delle liste di attesa prima dell’emergenza Coronavirus.
È la Corte dei Conti a fare il punto con il suo “Rapporto 2020 sul Coordinamento della Finanza Pubblica” e ad evidenziare attraverso i dati più aggiornati, certificati e accessibili (pur con tutti i limiti della rilevazione segnalati dalla stessa Corte) un peggioramento della situazione nel 2018 rispetto al 2016 (situazione precedente al Nuovo Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa).
Peggiorano le quote di prestazioni con classi di priorità “brevi” e “differibili” garantite entro i tempi previsti dalla normativa: “Ciò è particolarmente netto per le prestazioni “brevi”, quelle che dovrebbero essere garantite entro 10 giorni. Fatta eccezione per le ecografie ginecologiche, registrano un peggioramento tutte le altre prestazioni. Anche nel caso delle prestazioni differibili la quota peggiora in 5 delle otto specialità (oltre alle ecografie ostetriche, segnano un miglioramento le visite cardiologiche e quelle ortopediche) … una maggiore difficoltà di garantire i tempi richiesti nelle strutture delle regioni del sud” (dato relativo alle sole prestazioni “brevi”).
Ma oggi, come abbiamo detto, a questo quadro si aggiunge anche l’ulteriore difficoltà legata alla necessità recuperare le prestazioni differibili/programmabili sospese a causa dell’emergenza coronavirus.
Dopo un rapido monitoraggio svolto sul web, la situazione sembra essere seria e al tempo stesso molto eterogenea.
Il Paese è unito, da Nord a Sud, da una raffica di interventi/mozioni/interrogazioni delle diverse opposizioni nei Consigli regionali, con le quali vengono richieste informazioni puntuali sul numero delle prestazioni che si sono accumulate (perché sospese) durante il lockdown e che devono essere riprogrammate.
Il numero su scala nazionale ha fatto presto a raggiungere le 6 cifre, visto che solo per fare alcuni esempi, nella sola provincia di Bolzano a fine giugno sembra si dovessero riprogrammare prestazioni per più di 122 mila pazienti di tutta l’Asl, fissate per il periodo del blocco.
Al 15 luglio, l’ASL 2 Abruzzo ha comunicato che a causa del Covid gli esami sospesi ammontano a 28.713.
In Umbria, invece, a fine giugno era stato soddisfatto il 37% delle liste di attesa.
Mentre l’AUSL della Romagna con una sua nota ha comunicato l’avvenuta “sospensione di circa 254.000 prestazioni già prenotate a Cup, 82 mila a Rimini, 85 mila a Ravenna, 87 mila a Forlì- Cesena, a cui vanno aggiunti più di 6 mila prelievi…” precisando però “che più del 70 % è stato erogato, o annullato o ha ricevuto un nuovo appuntamento. Restano ancora da prendere in carico poco meno di 70 mila prestazioni.”
Insomma, proiettando i dati a livello nazionale stiamo parlando di numeri enormi.
Ma se alcune realtà aziendali e regionali sembrano conoscere la dimensione del fenomeno e avere il polso della situazione sui tempi di attesa, ve ne sono altre che su questo stanno ancora lavorando.
Ad esempio, la Regione Friuli-Venezia Giulia ad inizio luglio ha dichiarato che i dati inerenti al monitoraggio sulle liste di attesa saranno disponibili solo a fine luglio.
A tal proposito, va sottolineato come l’ex Ministro della Salute Giulia Grillo, al fine di implementare e ammodernare le infrastrutture tecnologiche legate ai sistemi di prenotazione elettronica per l’accesso alle strutture sanitarie, avesse già previsto per le Regioni un finanziamento di 150 milioni per il 2019 e di 100 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021. Somma che si va ad aggiungere a quella prevista con l’articolo 23-quater del d.l. 119/2018 per interventi volti a ridurre i tempi di attesa (50 milioni) nel 2020.
Alcune Regioni hanno comunicato una strategia per il recupero delle prestazioni sospese durante l’emergenza, come ad esempio Toscana, Lazio, Abruzzo, Marche, Abruzzo, Sardegna, Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto, Puglia, Basilicata, Prov. Bolzano.
Solo una parte hanno individuato e comunicato il termine entro il quale recuperare le liste di attesa, è il caso ad esempio della Toscana che si è data come scadenza il 15 luglio, altre sono rimaste molto vaghe. Un aspetto questo che invece merita la massima puntualizzazione.
Scelte diversificate anche sulle risorse da stanziare per finanziare il potenziamento dei servizi sanitari regionali funzionali al recupero dell’arretrato.
Così a fine giugno la Regione Marche ha dichiarato che “investirà 2,7 milioni di fondi specifici per sostenere l’ulteriore impegno del personale della sanità pubblica e altrettante risorse per potenziare gli spazi, le tecnologie e il sistema informatico che dovrà supportare questa nuova riorganizzazione” mentre la Sardegna utilizzerà i 20 milioni già stanziati per il Piano sulle liste di attesa che era pronto prima dell’emergenza coronavirus. È evidente che va capito subito se servono o meno risorse aggiuntive da assegnare su scala nazionale alle Regioni per supportare l’azione straordinaria di recupero sull’arretrato. Se servono, vanno stanziate, agganciate ad un Piano e verificate rispetto al loro corretto utilizzo.
Le strategie delle Regioni sono per alcuni versi differenti e per altri sovrapponibili.
Ecco alcuni esempi.
Marche: allungamento degli orari per lo svolgimento delle prestazioni; utilizzo di app per le prenotazioni; accordo con il personale sanitario per orari di lavoro al sabato e la domenica; ampliamento farmacie per prenotazione prenotare, …
Abruzzo: allungamento degli orari fino alle 22 e nelle giornate festive in tutte le strutture sanitarie; aumento le ore di servizio dei medici specialisti ambulatoriali; monitoraggio delle prescrizioni per appropriatezza; ottimizzazione agende delle strutture pubbliche e private, …
Toscana: potenziamento call center e dei punti di prenotazione; Estar, l’Ente per il supporto tecnico amministrativo regionale, avvierà le necessarie procedure per l’eventuale acquisizione temporanea di personale da impiegare nei call center aziendali e nei punti di prenotazione; le aziende dovranno predisporre uno o più progetti con il proprio personale dirigente in regime di esclusività per erogare prestazioni aggiuntive, prevedendo un premio di accelerazione; sfruttare pienamente le potenzialità offerte in questo settore dalla televisita, utilizzando anche fasce orarie ulteriori indicate dai CUP, per ampliare le agende di prenotazione in regime istituzionale; contrattare con le équipe anche l’acquisto di orario di guardia notturna e festiva per i dipendenti in regime di esclusività, in modo da liberare ore da dedicare alle attività ambulatoriali diurne aggiuntive di attività istituzionale; di attesa le aziende potranno anche ricorrere alle figure professionali necessarie, infermieri, tecnici di radiologia e, dove occorra, personale amministrativo, prevedendo una remunerazione, in stretta analogia con quanto predisposto per il personale medico; la Regione provvederà a effettuare il monitoraggio continuo del processo di riallineamento fra prescrizioni e prenotazioni, sia per area vasta che per singole aziende,…
Provincia Bolzano: aumento dei ticket delle prime visite di 11 euro, passando da 25 a 36,15 euro e contestuale allargamento delle categorie esenti; adeguamento del tariffario provinciale della specialistica ambulatoriale e misure finalizzate a rendere più agevole l’acquisto di ulteriori prestazioni specialistiche nell’ambito dell’Azienda sanitaria e presso strutture esterne,
Lazio: televisite; priorità per livello di rischio; rivalutazione a distanza; ottimizzazione turni del personale; aperture delle strutture negli orari serali e di sabato e di domenica; prestazioni aggiuntive per medici specialisti e comparto; utilizzo di strutture private accreditate; mammografie; ogni azienda sanitaria dovrà fare il suo piano di recupero delle prestazioni arretrate; …
Lombardia: introduzione dell’esenzione regionale temporanea D97 per indagini utili a monitorare nel tempo le sequele della malattia Covid 19; predisposizione da parte delle strutture erogatrici di un piano organizzativo che dovrà essere presentato formalmente all’ATS territorialmente competenti; …
Basilicata: intenzione di definire il tempo massimo entro cui le liste d’attesa dovranno azzerarsi e di sostituire i Direttori Generali con un commissario ad acta nel caso in cui le strutture non dovessero rispettare i termini, …
Puglia: quantificazione e suddivisione per disciplina di visite ed esami; utilizzo di strutture pubbliche insieme a quelle private convenzionate; aumento ore e giorni di servizio; apertura delle strutture anche di sera e nei weekend; le Asl contatteranno i cittadini che avevano prenotato; …
Sardegna: punta sul piano per l’abbattimento delle liste d’attesa pronto già prima dell’emergenza Covid e con una dotazione di 20 milioni di euro per l’incremento delle prestazioni specialistiche.
Tonino Aceti
Portavoce FNOPI
La Redazione Nurse Times
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