E’ accaduto all’ospedale San Filippo Neri. Un fenomeno in crescita, quello della violenza contro il personale, rimarcato anche dalla Fnopi.
Un paziente per nulla tale, quello che ieri sera, all’ospedale San Filippo Neri di Roma, non ha mostrato nessuna pazienza nell’attesa del tampone per il Covid-19. L’uomo, 44 anni, non vedeva l’ora di conoscere il risultato del test per sapere se era positivo o meno. Responso indispensabile per poter essere ricoverato in reparto. Per questo, stanco di attendere il suo turno, è diventato improvvisamente impaziente e ha aggredito, minacciandolo, un operatore sanitario in servizio nel nosocomio capitolino, a suo dire colpevole di non essere abbastanza solerte da velocizzare le operazioni di accertamento dello stato di contagio da coronavirus.
Il coltello – Sul posto sono intervenuti i carabinieri del Nucleo Radiomobile della Capitale che hanno trovato in ospedale una situazione incandescente. Dopo aver calmato gli animi e riportato l’ordine fra il Pronto soccorso e i reparti ospedalieri, i militari hanno deciso di fare ulteriori accertamenti e di perquisire l’uomo, che appariva troppo agitato, in attesa di quel tampone che non arrivava. Durante la perquisizione, la sorpresa: l’aggressore nascondeva in tasca un coltello con una lama di otto centimetri, che avrebbe potuto usare in qualsiasi momento all’interno dell’ospedale, contro pazienti, medici e personale. Il 44enne è stato denunciato in stato di libertà per la minaccia all’incaricato di pubblico servizio e per il porto abusivo del coltello.
Non solo aggressioni in ospedale – Oltre che con le aggressioni, gli operatori sanitari e gli infermieri devono fare i conti con le minacce da parte dei contrari al vaccino. A lanciare oggi l’allarme è stata la Federazione nazionale delle professioni infermieristiche (Fnopi) che denuncia: “In questi ultimi giorni si sono verificati casi di minacce, anche di morte, verso alcuni presidenti degli ordini degli infermieri che hanno applicato la legge allontanando dagli assistiti i no vax e hanno applicato il Codice deontologico che presuppone che il primo dovere di un infermiere sia quello di essere vaccinato per garantire la massima tutela della salute delle persone”. E non mancano minacce di denunce verso gli infermieri che stanno esortando alle vaccinazioni.
Le minacce – L’ultima a esser minacciata è stata Samanta Grossi, presidente di Opi Treviso. Le hanno detto: “Norimberga ci sarà anche per te. Avremo la nostra vendetta”. La prima a essere presa di mira era stata invece Claudia Alivernini, l’infermiera dello Spallanzani di Roma che aveva dato avvio alla campagna vaccinale nel dicembre 2020, durante il V-Day.
«Nelle strutture pubbliche quasi tutti gli infermieri sono vaccinati, e siamo quasi al 100%, mentre nelle strutture private e nelle Residenze sanitarie assistite Rsa per anziani la percentuale è purtroppo più bassa – spiega Barbara Mangiacavalli, presidente Fnopi, alla Stampa.it –. Invitiamo tutti a rispettare la norma di legge e da parte nostra continueremo a sensibilizzare rispetto all’importanza della vaccinazione. Anche il nostro Codice deontologico
lo dice e i presidenti degli ordini e gli infermieri che rispettano la professione non si piegheranno mai davanti a minacce di persone irresponsabili che il più delle volte non sono nemmeno infermieri. Chi rappresenta la
Federazione, ente sussidiario dello Stato, farà rispettare la legge e la deontologia e interverremo per tutelare la loro sicurezza e la loro serietà professionale».
Oltre a dover far fronte all’aumento attuale dei positivi per la diffusione della variante Delta, e ora anche con le minacce, gli infermieri devono fare i conti con i contagi all’interno della categoria: con oltre 110mila contagiati sono i più colpiti da inizio pandemia.
Redazione Nurse Times
Fonte: La Stampa
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