Si tratta di tamponi che danno una risposta in circa 20 minuti. Il ministero della Salute potrebbe renderlo obbligatorio in aeroporti, porti, stazioni e frontiere terrestri.
Sottoporre a test rapidi chi rientra in Italia da viaggi all’estero. Questa la soluzione al vaglio del Comitato tecnico-scientifico per contrastare l’aumento di casi di coronavirus registrato negli ultimi giorni in alcune zone d’Italia (vedi Puglia ed Emilia Romagna).
In pratica si tratta di tamponi che forniscono una risposta in circa 20 minuti. A quanto si apprende, qualora ne venisse individuato uno affidabile (con attendibilità oltre l’attuale 70%) e per il quale ci possa essere un’adeguata fornitura, il ministero della Salute adotterebbe un provvedimento ad hoc per eseguirlo sui viaggiatori negli aeroporti, ma anche nei porti, nelle stazioni e alle frontiere terrestri. Le autorità sanitarie rimarcano però che le misure principali contro il Covid-19 restano i blocchi, la quarantena per chi proviene da Paesi a rischio, oltre, ovviamente, all’utilizzo della mascherina, al distanziamento fisico e al lavaggio frequente delle mani.
L’ipotesi di adottare test rapidi per verificare in pochi minuti la positività o meno dei viaggiatori, nell’ottica di scongiurare l’esplodere di nuovi focolai, trova concordi gli scienziati dell’Istituto Spallanzani di Roma, che tuttavia pongono questioni di ordine pratico. “Ancora non abbiamo uno strumento sicuramente efficace per lo screening rapido per il Covid – spiega il direttore scientifico Giuseppe Ippolito –. I test rapidi sono entrati nella pratica perché possono essere eseguiti in tempi estremamente brevi e perché permettono di avere un’informazione. Non sono l’optimum, in quanto dipendono dal momento in cui si ha l’infezione. Ma l’ottimo è nemico del buono, e noi dobbiamo continuare a usare tutti gli strumenti a nostra disposizione”.
Redazione Nurse Times
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