Il report della Fondazione evidenzia i progressi compiuti nell’ultima settimana rispetto alla precedente, ma il presidente Cartabellotta chiede chiarimenti ad Aifa e ministro dell Salute sul mix di vaccini: “Le evidenze scientifiche sono ancora preliminari”.
Il quadro generale presentato dall’ultimo rapporto della Fondazione Gimbe sull’emergenza coronavirus in Italia mostra come nell’ultima settimana, dal 9 al 15 giugno, si siano svuotati gli ospedali e le terapie intensive, e i nuovi casi di Covid-19 siano scesi ancora. Contemporaneamente scendono i tamponi, mentre ci sono segnali di aumento della variante Delta (o indiana).
Si conferma, dunque, la riduzione di nuovi casi (11.440 contro 15.288: -25,2% rispetto alla settimana precedente) e decessi (411 contro 469: -12,4%) e, grazie alla vaccinazione di anziani e fragili, l’ulteriore decongestione degli ospedali. In calo anche i casi attualmente positivi (105.906 contro 181.726: -41,7%), le persone in isolamento domiciliare (102.069 contro 176.353: -42,1%), i ricoveri con sintomi (3.333 contro 4.685: -28,9%) e le terapie intensive (504 contro 688: -26,7%).
“Da 13 settimane consecutive – dichiara Nino Cartabellotta (foto), presidente della Fondazione Gimbe – si registra una discesa dei nuovi casi settimanali. Se la costante riduzione del rapporto positivi/casi testati attesta una ridotta circolazione del virus, la progressiva diminuzione dell’attività di testing sottostima il numero dei nuovi casi e documenta la mancata ripresa del tracciamento dei contatti, fondamentale in questa fase della pandemia”.
Nelle ultime cinque settimane, infatti, il numero di persone testate si è ridotto del 31,5%, scendendo da 3.247.816 a 2.223.782, con una media nazionale di 132 persone testate al giorno per 100.000 abitanti, e rilevanti e ingiustificate differenze regionali. In tutte le regioni si conferma il calo dei nuovi casi settimanali (l’incremento percentuale in Molise è irrilevante in valore assoluto). Da nove settimane, inoltre, sono in costante calo anche i decessi, che nell’ultima settimana si attestano in media a 59 al giorno.
“La costante riduzione dei pazienti ospedalizzati – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui servizi sanitari della Fondazione Gimbe – ha portato l’occupazione dei posti letto da parte dei pazienti Covid al 6% sia in area medica che in terapia intensiva, con tutte le regioni ampiamente sotto le soglie di allerta”.
In dettaglio, dal picco del 6 aprile i posti letto occupati in area medica sono scesi da 29.337 a 3.333 (-88,6%) e quelli in terapia intensiva da 3.743 a 504 (-86,5%). A seguito della rettifica della Regione Campania, poi, le persone in isolamento domiciliare dal picco del 28 marzo si sono ridotte da 540.855 a 102.069 (-81,1%).
“Gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, direttore operativo della Fondazione Gimbe –, in calo da 10 settimane consecutive, sono ora stabili con una media mobile a sette giorni di 22 ingressi/die”.
Ma nel quadro tracciato dalla Fondazione si rileva, come detto, anche un segnale di attenzione che riguarda la variante Delta (o indiana). Secondo l’ultima indagine di prevalenza delle varianti pubblicata dall’Istituto Superiore di Sanità il 18 maggio, la variante delta (più contagiosa di circa il 60% rispetto alla variante inglese) è all’1%, con differenze regionali e un range che va dallo 0 al 3,4%. In particolare, la diffusione maggiore si registra in Lazio (3,4%), Sardegna (2,9%) e Lombardia (2,5%). Tuttavia nell’ultima settimana la variante Delta è stata isolata in due focolai a Milano e Brindisi. Segno di una sua maggiore diffusione sul territorio nazionale, che si rileva anche dal database internazionale Gisaid. Rispetto ai sequenziamenti su campioni raccolti dal 19 maggio al 16 giugno, su 881 sequenze depositate 57 (6,5%) corrispondono alla variante delta.
“Rispetto all’efficacia dei vaccini, secondo i dati del Public Health England una singola dose di vaccino (Pfizer-BioNTech o AstraZeneca) ha un’efficacia solo del 33 percento nei confronti della variante, percentuale che dopo la seconda dose sale, rispettivamente, all’88 e al 60. Inoltre, l’ultimo studio inglese (Public Health England) attesta che l’efficacia del ciclo completo nel prevenire le ospedalizzazioni è del 96 percento con il vaccino Pfizer-BioNTech e del 92 percento con quello AstraZeneca”, si legge nel report sull’emergenza pandemica da Covid.
E ancora: “Al 16 giugno (aggiornamento ore 6.11) risultano consegnate 46.069.554 dosi, pari al 60,4 percento di quelle previste per il 1° semestre 2021. Sempre al 16 giugno (aggiornamento ore 6:11), il 50,5 percento della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino (29.949.601) e il 24,4 percento ha completato il ciclo vaccinale (14.467.292). Nell’ultima settimana sono state raggiunte 3.892.072 di somministrazioni, con una media mobile a sette giorni di 537.765 inoculazioni/die. Vaccini: copertura delle categorie prioritarie. L’85,2 percento degli over 60 ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con alcune differenze regionali: se la Puglia ha superato il 90 percento, la Sicilia è sotto il 75. Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 3.824.604 (85,4%) hanno completato il ciclo vaccinale e 349.498 (7,8%) hanno ricevuto solo la prima dose. Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 2.544.393 (42,7%) hanno completato il ciclo vaccinale e 2.605.613 (43,7%) hanno ricevuto solo la prima dose. Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 2.655.476 (35,7%) hanno completato il ciclo vaccinale e 3.247.643 (43,6%) hanno ricevuto solo la prima dose. Nella popolazione di età superiore ai 60 anni, dunque, ben 2,66 milioni non hanno ancora ricevuto nemmeno la prima dose di vaccino e 6,2 milioni devono completare il ciclo vaccinale”.
Sul tema della vaccinazione eterologa, poi, il presidente Cartabellotta ha dichiarato: “Riguardo al nuovo caos AstraZeneca se nell’attuale contesto di bassa circolazione virale è totalmente condivisibile la decisione di limitare questo vaccino agli over 60, emergono alcune perplessità in merito all’obbligo di effettuare negli under 60 la seconda dose con vaccino a mRna, già ribattezzata come eterologa”. Infatti, negli under 60 che hanno ricevuto la prima dose di AstraZeneca, la circolare 11 giugno 2021 del ministero della Salute dispone che il ciclo deve essere completato con una seconda dose di vaccino a mRna (Comirnaty o Moderna)”.
Sempre secondo Gimbe: “Nonostante i presupposti immunologici, biologici e alcuni precedenti storici sul mix vaccinale, le evidenze scientifiche sono ancora preliminari. In particolare i quattro studi citati dal parere del Cts arruolano poco più di 800 persone e misurano l’efficacia del mix solo sulla risposta immunitaria e la sicurezza solo sugli effetti collaterali frequenti e a breve termine. In altre parole, ad oggi non esistono prove di efficacia della vaccinazione ‘eterologa’ su Covid-19 severa, ospedalizzazioni e decessi, né su eventuali effetti collaterali rari. Inoltre, alla data di pubblicazione della circolare del ministero della Salute, il mix vaccinale risultava essere off label, ovvero fuori dalle indicazioni autorizzate. La determina Aifa del 13 giugno 2021 ha sanato il problema, con riferimento alla Legge 648/96 e disponendo che i vaccini a mRNA ‘possono essere somministrati come seconda dose per completare un ciclo vaccinale misto’. Ovvero, la formula possibilista usata dell’Aifa per consentire l’utilizzo della vaccinazione eterologa contrasta con quella perentoria prevista dalla circolare del ministero della Salute”.
Il riferimento alla Legge 648/96 prevede, spiega ancora la Fondazione, il “consenso informato scritto del paziente dal quale risulti che lo stesso è consapevole della incompletezza dei dati relativi alla sicurezza ed efficacia del medicinale per l’indicazione terapeutica proposta”. La Legge 648/96 impone infatti al cittadino di accettare o meno l’informativa fornitagli (se non firma il consenso non può completare il ciclo vaccinale), e al medico la responsabilità della prescrizione, in presenza di un’alternativa il cui profilo di efficacia e sicurezza è stato ribadito dall’Ema.
Conclude Cartabellotta: “Se presupposti immunologici e biologici e dati preliminari lasciano supporre che la vaccinazione ‘eterologa’ sia efficace e sicura, rimane l’incongruenza tra l’obbligo previsto dalla circolare del ministero della Salute e la possibilità riportata dalla determina Aifa. Infatti, secondo la formula possibilista di Aifa per gli under 60 la seconda dose con Pfizer o Moderna è solo un’opzione che il paziente è libero di accettare o rifiutare, optando per la seconda dose con AstraZeneca. In ogni caso è indispensabile adeguare il modulo di consenso informato a quanto previsto dalla Legge 648/96 con adeguata informazione su benefici, rischi e incertezze delle opzioni per la seconda dose dopo AstraZeneca. Infine, per evitare che l’incongruenza tra le espressioni ‘dovere’ e ‘potere’ si traduca in una responsabilità esclusivamente a carico dei medici, con il rischio di disincentivare l’attività vaccinale, la Fondazione Gimbe chiede al ministero della Salute e all’Aifa di esprimersi congiuntamente con una nota univoca e definitiva”.
Redazione Nurse Times
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