Sono oramai migliaia gli Infermieri del SUD costretti a vivere e lavorare contro la loro volontà in aziende del NORD.
Tutto ciò, nonostante aver vinto dei Concorsi di Mobilità. Selezioni fatte dalle Aziende pubbliche e boicottate da altre strutture dello Stato. Quello dei nulla osta negati ai vincitori di Mobilità è uno dei fenomeni più ignorati dalla stampa infermieristica. Nursetimes.org se n’è occupato più volte.
Purtroppo, però, la politica, i sindacati e chi rappresenta la professione pare non se ne siano accorti. E allora torniamo a parlare. Questa volta lo facciamo intervistando Isabella (nome di fantasia), 33 anni, Infermiera originaria di Salerno.
Lei vive e lavora in Lombardia da ormai 12 anni. Ha vinto il suo primo concorso subito dopo la Laurea in Infermieristica. Ha sempre lavorato nelle stesso reparto di Medicina. Si è sposata a distanza e segue da 8 anni i suoi figli a distanza. Infatti il marito fa il Poliziotto e vive e lavora a Capaccio (SA). I loro due bambini sono affidati ai genitori di lei, perché altrimenti non potrebbero gestirli. Ed è qui il problema.
Isabella ha vinto un Concorso di Mobilità in Campania, ma la sua azienda non le dà il permesso di tornare a casa. E’ una burocrazia che non tiene conto nemmeno dei minori. Che non tiene conto delle coppie e dei matrimoni. Che non tiene conto degli amori e degli affetti. Che ignora la voglia di tornare nella terra d’origine.
E’ da sempre sola, afflitta, nervosa, lavora male, litiga con i colleghi, litica con la sua dirigenza e con il suo coordinamento.
E’ stressata, è in burnout da distacco dai suoi affetti. Più volte è stata richiamata dai suoi dirigenti. E’ stata lasciata sola nei suoi dispiaceri. Non ha un supporto psicologico a disposizione perché non vuole passare per pazza!
“Non ce la faccio più, ho bisogno di tornare definitivamente a casa – ci spiega.
“Ho voglia di godermi tutti i giorni la mia famiglia, è un mio diritto, un diritto negato. Non me lo lasciano fare. Mi tengono prigioniera qui a Milano!”.
La nostra interlocutrice è sconfortata, delusa, offesa, umiliata, afflitta. Chiede solo di essere considerata una persona, un essere umano.
“Vedo le pubblicità in giro, sulle TV e su Internet. Ci occupiamo degli animali, garantiamo loro una casa e denunciamo chi li abbandona. Ma chi denuncia l’abbandono degli Infermieri? Non lo fa nessuno, siamo al di sotto dei cani! Quando di parlano di Professione mi arrabbio. Non siamo considerati tali, siamo numeri. Siamo parte integrante di un sistema che non deve garantire la salute, ma dalla salute ricavare denari.”
“Lo dico apertamente: siamo tutti schiavi di un sistema che lucra alle spalle dei pazienti e degli operatori sanitari. Noi Infermieri della base non abbiamo diritti, ma solo tantissimi doveri da assolvere. Non mi resta che fare qualche gesto estremo. Non mi resta che iniziare anche io uno sciopero della fame. Come ha fatto il collega di Bologna Alfredo Sepe!”
Sepe, come risaputo, ha iniziato uno sciopero della fame e della sede per dire basta alla prigionia degli Infermieri in strutture sanitarie del Nord. Ha chiesto il rispetto delle norme. Ha ricordato che non permettendo ai colleghi di tornare a casa si commettono dei reati contro l’umanità. Sepe è segretario provinciale della FIALS di Bologna ed ha iniziato la sua singolare protesta per dare voce a quei colleghi che voce non hanno.
Tornando a Isabella, la invitiamo a non desistere e a lottare. Prima o poi le cose dovranno cambiare!
Andrea Delle Foglie
Lascia un commento