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Cirrosi: speranze dal trapianto di microbiota fecale

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Cirrosi: speranze dal trapianto di microbiota fecale
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Presentato a Vienna, in occasione del congresso EASL 2023, uno studio britannico condotto su 32 pazienti con cirrosi avanzata e sottoposti a trapianto di microbiota fecale.

Il trapianto di microbiota fecale può ripristinare la salute dell’intestino e migliorare gli esiti del paziente. È quanto evidenzia uno studio pionieristico condotto dalla professoressa Debbie L Shawcross (King’s College di Londra), presentato in anteprima alla conferenza stampa del congresso EASL 2023 di Vienna e condotto su 32 pazienti con cirrosi avanzata e sottoposti, appunto, a trapianto di microbiota fecale (FMT).

Il trapianto di microbiota fecale può trattare la cirrosi avanzata, ripristinare la funzione di barriera intestinale di una persona e aumentare il metabolismo della tossina mortale ammoniaca. Questi importanti risultati derivano da uno studio di fattibilità e sono stati presentati dal co-responsabile, dottor Lindsey Ann Edwards, FMT Research Director presso il King’s College di Londra.

I pazienti che soffrono di cirrosi sperimentano una ridotta diversità batterica intestinale con una sovrabbondanza di patogeni (microbi dannosi) nel loro microbioma intestinale. Questo squilibrio, combinato con la funzione di barriera intestinale compromessa, consente ai batteri di traslocare nel corpo e con una ridotta risposta immunitaria antimicrobica, aumenta il rischio di infezione e mortalità.

Lo studio di fattibilità in singolo cieco randomizzato controllato con placebo su 32 pazienti con cirrosi avanzata che sono stati sottoposti a un trapianto di microbiota fecale (FMT) ha evidenziato l’attecchimento e il ripristino della diversità intestinale e la riduzione della ritenzione di ammoniaca nel sangue. Questo studio dimostra per la prima volta che l’FMT modifica il microbiota intestinale, potenziandolo la funzione di barriera, l’immunità antimicrobica della mucosa e il metabolismo dell’ammoniaca.

“Questo entusiasmante studio conferma la crescente consapevolezza negli ultimi tempi del legame tra salute dell’intestino e malattie del fegato e suggerisce che la modulazione del microbioma e il ripristino delle funzioni ha un enorme potenziale per migliorare i risultati dei pazienti e sarà la chiave per la comprensione scientifica della salute del fegato per gli anni a venire”, ha affermato Thomas Berg, EASL segretario generale e capo della Divisione di Epatologia presso l’Università di Medicina di Lipsia (Germania), che non è stato coinvolto nella ricerca.

“Questi risultati iniziali sono notizie promettenti per i pazienti con malattia epatica cronica che si trovano in bisogno disperato di opzioni terapeutiche alternative”, ha affermato il ricercatore capo Debbie L. Shawcross, professore di Epatologia e insufficienza epatica cronica al King’s College di Londra, candidato alla carica di vicesegretario dell’EASL.

Nello studio il trapianto fecale è stato eseguito tramite endoscopia. Come prossimo passo i ricercatori produrranno capsule fecali che i pazienti possono ingerire in modo simile al loro farmaco.

Il professor Shawcross e il team del King’s College di Londra hanno iniziato lo studio PROMISE, randomizzato multicentrico controllato con placebo su 300 pazienti, utilizzando le capsule FMT che comporteranno il dosaggio multiplo e il follow-up per due anni. Parallelamente, stanno lavorando con il British Liver Trust UK, The Policy Institute King’s College London e altre parti interessate chiave, tra cui l’EASL, per integrare questo trattamento in linee guida cliniche.

“Ai pazienti con malattia epatica cronica vengono spesso prescritti antibiotici, tuttavia, sono queste persone sono ad alto rischio di infezioni multiresistenti e questo sta contribuendo alla crisi sanitaria globale di resistenza antimicrobica”, ha affermato la dottoressa Lindsey Ann Edwards, responsabile scientifico dello studio di fattibilità.

E ancora: “C’è un bisogno urgente e insoddisfatto di affrontare l’infezione e la resistenza antimicrobica nella malattia epatica cronica. Ridurre la suscettibilità e l’incidenza dell’infezione in questo specifico gruppo di individui porterà a un minor numero di prescrizioni di antibiotici, ricoveri ridotti e ridotta incidenza della resistenza antimicrobica, che potrebbe essere di enorme portata per la società”.

Redazione Nurse Times

Fonte: PharmaStar

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