Nel reparto di Chirurgia plastica, inoltre, non dovrebbero essere impiegate membrane di origine suina. Ma i vertici dell’ospedale Maggiore smentiscono.
Un protocollo culturalmente congruente alle esigenze delle donne di religione islamica è stato per la prima volta redatto presso l’ospedale Maggiore di Lodi. Nel reparto di Chirurgia plastica diretto dal dottor Daniele Blandini non saranno impiegate membrane di origine suina e l’assistenza alle pazienti verrà erogata solo da medici, infermieri e operatori sociosanitari di sesso femminile.
Il protocollo ad hoc è stato approvato dalla direzione sanitaria e concordato insieme alla comunità islamica di via Lodi Vecchio. Rappresenta il primo progetto italiano dedicato alle pazienti musulmane che coinvolge sole operatrici donne.
«Abbiamo steso un protocollo – spiega Blandini – per la ricostruzione mammaria alle pazienti di religione islamica. L’esigenza nasce dal fatto che le tecniche ricostruttive più moderne prevedono talvolta, dopo l’asportazione del tumore, l’uso di materiali biologici di provenienza suina. In particolare, si utilizza il derma porcino per la membrana che ha la funzione di ricoprire il muscolo e la protesi e che consente la ricostruzione immediata della mammella. Abbiamo fatto delle ricerche per individuare delle aziende che fornissero materiali differenti, per andare incontro alle esigenze delle donne di religione islamica. Ne abbiamo trovata una italiana che utilizza, con la stessa funzione, il pericardio del cavallo. Il materiale deve essere forzatamente di origine animale perché deve integrarsi con la pelle della donna».
Il protocollo realizzato dal primario di Chirurgia plastica prevede che le donne della comunità islamica abbiano la possibilità di essere seguite anche in sala operatoria da personale esclusivamente femminile.
Inevitabili le polemiche, che hanno indotto i vertici dell’ospedale a smentire categoricamente l’esistenza di “protocolli aziendali che distinguano i trattamenti a secondo dell’appartenenza a un’etnia, una cultura o un credo religioso; al contrario è diffuso e condiviso il rispetto del singolo, da cui scaturisce un’attenzione nell’adottare opportuni accorgimenti, ove possibile, nei percorsi di diagnosi e cura dei nostri pazienti”.
Simone Gussoni
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