Le indagini relative alla morte di Adriana Bortolotti, pensionata 95enne residente presso una struttura per anziani, si sono concluse.
Finiranno a processo la direttrice e due operatrici socio sanitarie della casa di riposo Guizzo-Marseille di Selva di Montello con l’accusa di omicidio colposo.
La donna, di origine bergamasca, è morta l’11 aprile 2018 in seguito ad una caduta dalle scale della struttura. L’incidente si era verificato la mattina precedente. Come ricostruito dalla procura, la signora era stata preparata per scendere in soggiorno e sistemata su una sedia a rotelle con spinta assistita, alla quale era stata opportunamente assicurata con le cinghie di sicurezza.
Le OSS in servizio nel reparto l’avrebbero lasciata in corridoio sulla carrozzina, in prossimità delle scale, per poter proseguire le cure igieniche di altri ospiti.
In questi minuti si è consumata la tragedia. L’anziana si sarebbe, infatti, sporta fino a raggiungere il corrimano, sul quale si sarebbe aggrappata trascinandosi fino alle scale e finendo col cadere con la sedia che, contesta la procura, «era priva di sistemi di frenata».
Il capitombolo dalla rampa di scale le ha provocato lesioni gravissime che, 24 ore dopo, ne hanno causato il decesso. I famigliari avevano presentato un esposto chiedendo chiarezza.
Alle due operatrici, difese dagli avvocati Alessandra Nava e Nadia Forlin, il sostituto De Donà contesta la «colpa generica» perché avrebbero «per imperizia e imprudenza, omesso di sorvegliare la Bortolotti, nonostante le sue precedenti e frequenti cadute, consentendo così che si trascinasse fino alle scale dove è caduta».
Alla dirigente Militello, difesa dall’avvocato Giovanna Bertolani, la procura contesta invece la «colpa specifica» perché non avrebbe «valutato adeguatamente i rischi di caduta per la presenza della scala, non adottando misure che impedissero l’autonomo accesso da parte degli anziani» ma anche per non aver «predisposto un modello organizzativo e procedurale di gestione, movimentazione e sorveglianza in sicurezza degli ospiti».
Secondo quanto ricostruito dalle indagini infatti, la direttrice 56enne, avrebbe «tollerato o colposamente ignorato una prassi in base alla quale gli ospiti venivano lasciati in corridoio da soli mentre le operatrici si occupavano degli altri anziani, senza assicurarsi delle condizioni di pericolo e sicurezza degli stessi». Una prassi che, si difendono le operatrici, sarebbe stata adottata per far fronte alla carenza di personale.
«Alla mia assistita era stato detto di seguire quella procedura – spiega l’avvocato Alessandra Nava che difende Sollemi -, perché con i problemi di organico presenti nella struttura, meglio non si poteva fare. Lei aveva segnalato la necessità di un sistema di sicurezza sulle scale, visto che c’erano state precedenti cadute. Ma non è stata ascoltata».
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