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Ultimatum per gli infermieri:“Chi non si vaccina andrà a fare l’usciere in reception”

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Infermieri che rifiutano il vaccino: arriva l’ultimatum. “Chi non si vaccina andrà a fare l’usciere in ospedale”
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È ormai giunto al termine il tempo per gli infermieri genovesi che non intendono vaccinarsi contro il Covid-19.

Alisa (Azienda Ligure Sanitaria) incrociando i dati tra i registri delle aziende sanitarie e degli Ordini delle professioni sanitarie, ha già individuato gli iscritti che non si sono vaccinati ne risultano essere in lista di attesa.

Entro la fine del mese di aprile i “resistenti” alla vaccinazione saranno convocati dai rispettivi ordini provinciali per fornire delle spiegazioni. In questo numero di sanitari, (circa 600 in Liguria) sono presenti coloro che sono guariti dall’infrazione da pochi mesi, chi è contrario alla campagna vaccinale e chi soffre di patologie che ovviamente devono essere rivelate solo al medico competente.

«Ma ci saranno probabilmente anche pochi no vax convinti, e di questi cosa facciamo? – si chiede per prima Marta Caltabellotta, direttore sanitario di Asl3 – La risposta è demansionare o mandare a casa senza stipendio, però con quali criteri e dove mettiamo chi resta in azienda?». E lo stesso interrogativo arrovella tutti i responsabili delle aziende sanitarie genovesi,

Asl 3: lo sprint finale
In tutte le aziende sanitarie del territorio genovese si è registrata una ripartenza delle richieste di vaccinazione dopo il decreto. «Il nostro direttore generale aveva inviato una lettera invitando tutti a vaccinarsi, così come il nostro medico competente – riprende Caltabellotta – devo dire che un ulteriore incentivo è arrivato dal decreto ministeriale che prospetta la sospensione dello stipendio, così il 31 marzo abbiamo riaperto il portale per le prenotazioni». Sono già 170 i dipendenti di Asl3, sanitari e non sanitari, che hanno aderito a questa sorta di ravvedimento operoso, restano 300 non vaccinati su 4500 totali, sanitari e non sanitari: «Credo che gli irriducibili alla fine saranno davvero pochi: all’inizio c’era magari un po’ di paura, ma oggi vedendo che i colleghi stanno bene questa si è allentata, anche perché agli operatori sanitari sono destinati i vaccini Pfizer e Moderna, oggi circondati da ottima fama». Tornando agli irriducibili cosa faranno? «Un medico o un infermiere che sono sospesi dai loro Ordini in teoria potrebbero fare anche gli uscieri, ma anche lì sarebbero a contatto col pubblico. Potremmo creare un call ceter, sarebbe di livello altissimo: chiami e ti risponde un cardiochirurgo. Ma devo dire che soprattutto tra i medici la percentuale dei vaccinati è ampiamente superiore al 90% e nelle altre categorie è di poco inferiore».

Le aziende

Al San Martino, il direttore generale Salvatore Giuffrida ipotizza «250 dipendenti non ancora vaccinati su 5 mila, erano 400 fino a poche settimane fa e c’è stata una accelerazione».
Il direttore sanitario dell’Evangelico, Gaddo Flego azzarda qualche calcolo: «Non sappiamo esattamente quanti siano i non vaccinati, prima del decreto l’adesione era all’86% tra i nostri 450 dipendenti sanitari, della quota residua del 14% più della metà è stata vaccinata o almeno ha provveduto alla prenotazione dopo il decreto. Probabilmente resta un 5% del totale che ancora manca all’appello ma lì c’è di tutto, sicuramente anche una quota minima che non vorrà in alcun modo vaccinarsi».

E torna la domanda iniziale: cosa si fa? Flego è un uomo pragmatico. «Le procedure indicate dal decreto sono chiare, ma i posti non a contatto col pubblico sono sicuramente pochi. E resta un problema di fondo: noi siamo un’azienda che deve avere come obiettivo finale la salute dei cittadini, se tolgo personale medico e paramedico e lo metto a fare altro, depotenzio il servizio. Se invece lascio a casa queste persone senza stipendio posso assumerne altre al loro posto con un contratto a tempo determinato, ammesso di trovarle.

Ma io continuo a sperare che alla fine saranno pochissimi i veri no vacs». C’è ancora tempo, i conti si faranno solo alla fine quando inizieranno le convocazioni delle Asl ai renitenti: giustificati o no?

Dott. Simone Gussoni

Fonte: Il Secolo XIX

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