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20.000 euro al mese, autista, casa, scuola per i figli e interprete: sempre più specialisti italiani si trasferiscono nei Paesi Arabi

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20.000 euro al mese, autista, casa, scuola per i figli e interprete: sempre più specialisti italiani si trasferiscono nei Paesi Arabi 1
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Numerose offerte davvero irresistibili starebbero spingendo sempre più camici bianchi italiano a trasferitisi all’estero. In aggiunta agli stati europei quali Gran Bretagna, Svizzera, Germania, Francia, Belgio, Olanda, che da anni reclutano personale dal nostro Paese, ora si aggiungono anche i paesi arabi.

La proposta sembra davvero irraggiungibile in Italia: da 14 a 20mila euro al mese, casa, scuola per i figli, welfare, autista e interprete. È l’offerta d’oro che in questi giorni gli Emirati Arabi hanno avanzato ad alcuni medici specialisti in servizio nell’Azienda ospedaliera di Padova.

La ricerca avviene generalmente attraverso i social, Linkedin su tutti, o tramite le società di “cacciatori di teste”.

L’età dei professionisti non sarebbe affatto un problema, vista l’imminente necessità di assumere personale specializzato.

I medici italiani continuano ad essere i camici bianchi in Europa che emigrano maggiormente dal paese di origine, rappresentando il 52% del totale di quelli che espatriano. E la regione col maggior numero di medici che si trasferiscono altrove è il Veneto, con 80 professionisti sui circa 1.500 che vanno via dall’Italia ogni anno.

«La situazione italiana è paradossale: da una parte alcune regioni decidono di assumere neolaureati, medici in pensione o specialisti dalla Romania perché nelle corsie c’è carenza di medici. Dall’altra ci sono 10mila medici specializzati in attesa di chiamata – commenta il segretario nazionale del sindacato Anaao Assomed (medici dirigenti), Carlo Palermo – e altri 6 mila che stanno frequentando l’ultimo anno di specializzazione ma nessuno li assume per via del blocco del turn over».

Ma quali sono i motivi che inducono così tanti camici bianchi ad abbandonare l’Italia? «All’estero trovano un accesso più meritocratico alla professione, prospettive di carriera migliori e retribuzioni molto più alte», elenca Adriano Benazzato, segretario Anaao in Veneto. E non solo:

«Qui in Italia ci sono condizioni di lavoro disastrose, turni massacranti e rischio collegato – aggiunge Palermo – mettiamoci pure il fatto che lavorare nel privato è decisamente più allettante: un medico che fa intramoenia nel pubblico viene tassato al 45%, chi invece lavora nel privato grazie alla flat tax verserà il 15%».

Ma c’è anche chi decide di rimanere in Italia, nonostante le sirene più che attrattive. Proprio come ha fatto Andrea Rossi, 41 anni, geriatra presso l’Azienda ospedaliera universitaria di Verona:

«Mi ha contattato un’agenzia di cacciatori di teste offrendomi un posto di consulente medico al Queen Elizabeth Hospital di Norfolk. L’offerta era di 150 mila sterline l’anno lorde, pari a 170 mila euro. In Italia ne guadagniamo 71 mila. Se mi avessero trovato prima, quando ero precario e lavoravo pagato a ore, con un compenso di 10 euro lordi all’ora, avrei detto certamente di sì. Adesso ho un contratto a tempo indeterminato, faccio ricerca e ho tre figli piccoli».

La situazione è diventata paradossale: «I colleghi si laureano in Italia con una spesa per lo Stato di 150.000 euro ciascuno e se si specializzano i costi per lo Stato aumentano, arrivano a 250.0000/280.000 euro per ciascun medico specializzato. E poi – chiosa Benazzato – vanno a lavorare all’estero».

Pessimista Giampiero Avruscio, presidente Anpo, Associazione primari ospedalieri di Padova: «Se la politica continua a non rendersi conto che è inutile abolire il numero chiuso se non si valorizzano i medici ospedalieri, che sono quelli che sopportano il grosso dello sforzo nel servizio sanitario, sapremo chi è stato l’assassino del nostro futuro».

Laconico Mario Plebani, presidente della Scuola di Medicina e Chirurgia di Padova: «Gli stipendi sono sicuramente più attrattivi nel privato e all’estero. Solo in provincia di Bolzano, un collega prende il doppio di noi. Con l’autonomia ci potrebbe essere un’autonomia anche nel livello salariale dei medici».

Simone Gussoni

Fonte: Il Gazzettino

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