Un gesto di grandissima umanità, quello compiuto in Israele da Maher Ibrahim. La figlia del malato: “E’ da episodi come questi che comincia la pace”.
Maher Ibrahim (foto), infermiere arabo-israeliano, ha recitato la preghiera “Shemà Israel” per confortare un paziente ebreo ortodosso malato di Covid e in fin di vita. E’ accaduto nell’ospedale HaEmek di Afula, in Israele. Un gesto ha commosso l’opinione pubblica e anche il premier Benjamin Netanyahu, che ha ringraziato pubblicamente l’operatore sanitario.
“Io e Shlomo (questo il nome dell’uomo malato, ndr) avevamo fatto amicizia – ha raccontato l’infermiere –. So che quando l’anima esce dal corpo occorre che siano pronunciate le parole ‘Shemà Israel’, e così ho fatto. Non conosco tutta la preghiera, ma quelle parole le ho pronunciate. Abbiamo visto che le condizioni del paziente stavano peggiorando rapidamente. Per questo abbiamo avvertito i parenti che il tempo oramai stringeva. Alla figlia di Shlomo, quando è arrivata, ho detto che quelle sono state le ultime parole ascoltate dal padre. Lavoro da vent’anni in ospedale e penso che la cosa più importante sia essere umani. Siamo tutti figli di un unico Dio”.
I parenti di Shlomo sono arrivati 45 minuti dopo la sua morte: “Ci hanno fatto indossare indumenti sterilizzati per potergli dare l’ultimo addio, e tutto è stato fatto con grande tatto”, ha detto la figlia Merav. Che poi, riferendosi a Ibrahim, ha aggiunto: “Quell’angelo è venuto da noi e ci ha detto di essere dispiaciuto per non aver potuto fare di più. Sapevamo che l’equipe medica si era prodigata in condizioni molto difficili. Nostro padre era ammirato dalla loro abnegazione. E’ da episodi come questi che comincia la pace”.
Redazione Nurse Times
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