I due avvocati che rappresentano 142 persone rovinate dal principio attivo del talidomide, brevettato nel 1954 da un’azienda tedesca, si sono rivolti al Parlamento europeo.
Da due avvocati bolognesi parte una petizione al Parlamento europeo perché la Germania indennizzi i talidomidici italiani. I legali Marco Calandrino e Alberto Marin rappresentano 142 persone sulle 600-700 censite in Italia nate focomeliche, cioè con gravi deformità agli arti in seguito all’assunzione da parte delle madri in gravidanza, negli anni Cinquanta e Sessanta, del principio attivo del talidomide, brevettato nel 1954 dalla tedesca Chemie Grünenthal.
Utilizzato in sedativi per ridurre nausee e fastidi della gravidanza, il talidomide attivo rivelò, nel giro di poco tempo, il suo drammatico effetto teratogeno su feti ed embrioni. Il risultato fu la nascita di migliaia di bambini in diversi Paesi del mondo con un’embriopatia – oltre alle centinaia di casi accertati in Italia, furono almeno 2700 in Germania, 500 nel Regno Unito, 200 in Spagna, un centinaio in Svezia -, senza considerare i casi di aborti spontanei o morti fetali endouterine.
I bambini di allora sono oggi adulti che, come messo nero su bianco dall’Europarlamento con la risoluzione del 15 dicembre 2016, “vivono con dolori debilitanti cronici”. E come hanno rilevato relazioni indipendenti in Germania e Regno Unito ugualmente citate, “le vittime sopravvissute al talidomide necessitano di un sostegno maggiore per le loro esigenze sanitarie non soddisfatte, per la loro mobilità e per poter condurre una vita autonoma”.
“Non ci rivolgiamo all’Italia, perché lo Stato italiano la sua parte l’ha fatta, prevedendo indennizzi – sottolinea l’avvocato Calandrino -. Ma ci rivolgiamo alla Germania, perché, come già stabilito dalla risoluzione del 2016, tanto il Governo federale tedesco quanto la ditta stessa che brevettò il talidomide non effettuarono controlli adeguati”.
Calandrino ricorda che “negli Usa la dottoressa Frances Oldham Kelsey impedì l’autorizzazione del talidomide proprio perché non soddisfatta dei test sul principio attivo”, in assoluta controtendenza con quanto stava accadendo in tanti Paesi. La storia le diede ragione e la dottoressa fu premiata dal presidente John Fitzgerald Kennedy “per aver impedito una grande tragedia negli Stati Uniti”.
La petizione dei due legali in nome di 142 italiani danneggiati dal talidomide ancora prima di venire al mondo vuole convincere il Parlamento europeo a sollecitare la Germania riguardo i propri doveri nei confronti di tutte le vittime del principio attivo. Non soltanto di quelle tedesche, quindi, per le quali “esistono due fondazioni, istituite dallo Stato tedesco e dalla Grünenthal, ma il cui accesso ai fondi risarcitori è molto difficoltoso per gli stessi cittadini tedeschi, figuriamoci per gli altri europei”, con requisiti di accesso molto stretti, tanto che i legali non hanno notizia di italiani risarciti da Berlino.
La petizione vuole spronare al richiamo a quegli stessi doveri di cui l’Europarlamento aveva chiesto conto già nel 2016, ma che non sono stati completamente assolti. “Prima di rivolgerci all’Europa avevo fatto tentativi scrivendo direttamente alla Germania e alla ditta responsabile – chiarisce Calandrino -. Ho ricevuto risposte formalmente cortesi ma che non volevano aprire la strada al dialogo. La Grünenthal alcuni anni fa ha inaugurato una statua dedicata ai bambini focomelici per chiedere scusa delle conseguenze dell’immissione sul mercato del talidomide, ma alla mia richiesta di fare qualcosa di concreto per le vittime, mi ha risposto che le loro erano scuse morali e non giuridiche”.
Con il testo inviato all’Europarlamento i due legali bolognesi chiedono alla Commissione per le petizioni di presentare una proposta di risoluzione che preveda per ciascuno dei 142 danneggiati da talidomide italiani rappresentati dai legali – di cui “la stragrande maggioranza è già stato riconosciuto talidomidico dallo Stato italiano” – il riconoscimento da parte della Repubblica federale di Germania di un congruo sostegno finanziario, “che possa risarcire quanto dagli stessi ingiustamente subito sin dalla nascita e che serva a migliorare la loro qualità di vita”.
E che la Germania “imponga alla società Grünenthal di assumersi le sue responsabilità offrendo un risarcimento e un’assistenza adeguati alle vittime, instaurando un dialogo con le vittime stesse per rimediare ai danni causati”. La Commissione per le petizioni dell’Europarlamento si riunisce una volta al mese ed è dunque ragionevole attendersi una risposta sulla ricevibilità della domanda nel giro di pochi mesi. “Ma qualora non giungano risposte – avverte Calandrino – noi ci stiamo preparando a fare istanza alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo”.
Redazione Nurse Times
Fonte: la Repubblica
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