Eccezionale intervento all’ospedale Gemelli di Roma. I piccoli non hanno subito danni e non ci sono state complicazioni ostetriche per la mamma.
Aveva 31 anni, la dott.ssa Elisa Bevilacqua, quando, terminata la specializzazione in ginecologia, ha deciso di recarsi in Belgio per un’esperienza lavorativa, protrattasi per sette anni (dal 2013 al 2020) presso il Centre Hospitalier Universitaire Brugmann di Bruxelles, durante i quali ha lavorato sotto la guida del prof. Jacques Jani, guru della chirurgia fetale in Europa e nel mondo.
Sette anni ben spesi, visto che al suo ritorno sono serviti per garantire la nascita e la sopravvivenza a due gemellini, grazie a un complesso e delicato intervento al quale ha preso parte anche il suo maestro, appositamente venuto dal Belgio all’ospedale Gemelli di Roma (è in atto con il suo centro universitario un contratto di collaborazione/formazione).
I due piccolini sono stati operati in utero a 26 settimane di vita fetale per una grave e rara patologia, la sindrome da trasfusione feto-fetale, nell’ambito di una gravidanza gemellare monocoriale (due gemelli con una sola placenta) biamniotica (e due sacchi amniotici). L’intervento, effettuato lo scorso aprile presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS è andato a buon fine.
“La signora Felicia – ricorda la dott.ssa Elisa Bevilacqua, dirigente medico ad alta specializzazione presso l’Ambulatorio di Gravidanza Multipla del Servizio di Patologia Ostetrica, diretto dal prof. Antonio Lanzone – è stata inviata dalla sua ginecologa (la dott.ssa Maddalena Morlando dell’AOU Federico II – Policlinico di Napoli) al nostro Ambulatorio di Gravidanza Multipla per un sospetto di TTTS a circa 20 settimane di gestazione. Abbiamo subito messo in atto una sorveglianza intensiva settimanale e, a 26 settimane, abbiamo posto indicazione all’intervento di chirurgia fetale”.
L’operazione è stata un successo: i gemellini non hanno subito danni e non ci sono state complicazioni ostetriche per la mamma. Sono nati per taglio cesareo a 35 settimane il 6 luglio scorso e sono la gioia di mamma Felicia, papà Salvatore e della sorellina.
“Senza questi medici, i miei figli non sarebbero qui – commenta Felicia S., la giovane mamma dei due gemellini che oggi hanno circa due mesi e mezzo –. Ero ben al corrente di rischi della mia gravidanza e di questo intervento, ma sapevo anche che senza intervenire i miei piccoli non avrebbero mai visto la luce. A venticinque settimane di gravidanza avevo già sette litri di troppo di liquido amniotico che mi davano dei dolori atroci”.
Cos’è la sindrome di trasfusione feto-fetale – Le gravidanze gemellari monocoriali (un’unica placenta per i due gemelli) rappresentano solo il 20% di tutte le gravidanze gemellari, ma comportano un rischio molto più elevato di mortalità e morbilità rispetto alle gravidanze gemellari dicoriali (due placente per i due gemelli).
“Questo aumento di rischio – spiega la dott.ssa Bevilacqua – è dovuto alla presenza di comunicazioni tra le due circolazioni fetali, che avviene attraverso dei vasi speciali (anastomosi). Normalmente il sistema di scambio di sangue attraverso queste anastomosi è bilanciato, cioè avviene in modo ‘equo’ tra i due feti, ma ci sono casi in cui il sangue va in misura maggiore da un gemello verso l’altro, determinando uno sbilanciamento dal punto di vista emodinamico e l’insorgenza della cosiddetta sindrome da trasfusione feto-fetale (TTTS). Nella TTTS, il gemello detto “donatore” si impoverisce di sangue (ipovolemico), con conseguente ridotta produzione di urina (oliguria) che porta ad una riduzione di liquido amniotico nel sacco nel quale è contenuto (oligoanidramnios). Il gemello “ricevente” al contrario si arricchisce troppo di sangue nella sua circolazione (ipervolemia), e facendo tanta pipì nel sacco amniotico sviluppa la complicanza detta polidramnios poliurico (il liquido amniotico nel suo sacco aumenta)”.
La TTTS complica il 10-15% delle gravidanze monocoriali. Questa condizione, che mette a rischio entrambi i gemelli, si manifesta tipicamente a metà gestazione, ma sono possibili manifestazioni precoci (prima delle 16 settimane di vita fetale) e tardive (oltre le 26 settimane di vita fetale).
Come si diagnostica – “Per individuare tempestivamente l’insorgenza di questa sindrome – spiega la dott.ssa Bevilacqua – è necessario monitorare ecograficamente la gravidanza gemellare monocoriale in maniera rigorosa ed intensiva, cioè ogni 14 giorni”.
Come si tratta – La TTTS è la più importante causa di morte e disabilità nei gemelli monocoriali. Se non trattata il rischio di perdere entrambi i gemelli è del 95%; per tale motivo, è fondamentale ricorrere all’intervento di chirurgia fetale endoscopica per laser coagulazione delle anastomosi placentari per trattare questa condizione e migliorare l’esito della gravidanza.
“L’operazione – spiega la dott.ssa Bevilacqua – è stata eseguita sotto controllo eco-endoscopico con uno strumento detto fetoscopio, del diametro di appena 3 millimetri. Il fetoscopio viene inserito all’interno della cavita amniotica del gemello ‘ricevente’ attraverso l’addome della mamma, per acquisire una visione diretta della placenta. La procedura viene eseguita in anestesia locale o in anestesia regionale subaracnoidea. Obiettivo dell’operazione è dividere in due la placenta (tecnicamente si dice dicorionizzare), per bloccare il passaggio di sangue (la ‘trasfusione’) da un gemello all’altro, dividendo le circolazioni dei due piccoli, andando a coagulare con il laser i vasi che le mettono in collegamento (le anastomosi); in questo modo, al termine dell’intervento, ogni gemello ha la sua parte di placenta, non più comunicante con quella dell’altro gemello. La TTTS è sempre caratterizzata dalla presenza di abbondante liquido amniotico nel sacco del gemello ‘ricevente’; in questo caso particolare, oltre a dividere in due la placenta abbiamo proceduto ad evacuare circa sette litri di liquido amniotico. Si tratta di un intervento vitale ma non privo di rischi”.
“La complicanza precoce più importante della coagulazione laser delle anastomosi – spiega la dott.ssa Bevilacqua – è la morte in utero di uno o entrambi i gemelli. Un’altra complicazione clinicamente rilevante è il rischio di travaglio prematuro e parto pretermine, accompagnato o meno da rottura prematura delle membrane”.
“La durata di questo intervento – spiega il prof. Jacques Jani, allievo a sua volta di Kypros Nicolaides, l’inventore della chirurgia fetale mininvasiva – deve essere il più breve possibile, per evitare la rottura delle acque, una complicanza che si verifica purtroppo nel 15% dei casi”.
Si tratta insomma di un intervento complesso e rischioso per una condizione comunque ad alta probabilità di gravi conseguenza, se non trattata. In Europa ci sono pochi centri specializzati per la sorveglianza e gestione di tale condizione e ad oggi in Italia solo 7 centri sono in grado di eseguirlo.
“Stiamo cercando di dare impulso in senso clinico e scientifico – sottolinea il prof. Antonio Lanzone, Ordinario di Ginecologia e Ostetricia all’Università Cattolica e direttore dell’Unità Operativa Complessa di Ginecologia e Patologia ostetrica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – a una implementazione sostanziale degli standard di qualità dell’area ostetrica, già di per sé elevati, con la ambizione di confrontarci con i più avanzati centri internazionali di Medicina Perinatale. Questa esperienza è solo una delle fasi dimostrative di dove si sta puntando attraverso un ricambio generazionale, un investimento strutturale cospicuo, mantenendo fede alle origini ideali ed etiche che coi hanno sempre ispirato”.
“Nel 2019 abbiamo contattato la dottoressa Bevilacqua – ricorda il prof. Giovanni Scambia, Direttore scientifico della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e Ordinario di Ginecologia Università Cattolica –, che all’epoca lavorava a Bruxelles, per chiederle di venire a lavorare al Gemelli. Vista la progressiva connotazione della Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS come centro ospedaliero universitario dedicato e votato alla medicina personalizzata e di precisione, avevamo infatti cominciato ad accarezzare l’idea di allestire un Centro d’eccellenza di Chirurgia Fetale, nell’ambito di un progetto più ampio di Medicina Personalizzata in Diagnosi Prenatale, vista l’expertise ostetrico-ginecologica del Gemelli. L’arrivo della dottoressa Bevilacqua nel maggio 2020 ci ha consentito di gettare basi concrete in questa direzione e i risultati di questo intervento ci hanno dato ragione”.
Tanti i professionisti che hanno ‘firmato’ questo successo della chirurgia fetale al Gemelli, oltre alla dottoressa Bevilacqua, che ha effettuato l’intervento di chirurgia fetale endoscopica per laser coagulazione delle anastomosi placentari, coadiuvata dal prof. Jacques Jani di Bruxelles, hanno preso parte all’intervento di chirurgia fetale dello scorso aprile la dottoressa Cristina Olivieri (anestesista), Fabiola Zerbinati (strumentista ostetrica) e Ilaria Ragone (infermiere circolante ostetrica).
L’intervento di taglio cesareo dello scorso 6 luglio è stato invece effettuato dalla dott.ssa Alessandra Familiari (ginecologa chirurga), dalla dott.ssa Flavia Toni (Anestesista). Vi hanno inoltre preso parte Alessia Mazzullo (strumentista ostetrica) e Dario Mannina (infermiere circolante, ostetrico). I due piccoli sono stati assistiti alla nascita dalla neonatologa dott.ssa Serena Antonia Rubortone.
La stampa belga, nel commentare la notizia dell’intervento, al quale ha preso parte il luminare belga prof. Jacques Jani, ha ricordato che il Gemelli, chiamato dai romani l’ospedale dei ‘papi’ è principalmente un centro d’eccellenza, tra i primi 40 ospedali al mondo. L’apertura di un centro di chirurgia fetale era dunque inevitabile.
“Il Gemelli – ha affermato Jani, che ha al suo attivo almeno 150 interventi di questo tipo presso ospedali al di fuori del Belgio, in un’intervista alla radiotelevisione francofona belga – è il quindicesimo ospedale presso il quale ha contribuito ad attivare un centro di chirurgia fetale. E sono stato molto felice di poterlo fare con la dottoressa Elisa Bevilacqua della quale sono stato mentore durante il suo dottorato qui a Bruxelles”.
Redazione Nurse Times
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