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Prodigi dell’intelligenza artificiale: può leggere nel pensiero e ridare la parola

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Prodogi dell'intelligenza artificiale: può leggere nel pensiero e ridare la parola
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Negli Usa è stato elaborato un algoritmo in grado di convertire in frasi l’attività neurale.

L’intelligenza artificiale potrà ridare la parola a pazienti che non possono più esprimersi, ad esempio a causa di una paralisi. E’ stato infatti messo a punto negli Usa un software in grado di leggere l’attività neurale di un individuo nell’atto di pensare una frase semplice (ad esempio “Tina Turner è una cantante pop” oppure “Quei ladri hanno rubato 30 gioielli”) e di tradurla in linguaggio con un margine di errore di appena il 3%.

La rivista Nature Neuroscience ha reso noti i risultati di una ricerca diretta da Joseph Makin, della University of California (San Francisco). Per ora l’algoritmo ha un vocabolario limitato a 250 parole, ma gli scienziati hanno intenzione di arricchirlo, migliorando il sistema, senza però perdere in accuratezza nella decodifica delle onde neurali.

Lo studio ha coinvolto quattro donne che soffrivano di epilessia, alle quali erano stati impiantati degli elettrodi nel cervello per registrarne l’attività neurale e monitorarne le crisi epilettiche. Ciascuna doveva leggere ad alta voce una serie di 30-50 frasi, mentre gli scienziati ne registravano l’attività neurale.

E’ stata quindi consegnata a un algoritmo tutta l’attività cerebrale registrata con gli elettrodi, insegnando alla rete neurale a identificare le regolarità del linguaggio, ad esempio a distinguere vocali e consonanti. Una volta apprese, queste regole basilari del parlato sono state usate da una seconda rete neurale per imparare a formare le parole e le frasi. Ogni donna ha ripetuto le frasi almeno due volte, permettendo ai ricercatori di testare il proprio sistema, che è risultato molto accurato nel tradurre l’attività cerebrale in un set di frasi basiche.

«L’intelligenza artificiale è cruciale per raggiungere l’obiettivo di leggere nel pensiero – spiega Makin –. Infatti un software che si limitasse a memorizzare l’attività neurale associata a ogni singola frase non sarebbe utile allo scopo, perché, se un individuo pronuncia la stessa frase più volte, l’attività neurale corrispondente non sarà mai la stessa. E’ il motivo per cui il sistema deve essere in grado di apprendere semplici regole del linguaggio, ad esempio imparare quali parole più spesso si trovano insieme in una frase. Il software è stato capace di capire che la parola “Turner” tende a seguire la parola “Tina”».

Ricorrendo a un piccolo numero di frasi è più facile che l’IA impari come le parole tendono a susseguirsi l’una dopo l’altra a formare un messaggio di senso compiuto. Ora il sistema andrà potenziato, tenendo conto che in media un essere umano possiede un vocabolario mentale di migliaia di parole (più ampio delle 250 parole usate nello studio). Tutto ciò moltiplica il numero di frasi possibili, riducendo l’accuratezza della traduzione. Le 250 parole possono comunque non essere poche per una persona che non può parlare: «Vogliamo testare il sistema su un paziente con un problema di linguaggio», sottolinea Makin.

Redazione Nurse Times

Fonte: La Stampa

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