Riceviamo e pubblichiamo una nota a cura di Antonio De Palma, presidente Nazionale del sindacato Nursing Up.
Il presente e il futuro della salute dei cittadini è legato saldamente alla valorizzazione delle professioni sanitarie. Chi osa mettere in dubbio tutto questo non fa altro che privare, giorno dopo giorno, delle sue fondamenta un sistema sanitario già pericolosamente traballante.
Non smetteremo mai di sottolineare che in questo momento storico diventa più che mai fondamentale la presa di coscienza da parte della politica della gravità della situazione in cui riversa il nostro Ssn, con quella voragine di infermieri che, come da nostro studio aggiornato, tocca nel 2022 la preoccupante cifra di 175mila unità. E si tratta di stime elaborate in base a medie di riferimento allargate, perché riferite all’intera Europa e non al gruppo dei Paesi Eu, nel qual caso la carenza raggiunge addirittura le 220mila unità.
Ovviamente non basta prendere coscienza della malattia, ma occorre intervenire per curare il malato con una terapia d’urto prima che sia troppo tardi. In ballo non ci sono solo le legittime aspirazioni dei professionisti della salute dell’area non medica, ma è in gioco il futuro dell’assistenza, dentro e fuori le realtà ospedaliere, di cui gli infermieri sono i legittimi latori.
In queste ore stiamo attentamente approfondendo la bozza di provvedimento in circolazione, tra le pieghe della quale abbiamo individuato elementi di grave criticità, sui quali stiamo lavorando con i nostri esperti e sui quali ci certamente diremo la nostra, dopo esserci confrontati anche con le competenti istanze sindacali interne.
E’ per questo che vogliamo vederci chiaro e che chiediamo al Governo di sbrogliare la matassa di una Legge di Bilancio dove, in materia di sanità, è doveroso far conoscere alla collettività quante e quali quali sono le risorse reali destinate proprio ai professionisti dell’assistenza. Nella realtà noi ci troviamo di fronte ad un “balletto delle cifre” che ci preoccupa non poco.
Quanto emerge in modo chiaro, è che il fabbisogno sanitario nazionale viene incrementato di 3 miliardi di euro per il 2024, 4 miliardi di euro per il 2025 e 4,2 miliardi di euro per il 2026. Di conseguenza il Fsn sale a 134 miliardi di euro per il 2024, 135,3 miliardi di euro per il 2025 e 135,5 miliardi di euro per il 2026.
Per essere espliciti, per l’anno 2024, il Governo ha soddisfatto quasi interamente le richieste delle Regioni e del ministro Schillaci che chiedevano un aumento di 4 miliardi di euro. Tuttavia, di fatto, 2,4 miliardi di euro dovrebbero essere destinati ai rinnovi contrattuali 2022-2024 del personale dipendente e convenzionato, lasciando ben poche risorse per le altre priorità.
La bozza della Manovra non indica la cifra, ma fa riferimento a una quota non superiore allo 0,4% del finanziamento indistinto del Fsn, che corrisponderebbe a circa 520 milioni di euro.
Siamo di fronte probabilmente al famoso piano di abbattimento delle liste di attesa, che prevede incrementi delle tariffe orarie delle prestazioni aggiuntive di medici, e di allargamento della platea dei destinatari, e parliamo volutamente “solo di quelle”, perché oltre l’enfasi dei primi proclami, leggendo oggi il documento emerge che, per il personale sanitario del comparto, qualche fervida mente della politica, ha pensato bene di condire con tanto fumo la materia, ma questo sarà oggetto delle nostre annunciate riflessioni dei prossimi giorni. In ogni caso lo stanziamento (quello complessivo) è di 280 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026.
Certo è che qualcosa proprio non torna. Non vorremmo ritrovarci, quando si parla di personale infermieristico e delle altre professioni assistenziali, di fronte a un provvedimento privo di qualsiasi forma di riconoscimento o valorizzazione. Siamo preoccupati perché, mentre tutti abbiamo ascoltato i proclami relativi all’ che è stato previsto per i medici, di ben 1.000 euro (dichiarazioni del ministro Schillaci), nulla si dice degli altri professionisti sanitari, poveri fantasmi che la bozza di Legge di Bilancio relega nell’ampio e laconico perimetro della locuzione “il resto del personale”.
Questo vuol forse dire che essere infermiere o ostetrica richiede lo stesso impegno, competenza, livelli di rischio professionale e responsabilità di qualsiasi altro impiegato amministrativo? Lo dicano chiaramente ai cittadini, coloro che hanno scritto questo provvedimento: prendere in carico vite umane fa o non fa la differenza? Inoltre l’aumento di 1.000 euro per il personale medico rientra nel nuovo Contratto o è al di fuori di esso? Perché costerebbe allo Stato oltre 1 miliardo e 450 milioni di euro l’anno.
Insomma, i cittadini sono ben consapevoli, diversamente dalla politica, che non si abbattono le liste di attesa senza il fondamentale supporto degli infermieri. Non si eleva la qualità dei servizi sanitari senza il personale dell’assistenza, ed è di tutta evidenza che il costante invecchiamento della popolazione e la conseguente esigenza del rilancio della sanità di prossimità rappresentano priorità che non possono essere rinviate al mittente.
Quali sono, allora, le cifre che il Governo ha destinato a infermieri, ostetriche e altri professionisti dell’area non medica nel prossimo Contratto? Qualcuno si è preoccupato di individuarle? Da una prima lettura della bozza di Legge di Bilancio a noi pare proprio di no!
E allora iniziamo a porci molti quesiti. Che ruolo il Governo pensa di destinare agli infermieri nel progetto di abbattimento delle liste di attesa che, dai proclami emersi, sembra essere una questione meramente legata alla valorizzazione del personale medico? Si limiteranno solo all’incremento delle tariffe orarie e alla detassazione degli straordinari? E’ davvero questa la tanto attesa valorizzazione prevista?
Da ultimo, ma non certo per importanza, apprendiamo dalla stampa nazionale, che questa Legge di Bilancio potrebbe prevedere, ma il condizionale è d’obbligo viste le smentite ufficiose che si rincorrono ogni giorno, anche un taglio significativo sulla futura pensione di infermieri, maestri, dipendenti comunali, medici pubblici e ufficiali giudiziari, che hanno iniziato a lavorare prima del 1996. Anche in questo caso vogliamo vederci chiaro e rispondere a quelle che di certo saranno le legittime preoccupazioni dei nostri iscritti e dei tanti professionisti della sanità.
Redazione Nurse Times
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