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I nemici del Calcio: quali sono gli alimenti da evitare

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I Nemici del Calcio: acido ossalico (spinaci, barbabietola, pomodori) e acido fitico (cereali o farine integrali, mais)

Il calcio è il minerale più abbondante nel corpo umano. Legandosi al fosforo forma cristalli di idrossiapatite, costituisce la struttura cristallina delle ossa e dei denti. Circa il 99% del calcio corporeo è presente in queste due strutture per un totale di circa 1200 grammi (il rapporto calcio-fosforo nelle ossa è di 2,5:1).

Il rimanente 1% si trova nella forma ionizzata e svolge un ruolo importante nella trasmissione degli impulsi nervosi, nell’attivazione enzimatica e nella coagulazione del sangue. Il calcio ha inoltre un ruolo fondamentale nei processi di contrazione della muscolatura liscia, scheletrica e del miocardio (cuore).

Nella popolazione italiana l’assunzione media giornaliera corrisponde a circa 500-800 mg di calcio. Di questa quota solo una piccola parte (20-30%) viene effettivamente assorbita. A livello intestinale l’assorbimento viene favorito dalla presenza delle  vitamine A, C, D e dalla presenza di grassi e sali biliari. 

L’acido ossalico e l’acido fitico esercitano invece un effetto inibitorio sull’assimilazione del calcio. Questi acidi possono alterare sensibilmente il bilancio del calcio nell’organismo, specie se, accanto ad un ridotto apporto di calcio alimentare vengono introdotte grandi quantità di vegetali ricchi di ossalati (spinaci, crescione, barbabietola, pomodori, etc.) oppure cereali o farine integrali di grano, orzo, avena, mais che contengono molto acido fitico.

Altri alimenti che riducono l’assorbimento del calcio sono la caffeina, il sodio (sale) e l’elevato apporto proteico. Il lattosio (lo zucchero presente nel latte) ne facilita invece l’assorbimento. Il Calcio introdotto con gli alimenti viene assorbito nell’intestino tenue. Tale processo è favorito dalla vitamina D, dall’acidità gastrica, dal lattosio e da dall’acido ascorbico. E’ sfavorito invece dalla carenza di vitamina D e da troppe fibre vegetali introdotte con la dieta.

Tre ormoni intervengono per mantenere costante la calcemia: la vitamina D, il paratormone e la calcitonina.

La vitamina D regola l’assorbimento di calcio a livello intestinale, il paratormone lo mobilizza dalle ossa (aumenta l’attività osteoclastica) mentre la calcitonina ne favorisce la deposizione (aumenta l’attività osteoblastica).

Calcitonina e paratormone formano il cosiddetto sistema calciostatico, grazie al quale la calcemia viene mantenuta intorno al valore costante di 10 mg/100 ml. Anche i reni possono intervenire nella regolazione della calcemia agendo sulla quota di calcio riassorbita.

Tra le numerose formule più comunemente adottate sono riportate le seguenti, in cui la calcemia è espressa in mg/dL ovvero in mmol/L e la concentrazione normale di albumina può essere definita in 4,0 o 4,4 mg/dL secondo i singoli casi:

Calcemia corretta = calcio sierico (mg/dL) + 0,8 x (albumina normale – albumina attuale)
Calcemia corretta = calcio sierico (mmol/L) + 0,02 x (albumina normale – albumina attuale)
Calcemia corretta = calcio sierico (mmol/L) / (0,55 + proteine tot. (g/L) / 160)

Il calcio è contenuto soprattutto nei latticini, in alcuni crostacei e pesci (aragoste, sardine e salmone), nei legumi, nei broccoli, nelle uova e nelle mandorle.

Il calcio è un rilassante naturale e se assunto dai 20 ai 40 minuti prima di andare a dormire, favorisce il riposo notturno.

L’acido fitico è tradizionalmente considerato un fattore antinutrizionale, cioè una sostanza in grado di limitare l’assorbimento o l’utilizzo dei nutrienti. Nel caso specifico, legandosi ad essi a formare sali insolubili (fitati e fitina), l’acido fitico ostacola l’assorbimento di alcuni minerali (calcio, ferro, magnesio e zinco).

I fitati sono diffusi soprattutto nei cereali e nei legumi, dove si concentrano nei semi e nelle parti fibrose; per questo motivo sono abbondanti nei prodotti integrali e praticamente assenti in quelli raffinati. La crusca, per esempio, è particolarmente ricca di fitati ed anche per questo motivo i nutrizionisti consigliano di ricavare la propria razione quotidiana di fibra dagli alimenti, piuttosto che ricorrere ad integratori specifici.

I fitati vengono inattivati dal calore e dalla fermentazione. Anche l’ammollo prolungato, classico metodo per migliorare la digeribilità dei legumi, contribuisce a ridurre fortemente le concentrazioni di acido fitico nell’alimento. Per quanto riguarda il pane, la lievitazione lenta a pasta acida è in grado di abbattere il contenuto di questi fattori antinutrizionali, mentre lievito di birra e lieviti industriali non sono altrettanto efficaci, perché promuovono una lievitazione eccessivamente rapida. Anche una buona cottura del pane contribuisce ad eliminare l’acido fitico presente nell’alimento.

Nell’anziano, il calcio sierico tende a diminuire per molte ragioni, tra le quali la riduzione dell’assunzione di prodotti caseari con la dieta, la riduzione dell’albumina e la riduzione dell’apporto o dell’attivazione della vitamina D. La riduzione dell’attivazione della vitamina D è dovuta in parte alla diminuzione dell’esposizione alla luce solare e al calo della sintesi vitaminica a livello cutaneo. La perdita di funzionalità epatica e renale, legata all’invecchiamento, porta alla produzione di minori quantità di 25-idrossicolecalciferolo e di 1,25-diidrossicolecalciferolo. I farmaci possono depauperare i depositi corporei di calcio attraverso un aumento della sua eliminazione (p. es., i diuretici dell’ansa sono calciurici) o una riduzione del suo assorbimento (p. es., gli antiepilettici stimolano le vie metaboliche idrossilative, le quali producono metaboliti della vitamina D che hanno minore efficacia per l’assorbimento del calcio nel tratto GI).

Nei pazienti anziani affetti da malattie croniche, la diminuzione della calcemia totale è un evento frequente.

L’acido ossalico è un fattore antinutrizionale presente in numerosi alimenti, fra cui spinaci, rabarbaro, cereali integrali e cavoli. Una volta ingerito si combina con diversi minerali (ferro, magnesio e soprattutto il calcio) formando dei sali, detti ossalati, che ne impediscono l’assorbimento. Per questa loro capacità di ridurre i minerali a disposizione dell’organismo, gli ossalati favoriscono l’instaurarsi di stati da carenza (osteoporosi, anemie ecc.).

Il consumo di acido ossalico diventa addirittura tossico quando raggiunge dosi uguali o superiori ai 1500 mg. In simili situazioni gli ossalati ingeriti vengono rapidamente assorbiti nell’intestino tenue e vanno a legarsi con il calcio sierico. Il conseguente ribasso della concentrazione del minerale nel sangue causa disturbi severi, come contrazioni muscolari involontarie, tremori, crampi e crisi tetaniche.

Gli alimenti ricchi di ossalati possono risultare nocivi anche se ingeriti a dosi non letali. Combinandosi col calcio, l’acido ossalico dà origine all’ossalato di calcio, un sale insolubile che tende a precipitare sottoforma di cristalli e ad accumularsi nelle vie urinarie (calcoli renali). Quando queste formazioni dure e cristalline raggiungono dimensioni significative, insorgono disturbi come irritazione alle vie urinarie, ematuria (presenza di sangue nelle urine) e danni renali. Per questo motivo, in presenza di calcolosi da ossalati, la dieta non dovrebbe fornire più di 100 mg al giorno di acido ossalico.

 

Michele CALABRESE  

Ruggiero CALABRESE 

 

Sitografia e Bibliografia:

www.associazioneamec.com

www.msd-italia.it

www.my-personaltrainer.it

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