“Ora siamo positivi in 15”, fanno sapere. Ma la cooperativa respinge fermamente le accuse.
“Sono un fisioterapista e lavoro all’interno della Fondazione Don Gnocchi di Milano. Come altri 15 dei 18 colleghi, infermieri e operatori socio sanitari, che con me hanno sporto denuncia, sono risultato positivo al Covid”. Il fisioterapista in questione, ora in quarantena, non ha dubbi: a detta sua, sul luogo di lavoro gli è stato comunicato tardivamente che era venuto in contatto con una persona risultata positiva al coronavirus. Così, con altri 17 “dipendenti o collaboratori” della cooperativa Ampast che “prestano attività lavorativa presso l’Istituto Palazzolo – Fondazione Don Carlo Gnocchi”, è firmatario di una denuncia depositata ieri in Procura a Milano in cui si chiede di indagare “atteso che i comportamenti omissivi e commissivi – è scritto nell’esposto – appaiono cagionare colposamente un’epidemia”. Accuse, queste, che la Fondazione respinge con forza, definendole “false e calunniose”. Saranno ora i pm milanesi a verificarne la fondatezza o meno.
Stando al racconto reso al Fatto Quotidiano dal fisiterapista, “tutto è cominciato il 14 marzo scorso, quando sono venuto a sapere, come altri, che vi erano dei casi di contagi in Fondazione. Ce lo hanno fatto sapere tramite un messaggio inviato in un gruppo WhatsApp in cui ci comunicavano che eravamo stati in contatto con un positivo e quindi ci chiedevano di stare in quarantena”. Si tratterebbe, come spiegato nella querela, di un messaggio che i lavoratori della cooperativa Ampast ricevono il 14 marzo alle 14:51 in cui “veniva trasmesso il foglio emidemiologico del 10 marzo 2020, dal quale emerge che tutti i lavoratori a qualsiasi titolo all’interno del reparto 4° Generosa erano entrati in stretto contatto con soggetto positivo Covid-19”.
“Da qui – continua il fisioterapista – abbiamo capito che ci avevano tenuto nascosta questa situazione per giorni, almeno quattro. Dal momento in cui arriva questa comunicazione si instaura un clima di omertà: nessuno tra chi gestisce i reparti ci fornisce alcuna spiegazione, ci dicono solo che erano ordini superiori. Ma le cose non andavano già bene da giorni: non ci hanno mai fornito alcun dispositivo di protezione. Le mascherine ce le siamo portate noi, e addirittura, dal 10 al 14 marzo ci hanno chiesto di non usarle per evitare di creare una situazione di allarmismo nel reparto. E nel frattempo il contagio si espandeva”.
La circostanza delle mascherine viene raccontata anche da un altro operatore socio sanitario, che preferisce rimanere anonimo, ma è tra i firmatari dell’esposto: “Anche a me, come ad altri – spiega l’uomo – hanno detto che le mascherine non erano necessarie. Ci hanno spiegato che non c’erano casi di persone che provenivano dalle zone rosse nel nostro reparto e quindi non vi era alcun motivo per indossare protezioni che avrebbero solo creato allarmismo nei pazienti e nei loro familiari”. Nella denuncia depositata ieri dall’avvocato Remolo Reboa, che rappresentata i lavoratori, poi si specifica anche che “malgrado la situazione emergenziale in Lombardia, nel periodo tra il 2 ed il 16 marzo non è stata mai effettuata un’idonea sanificazione degli ambienti, ancorché trattasi di struttura sanitaria”.
Sono accuse che la Fondazione Don Gnocchi respinge punto per punto. “Rispetto all’utilizzo delle mascherine da parte degli operatori sanitari – si spiega in una nota – sono stati adottati, già dal 24 di febbraio, da parte di tutti i centri di Fondazione Don Gnocchi, ivi compreso l’Istituto Palazzolo di Milano, provvedimenti operativi che hanno recepito i protocolli dell’Istituto Superiore della Sanità e dell’Oms. Non corrisponde al vero, e costituisce grave ed infondata accusa, che detti provvedimenti abbiano impedito agli operatori sanitari l’utilizzo delle mascherine ‘per non spaventare l’utenza’”.
E ancora: “I dati della positività degli operatori, triste e fisiologica conseguenza dell’attuale pandemia – continua la nota – sono stati trattati, sotto ogni profilo, in linea con la normativa sulla privacy e nel pieno rispetto delle direttive sanitarie in essere; costituisce pertanto affermazione assurda e destituita da ogni fondamento giuridico e fattuale che sarebbero stati ‘tenuti nascosti moltissimi casi di lavoratori contagiati’. Ciò premesso, qualora la notizia della presentazione della denuncia fosse verificata, Fondazione Don Gnocchi si riserva di agire in tutte le sedi competenti, civili e penali, affinché venga accertata la falsità e la calunniosità delle notizie propalate e ne vengano perseguiti i responsabili”.
Redazione Nurse Times
Fonte: il Fatto Quotidiano
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