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“Ridere fa bene alla salute”: parola dell’ex infermiere Giacomo Poretti

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"Ridere fa bene alla salute": parola dell'ex infermiere Giacomo Poretti
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Il noto comico, un passato da infermiere alle spalle, ribadisce Medicina Top, format tivù dell’agenzia di stampa Italpress, quanto dimostrato da numerosi studi: ridere è una specie di medicina.

Fa bene al cuore, alla circolazione, ai polmoni, ai rapporti sociali e anche al sonno. Ridere è una specie di medicina, e molti studi lo confermano. Impariamo a ridere nella prima infanzia, con l’effetto di richiamare l’attenzione dei genitori e di attivare il sistema motivazionale dell’attaccamento-accudimento alla base di un pieno sviluppo cognitivo ed emotivo.

E ancora, la risata aumenta la portata respiratoria, garantendo una migliore ossigenazione e inducendo il rilascio delle endorfine, il nostro antidepressivo naturale. Ridere fa bene anche al sistema immunitario, riduce la percezione soggettiva del dolore e la produzione di cortisolo, ormone coinvolto nelle reazioni psicofisiche allo stress.

Favorisce inoltre la produzione di melatonina, responsabile della regolazione dei ritmi sonno-veglia, e migliora il tono dei muscoli del viso, delle spalle e dell’addome. Infine ridere fa bene alla vita di relazione di coppia, perchè serve ad allentare la tensione che spesso complica i rapporti e crea un clima di intesa e complicità che spiana ogni difficoltà. Insomma, meglio di una sessione di allenamento, meglio di un sonnifero, meglio di una seduta di psicoterapia.

Sono questi alcuni dei temi trattati da Giacomo Poretti, noto attore e comico del trio Aldo, Giovanni e Giacomo e direttore artistico del Teatro Oscar di Milano, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tivù dell’agenzia di stampa Italpress.

“Ridere fa bene al cuore – ha spiegato -, e non è un modo di dire. I cardiologi hanno dimostrato scientificamente che ridere fa bene alla salute. Non solo le condizioni materiali, ma anche quelle spirituali o psicologiche influiscono sulla salute. Non è facile ridere molto, ma soprattutto in famiglia o sul lavoro bisognerebbe cercare di applicare l’ironia davanti a un problema. E’ così che si stempera. Ci proviamo tutti, ma riuscirci è difficilissimo. Una battutina che non offende o ferisce fa bene e alleggerisce le situazioni”.

Non tutti conoscono il passato da infermiere di Poretti: “Io ho fatto l’infermiere, ero addirittura arrivato a essere un caposala. Entrato come oss, ho scalato tutto lo scalabile, e quando sono arrivato a fare il caposala me ne sono andato. Ho lavorato in ospedali cosiddetti difficili, in oncologia e altri reparti simili. Dico che chi sta veramente male non ha tanta voglia di scherzare. L’importante è tenere compagnia, rispettando le varie situazioni, e quando si può si scherza”.

Sempre il comico: “Osservare i medici si presta alla comicità. Uno degli sketch a cui sono più affezionato è quello del professor Alzheimer, interpretato da Giovanni, io nei panni del dottor Pivetta e Aldo che cambia il mio nome ogni tre secondi. Il fatto di aver lavorato in ospedale mi ha aiutato molto”.

E sul luogo comune per il quale ogni comico nella sfera privata sia in realtà molto triste: “Una vena malinconica ce l’ho, ma non mi ritengo triste, come a volte si dice dei comici nella loro vita privata. Non mi capita tanto di ridere, forse perchè lo faccio per mestiere, ma ridere mi è molto difficile. Il mio socio Giovanni mi fa ridere qualsiasi cosa faccia, e quando ridi tanto è un buon segno. Di recente al Teatro Oscar abbiamo registrato una puntata del mio podcast. Con Aldo e Giovanni potremmo anche non vederci per dieci anni, ma sono certo che faremmo i rimbambiti per ore non appena ci incontriamo”.

E su un altro tema prettamente medico come l’ansia da prestazione: “Potrei fare un parallelismo tra il comico e il tifoso di calcio. Una pensa che all’inizio te la fai un pò sotto, ma poi ti passa. Invece non passa mai. Ultimamente mi sto cimentando da solo o con mia moglie in teatro: ogni volta c’è tanta ansia. Pensavo che invecchiando mi passasse, invece va sempre peggio. E per dire, la finale dell’Inter di Champions non l’ho vista”.

Redazione Nurse Times

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