Da 32 anni in Italia, Antony Adessary è tra i decani degli infermieri indiani nel nostro Paese. “Qui si guadagna più che in India, ma molto meno che nel Regno Unito”, racconta a Repubblica.
Antony Adassery ed è arrivato a Roma quando ne aveva 23, nel lontano 1991. Può essere considerato tra i decani degli infermieri indiani in Italia. Adesso vive a Savona e lavora come caposala in provincia, a Millesimo, in una residenza sanitaria.
Lam Repubblica lo ha intervistato alla luce delle parole recentemente pronunciate dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, secondo il quale l’India, “scuola infermieristica di alta qualità”, è tra i Paesi che potrebbero fornire infermieri all’Italia, alle prese con una cronica carenza di personale sanitario.
Schillaci si augura che i Paesi stranieri possano “metterci a disposizione professionisti già ben formati dal punto di vista sanitario e della conoscenza della nostra lingua”, ma proprio imparare l’italiano è stato una delle sfide più difficili per Adassery al suo arrivo nel nostro Paese, ben 32 anni orsono. Ostacolo che l’infermiere è riuscito però a superare, spianando lcosì a strada a sua figlia, futuro medico.
“Per imparare l’italiano mi sono iscritto a un corso dell’Università per stranieri di Perugia – racconta Adessary a Repubblica -. Poi c’era il problema della comunicazione con i parenti rimasti a casa. A quei tempi era difficile avere contatti: non c’erano certo le videochiamate come oggi”. Ciononostante, l’infermiere ha deciso di rimanere, lavorando in diverse strutture della penisola.
Adassery è infine arrivato a Savona attraverso alcune suore della Misericordia: “Prima ho lavorato tre anni al San Raffaele di Milano. Guadagnavo di più, ma non mi trovavo bene con la città”. Come mai? “Troppo caotica. Si vive meglio qui in Liguria”.
Adessery non ha studiato nella regione del Kerala, da dove proviene, bensì qui in Italia, dove è arrivato “grazie a un prete di Napoli”. Racconta lui stesso: “Gli ho chiesto di aiutarmi a venire. Ho iniziato il corso nel 1991 e mi sono diplomato nel 1994”.
La differenza rispetto all’India, si è fatta subito vedere: “Qui un infermiere ha uno stipendio deici volte più alto rispetto all’India. Certo, la vita è molto più cara, ma si trova comunque il modo di risparmiare un po’. All’inizio mandavo i soldi a casa, ma ora i miei non ci sono più, quindi ho smesso”.
E ancora: “A Savona c’è una comunità di una settantina di infermieri, con le famiglie. Poi ci sono grandi gruppi di indiani che lavorano nella sanità a Milano, Roma e Genova”. E in merito alle parole di Schillaci: “Se chiude l’accordo, fa bene. Il punto è che vanno trovate le persone, perché adesso all’India arrivano richieste da tutto il mondo, anche da Paesi che pagano più dell’Italia”
Adassery ricorda che da tempo la sanità britannica fa affidamento sugli infermieri indiani. Un’opzione migliore di quella offerta dall’Italia: “Pagano tantissimo. Sono stato di recente a Londra e un mio amico, lavorando per le agenzie interinali, prende anche 500 sterline per turni di 12 ore. Io sto sui 1.600 euro al mese”.
Redazione Nurse Times
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