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12 maggio: riflessioni critiche non richieste

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Evento Ecm Bisceglie (BT) "L’assistenza infermieristica dal modello di Florence Nightingale ad oggi"
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Si è consumata in un anonimo giovedì di maggio la Giornata Internazionale dell’Infermiere, una ricorrenza mondale che fissa nella data del 12 maggio il giorno in cui gli Infermieri dovrebbero fermarsi e riflettere sullo stato dell’arte della Scienza Infermieristica.

Un giorno non scelto a caso, dal momento che il 12 maggio è anche la data di nascita di Florence Nightgale, a cui universalmente è riconosciuta la maternità della moderna Scienza Infermieristica ed anche coincidente con il riconoscimento alla stessa “Signora della Lanterna” l’onorificenza di “membro all’Ordine al merito del Regno Unito” conferita appunto il 12 maggio 1907 in occasione del suo 87° compleanno.

Il 12 maggio viene ricordato con iniziative da parte dell’Ente regolatore la Professione Infermieristica, ossia l’IPASVI, con cadenza annuale dal 1992 attraverso iniziative, convegni e manifesti che ricordano al mondo intero la nostra esistenza.

Uno dei punti critici è proprio questo, con il passare degli anni e l’avvento della crisi economica, il 12 maggio ha preso il piano inclinato della retorica, senza peraltro riuscire a parlare dei veri problemi che la professione attraversa.

Questo 12 maggio è apparso più mesto che mai, quasi nessuno ha avuto la bontà di accorgersi di noi e questo è ovvio se nel giorno più significativo dell’anno, riusciamo esclusivamente a rifugiarsi nei nostri convegni autocelebrativi e non ci apriamo alla società esterna.

Come mi è capitato di scrivere diverse volte, il valore sociale si acquisisce  se si sta nella società tutta e non solamente nella “nostra di società”.

A mio avviso anche il messaggio diffuso per il 12 maggio era completamente fuorviante “La salute mi ha abbandonato, gli Infermieri mai”.

Importante ricordare l’importanza della figura infermieristica nella presa in carico del cittadino quando si trova in regime di malattia, mi chiedo solo se questo cittadino si sia mai accorto che accanto a lui c’è un infermiere oppure un operatore socio sanitario. Mi chiedo se il cittadino chiamerà infermiere l’operatore sanitario che lo accoglie in qualche ambulatorio dove gli Infermieri non ci sono, oppure in qualche residenza sanitaria dove la notte gli infermieri non ci sono, oppure ancora quando a soccorrerlo sono dei semplici volontari. Forse questo ai nostri cittadini andrebbe detto.

Tralasciando questa polemica, ai più perniciosa, mi sarei augurato in momento di grave crisi economica e di sistema qualche parola che andasse oltre sarebbe stata bene accetta, anzi avrebbe dimostrato la capacità di volgere il proprio sguardo un po’ più in là, oltre quella “nostra società”.

Mi sarebbe piaciuto ascoltare la mia Presidente ricordare che gli Infermieri sono proprio dove il sistema “rompe” il patto con i cittadini e consegna una risposta di tutela della salute non più consona ai bisogni ma solo agli aspetti economici. Sarebbe stato interessante ascoltare chi governa la Professione parlare di tematiche altre rispetto alla professione stessa, dove i cittadini vivono e nel loro vivere si ammalano.

Sarebbe stato un 12 maggio diverso se improvvisamente gli Infermieri fossero stati portati ad una riflessione ampia rispetto alla società che frequentano e contribuiscono ad alimentare, avemmo dimostrato una sensibilità nuova che andasse oltre le nostre conoscenze teoriche e tecniche.

Questa nostra limitazione è un limite culturale oppure una scelta di “disimpegno” nei confronti dei cittadini? Eppure nella nostra storia recente i rapporti e gli impegni sociali non solo erano facenti parte della nostra cultura ma ben presenti anche nelle norme deontologiche. Dunque andrebbe letto come un disimpegno, che non inizia certo oggi ma che oggi andrebbe ripensato.

In un’ottica etica ed economica che sta proponendo modelli di sviluppo che preferiscono l’individualità alla collettività, proprio perché la nostra professione avrebbe un carattere di tutela collettiva della salute (come peraltro previsto dal dettato costituzionale), spero che il 12 maggio 2017 diventi occasione di ripensarci come parte integrante della società e non solo come “tecnici” che intervengono quando alcuni individui di essa sono malati: il “gruppo di lavoro” che si sta occupando di riformulare il Codice Deontologico dovrebbe tenerne di conto.

Piero Caramello

 

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