Il medico è stato arrestato insieme alla figlia. Secondo l’accusa, avrebbe piazzato i propri fedelissimi, in alternanza col collega Adelfio Latteri. Ma le condotte illecite sarebbero diverse e riguarderebbero anche il figlio.
Pur risultando regolarmente in sala operatoria grazie alla presunta falsificazione dei registri, non avrebbe partecipato agli interventi. In compenso, e del tutto abusivamente, ci avrebbe mandato i suoi figli, Eliana e Leonardo, entrambi medici. La Chirurgia del Policlinico di Palermo sarebbe stata così il suo regno, completamente asservita alle sue esigenze e ai suoi personali interessi. Gaspare Gulotta (foto), 71 anni, a capo del dipartimento e arrestato venerdì scorso (ai domiciliari insieme alla figlia), avrebbe potuto fare, ciò che voleva, indisturbato ed “impunito”.
Dall’inchiesta dei Nas non emergono solo i concorsi truccati per favorire gli allievi prediletti, ma anche interventi abusivi e fantasma, nonché visite eseguite totalmente in nero (al costo medio di 150/200 euro), ma garantendo, secondo l’accusa, una corsia preferenziale ai pazienti. Il gip Donata Di Sarno, che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare, ha sottoposto altri dieci indagati alla stessa interdizione, mentre per altri dieci la Procura non aveva chiesto misure.
Piazzare i propri fedelissimi, pilotando i concorsi, sarebbe servito a Gulotta e al collega Adelfio Latteri, (anche lui interdetto), che avrebbero avuto un “patto di alternanza” nella scelta dei candidati, per perpetuare “il loro potere all’interno del dipartimento”, facendo vincere “soggetti a loro fedeli e riconoscenti, capaci di rispettarne il prestigio e il volere anche nel futuro e anche in vista del pensionamento”. Gulotta “mirava inoltre a predisporre un ambiente accademico confacente agli interessi dei suoi figli, entrambi giovani medici, affinché venissero favoriti nelle progressioni di carriera”.
A falsificare i registri che avrebbero attestato la presenza del professor Gulotta in sala operatoria, quando invece non ci sarebbe neppure entrato, sarebbero stati proprio i suoi fedeli collaboratori, tra cui Antonino Agrusa, Giuseppe Di Buono e Giuseppe Salamone, tutti indagati e interdetti per un anno. In questo modo avrebbero garantito “a Gulotta lo svolgimento di attività didattiche, che possono consistere anche nel tutoraggio agli studenti in sala operatoria”, scrive il gip. Un do ut des, insomma: il candidato avrebbe vinto i concorsi, anche a scapito di colleghi con più meriti, grazie agli sponsor e agli accordi sottobanco, e in cambio sarebbe stato “a disposizione” di chi lo avrebbe favorito.
Se Gulotta non avesse partecipato a molti interventi, avrebbe però consentito ai suoi figli di utilizzare le sale operatorie del suo reparto come se fossero casa loro. Eliana Gulotta, chirurgo in servizio al Civico, avrebbe operato tre “amici”, a “titolo di favore”, proprio al Policlinico e in modo del tutto illecito, secondo l’accusa. In un caso la paziente sarebbe stata la nipotina di un viceprocuratore onorario. In altri due un avvocato e sua madre. Le due signore avrebbero potuto godere del “privilegio” per il semplice fatto di essere imparentate con il titolare di un negozio di ceramiche e di prodotti per la casa di cui la famiglia Gulotta sarebbe cliente abituale.
Gli interventi “abusivi” sarebbero avvenuti il 4 settembre e il 2 ottobre del 2019, e poi il 20 maggio del 2020. Nel primo caso sarebbe toccato proprio all’avvocato, che avrebbe dovuto togliere un neo “al rientro dalle ferie estive”, e in modo da “evitare i turni del Civico”. Era il professor Gulotta ad avvertire la figlia: “Eliana puoi partire. Chiama Di Buono perché al dipartimento si prolunga”. Sentita dai carabinieri, l’avvocato ha poi ammesso la presenza (illegittima) di Eliana Gulotta in sala operatoria, ma ha pure dichiarato di aver sentito la voce del professore. Le sue affermazioni, secondo il gip, sarebbero però smentite dalle intercettazioni.
La madre dell’avvocato sarebbe stata sottoposta invece a un’asportazione radicale di lesione della cute il 20 maggio 2020, sempre da Eliana Gulotta, sempre al Policlinico e sempre senza alcuna autorizzazione. Agli investigatori la paziente avrebbe successivamente spiegato di non essere sicura di aver visto e sentito il professore quel giorno, ma ha pure riferito di aver pagato il ticket in ritardo. Sempre dalle intercettazioni emergerebbe il vero motivo di questo ritardo: un controllo dei Nas al Policlinico.
“Sono sovrappensiero, ho problemi seri – diceva Gulotta –. Ho fatto un interventino qua, che non ha pagato il ticket… Abbiamo fatto la fesseria, a lei non ho rilasciato niente… Io non ne so assolutamente nulla, è chiaro che faccio impostare al segretario tutto quanto… Come mai questi (i carabinieri, ndr) sono venuti qua? Sono venuti a prendersi i registri operatori e tutto quanto…”. E l’interlocutore gli diceva: “La persona è affidabile, sa anche come parlare”. E infatti la donna avrebbe pagato il ticket dopo il blitz dei Nas, il 29 maggio 2020.
Per il figlio Leonardo, invece, specializzando all’Università di Messina, le sale operatorie del reparto diretto da Gulotta sarebbero state una sorta di palestra. Secondo l’accusa avrebbe assistito senza autorizzazione a diversi interventi, per giunta mentre sarebbe risultato in malattia, grazie a un falso certificato medico rimediato dal professore. “Tu domani mattina arrivi là (a Messina, ndr) alle 10 – diceva Gulotta al figlio -. Ti senti male, così diventa credibile” e “a me servono i certificati per trasferirti a Palermo”.
Il professore avrebbe poi preso contatti con il Pronto soccorso del Policlinco, dove subito i medici si sarebbero messi a sua disposizione: “Se oltre a quel che gli serve tu mi scrivi… oggi viene al Pronto soccorso ed è ricoverato”. E così sarebbe andata. Dopo due giorni Leonardo Gulotta era stato dimesso ed era entrato in gioco il medico di famiglia, che, senza visitarlo, avrebbe fatto il certificato “con i 15 giorni (di malattia, ndr) che tu avresti deciso”, come le ordinava Gulotta.
I carabinieri, grazie alle telecamere, hanno ripreso Leonardo Gulotta nel reparto guidato dal padre e anche mentre entrava in sala operatoria. Scherzando, Gulotta gli diceva: “Come giustifichi la tua presenza qua? Perché quello senza testa là, Di Buono, se lo porta in sala operatoria…”. Ed era lo stesso figlio, in un’altra circostanza chiedergli: “Ci posso andare in sala operatoria?”. E lui: “Sì, va bene”.
Un altro capitolo dell’inchiesta riguarda le presunte visite in nero compiute, tra luglio 2019 e ottobre 2020, da Gaspare Gulotta. Sono 68 i casi individuati dai Nas. I pazienti sarebbero stati ricevuti sia nello studio del Policlinico del professore che, la domenica, Santa Margherita Belice, sua città natia. I soldi sarebbero stati intascati in contanti e senza alcuna fattura, ma con un canale privilegiato per accedere poi a visite e interventi al Policlinico. In seguito a un altro controllo dei Nas, Gulotta avrebbe capito che rischiava “guai seri”, e così, come emerge dall’ordinanza, avrebbe istruito i pazienti sul modo in cui rispondere agli investigatori nel caso in cui fossero stati convocati.
“Allora – affermava l’indagato – loro pensano che uno c’ha gli amici, se li fa venire qua, se li vede così e poi li fa operare prima di altri… Una colonscopia urgente, visto che c’era il Nas qua dentro, ho detto: ‘Guardi, lei per farla urgente ci vuole qualcuno che dica che sia urgente, e quindi lei deve andare a pagare la visita’… Chiddu un ci trasia niente, trovarono sul tavolo questa cosa qua, vogliono sapere com’è…”.
A una paziente Gulotta spiegava: “Volevo chiederti una cortesia: sta facendo dei controlli il Nas; io ti prego, se dovessero chiamarti, perché è probabile… Sei venuta qua, hai incontrato me, ma che non hai pagato, altrimenti diranno che io ti ho fatto fare l’intervento… Ho cercato di farlo nei tempi perché rischi Una volta che si rompeva, il rischio c’era… Però da loro vengono letti magari ce n’era un’altra… Loro vedono: ‘Ah, quella ha pagato la visita, ecco perché…'”.
E ancora: “Se vengono loro e scoprono che questa ernia è stata operata ieri sera e ce n’era un’altra che aspettava da 20 giorni, sono guai per me… Da stamattina ho capito che non lo posso fare più perché passo guai seri”, Quindi: “Avete pagato? No! Perché altrimenti, se avete pagato: ‘Ah, ecco perché l’ha fatto operare’. Sei un cretino, non capisci niente, l’ho fatta operare perché si rompeva l’aneurisma e ci lasciava le penne'”. Infine chiosava: “Il mio maestro diceva: ‘Quannu t’hannu arristari, u stessu t’arrestano'”.
Redazione Nurse Times
Fonte: Agrigento Notizie
- Nursind Caserta: “La carenza di oss nei turni di notte all’Aorn genera demansionamento”
- Trento, infermiere e addetto alla sicurezza aggrediti al SerD: la condanna di Opi e Nursing Up
- Lombardia, approvato un regolamento per combattere la violenza contro il personale sanitario
- Corso Ecm (4,5 crediti) Fad gratuito per infermieri: “Benessere professionale e cura relazionale: nuove strategie in oncologia”
- Burnout, ne soffrono il 52% dei medici e il 45% degli infermieri
Lascia un commento