Uno studio israelo-americano rivela che il fenofibrato è in grado di inibire la capacità del Covid-19 di riprodursi nelle cellule dei polmoni.
Il fenofibrato, vecchio farmaco anti-trigliceridi, utilizzato da anni anche in Italia per abbassare il livello di grassi nel sangue, potrebbe ridurre i sintomi del coronavirus, rendendoli più simili a quelli di un semplice raffreddore. Lo sostiene un gruppo di ricercatori della Hebrew University di Gerusalemme, i quali hanno scoperto, in collaborazione con l’americano Mount Sinai Medical Center di New York, che il farmaco in questione è in grado di inibire la capacità del Covid-19 di riprodursi nelle cellule dei polmoni. Lo studio è stato condotto su campioni di tessuto polmonare infettati dal virus.
“Da anni utilizziamo il fenofibrato sui nostri pazienti per contrastare l’eccesso di trigliceridi nel fegato”, spiega Cesare Sirtori, farmacologo clinico e fondatore del centro per lo studio delle dislipidemie dell’Ospedale Niguarda di Milano. Dunque questa molecola, attraverso un meccanismo chiamato Ppar (Perixomal Proliferator Activated Receptor), è in grado di ridurre i grassi in eccesso nel fegato, diminuendone così i livelli nel sangue. Ma nessuno, finora, aveva pensato che potesse essere usato per ridurre l’infiammazione nei polmoni. Anche se, analizzando la letteratura di qualche anno fa, si trova descritto questo meccanismo negli animali.
Ma in che modo i grassi nel sangue hanno a che fare col coronavirus e con questo farmaco? I ricercatori del gruppo israelo-americano, guidati da Yaakov Nahmias, della Hebrew University di Gerusalemme, hanno intuito che lo stesso effetto del fenofibrato poteva verificarsi anche nei polmoni. “Tutti i medici che hanno trattato pazienti Covid – spiega Sirtori – hanno visto nelle radiografie una perdita di trasparenza polmonare, e nelle autopsie si sono visti parecchi lipidi, perché questa è una delle conseguenze del coronavirus sui polmoni. Demolire i grassi significa ridurre l’infiammazione, ottenendo in questo caso una netta remissione dei sintomi”.
In effetti, un aspetto clinico che aveva suscitato curiosità era quello legato al progressivo accumulo di trigliceridi nei polmoni dei malati nelle fasi iniziali della malattia. “Il Covid-19 determina una rallentata demolizione di questi grassi – continua il farmacologo – che, accumulandosi, determinano la grave, talvolta letale infiammazione polmonare. Lo studio ha descritto una potenziale straordinaria attività del fenofibrato sui grassi accumulati nei polmoni durante la malattia”.
I ricercatori spiegano che, consentendo alle cellule polmonari di bruciare più grasso, il fenofibrato “rompe” la presa del virus su queste cellule e blocca la capacità di riproduzione del Sars-CoV-2. “In effetti – hanno dichiarato i ricercatori alla rivista Medical Express -, entro soli cinque giorni dal trattamento, il virus è quasi completamente scomparso”.
Insomma, questo farmaco ha un effetto indiretto perché agisce su un meccanismo tossico del coronavirus. “Vale la pena di tentare anche questa strada – dice Sirtori –, visto che abbiamo un farmaco efficace con una grande esperienza clinica, ben tollerato e dai costi molto bassi. A Milano lo usiamo da anni su mille pazienti. Alcuni sono in trattamento da vent’anni. Si tratta di un prodotto di origine francese, in commercio da almeno quattro decenni, che costa 10 euro per trenta compresse. Costo che scende a 7 euro per il generico. Speriamo che la ricerca su questo versante continui: ci sono le premesse per ottenere buoni risultati”.
Ma perché continuano ad arrivare notizie di vecchi farmaci con altre indicazioni che sembrano promettenti contro il Covid? “Perché ancora oggi – risponde il farmacologo – si naviga a vista nella ricerca di farmaci anti-Covid: sono allo studio oltre cento molecole, ma ancora non abbiamo nulla di certo. Inoltre, quando ci si trova di fronte a nuove malattie, funziona sempre così. Basti ricordare che, quando è arrivato l’Aids, per prima cosa si è fatto ricorso a un vecchio farmaco antivirale”.
Conclude Sirtori: “La pubblicazione è in corso su una rivista molto prestigiosa e, alla luce di questi dati incoraggianti, penso che sia già partito uno studio sull’uomo. Trattandosi di una sperimentazione molto facile da eseguire, credo che i tempi saranno rapidi. Tra l’altro ho un mio vecchio paziente americano che ha i trigliceridi alti e al quale avevo prescritto questo farmaco già vent’anni fa. Proprio in questi giorni, dopo aver letto la notizia sui giornali americani, mi ha scritto per farmi i complimenti per avergli prescritto questo farmaco, e non le statine, come spesso accade. Mi ha confessato di sentirsi più protetto, visto che vive a Miami, dove i casi di coronavirus sono tantissimi”.
Redazione Nurse Times
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