Il direttore generale Compostella è intervenuto nel dibattito sui dipendenti che non accettano di essere vaccinati.
Antonio Compostella (foto), direttore generale dell’Ulss 5 Polesana (Rovigo), è tornato sul tema dei sanitari dipendenti della stessa Ulss che non hanno accettato di sottoporsi al vaccino. Tema divenuto di stretta attualità dopo che il reparto di Geriatria è stato teatro di un focolaio, con 30 pazienti contagiati su 34, ai quali si sono aggiunti tre infermieri e due oss che lavorano in quel reparto e che non si sono vaccinati.
Nel reparto di Geriatria otto infermieri su 24 e otto oss su 12 hanno declinato l’invito a sottoporsi al vaccino, mentre in tutta l’Ulss Polesana al momento risultano non aver aderito alla campagna vaccinale il 10% degli oss, l’8% degli infermieri e anche un 3% del personale della dirigenza medica e non medica.
«Se un operatore sanitario si rifiuta di aderire alla campagna vaccinale, che è lo strumento che permetterebbe di garantire sicurezza per sé e per gli altri, si deve valutare – e questo deve essere fatto dal medico competente – se può continuare a lavorare nel suo reparto o essere adibito ad altra mansione e, se non si riescono a trovare altre mansioni, si può arrivare anche alla sospensione temporanea», ha detto Compostella.
«Mai detto che si tratta di no vax – rimarca Compostella –, ma persone che non hanno aderito volontariamente alla campagna di vaccinazione, escludendo quindi le persone che avevano controindicazioni valide. A me interessa che si convincano della validità vaccinazione perché nella maggior parte dei casi il motivo è più una paura, una preoccupazione degli effetti collaterali, non una posizione fideistica tipo no vax. Non ho mai affermato che i cinque operatori della Geriatria siano stati la causa del focolaio nel reparto, ma ho sempre detto che se si fossero vaccinati avrebbero probabilmente evitate per se stessi il contagio e di essere potenziale veicolo di contagio».
E ancora: «La vaccinazione è su base volontaria, ma il mio pensiero è che un operatore sanitario che lavora a contatto con persone in condizione di fragilità, come i ricoverati soprattutto anziani, deve avere la garanzia della sicurezza per sé, che il datore di lavoro deve garantire, ma anche l’obbligo etico di garantire la sicurezza agli altri. La vaccinazione anti-Covid va considerata come un dispositivo di protezione individuale, e ritengo che per un operatore sanitario vaccinarsi sia un dovere etico prima che deontologico e contrattuale».
Intanto, però, la situazione generale del contagio, sembra meno incoraggiante rispetto ai giorni scorsi. «La scorsa settimana – rimarca Compostella – abbiamo avuto un andamento un po’ altalenante, con un discreto riscontro di positività, ma ancor più con il dato dell’incidenza, che un paio di settimane fa era all’1,9%, ora è a 3,2%, più di un punto percentuale di aumento. Questo sta a significare che il virus continua a circolare, pur permanendo una situazione di tregua rispetto all’andamento di novembre, dicembre e gennaio. Stiamo cercando di aumentare di giorno in giorno l’attività ordinaria e le sedute chirurgiche, ma resta comunque alto l’impegno per quanto riguarda i pazienti Covid».
Redazione Nurse Times
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