Nella lettera inviata alla redazione di Foggia Today un’operatrice socio-sanitaria chiede rispetto per chi svolge il proprio lavoro “con amore”.
“Rompo il silenzio. Il mio”. Una oss che lavora in una struttura del Gruppo Telesforo di Foggia ha deciso di prendere le distanza da quanto accaduto all’interno di un’area della struttura sanitaria Opera Don Uva, dove 30 persone sono state arrestate per violenze e maltrattamenti su pazienti psichiatrici.
“Sono un’operatrice socio-sanitaria – spiega in premessa la donna, che vuole restare anonima, a Foggia Today -. Quello che è accaduto non ha giustificazioni e, come voi, come tutti, sono amareggiata e arrabbiata per quanto è accaduto presso la sede Don Uva. Quei filmati sono stati una lancia al cuore, per voi, per me, per i miei datori di lavoro, che hanno investito una vita per fare della sanità pugliese un fiore all’occhiello in tutta Italia”.
La dipendente passa quindi in rassegna il ruolo dell’oss all’interno della struttura, precisando che l’inchiesta non ha riguardato la Rsa: “Non siamo dipendenti presi nel mazzo: abbiamo seguito corsi di formazione, tirocinio, affiancamenti e, soprattutto, siamo supervisionati dai nostri datori di lavoro, che camminano dietro di noi nei corridoi. I loro passi silenti non ci fanno mai abbassare la guardia, perché tutto a ogni fine turno deve essere perfetto e fatto bene”.
E ancora: “La città sta organizzando una marcia contro gli oss, ma quelli – gentilmente – non chiamateli oss, perché offendete la categoria e quanti svolgono il proprio lavoro con amore. I nostri pazienti vengono trattati con amore, hanno cure, calore e, soprattutto, la nostra mano stretta alla loro. Non siamo mai stanchi e l’amore che diamo non è mai troppo. Per questo non meritiamo che sia fatto di tutta l’erba un fascio. Diventiamo amici delle famiglie, le rassicuriamo quando vengono dai loro cari e toccano con mano il benessere psicofisico dei loro cari. Pertanto non paragonateci a loro”.
Redazione Nurse Times
Fonte: Foggia Today
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