Secondo l’indagine, il 18% delle persone affette da questo disturbo ha manifestato un peggioramento.
Circa il 40% delle persone affetta da epilessia ha manifestato sintomi durante il lockdown. Per il 18% di loro, quasi due su dieci, si è verificato un peggioramento del numero delle crisi. È la fotografia scattata da un sondaggio Lice (Lega italiana contro l’epilessia).
“Secondo l’indagine – spiega la Lice in una nota -, eseguita attraverso un questionario anonimo con Google Moduli a cui ha aderito un campione di quasi mille persone, di cui metà affette da epilessia in un confronto tra pazienti e non, il peggioramento delle crisi è stato maggiormente riscontrato nelle persone in poli-farmacoterapia e con scarsa qualità del sonno. Il 46,9% dei pazienti, infatti, ha riferito di avere una scarsa qualità del sonno durante la quarantena, mentre il 19% ha riferito la presenza di sintomi depressivi e oltre la metà del campione ha lamentato un disturbo d’ansia”.
Questo il commento di Oriano Mecarelli, presidente Lice: “In questo periodo di difficoltà la consueta assistenza ai pazienti è stata fortemente ridotta a causa dell’avanzare della crisi sanitaria che ha investito il Paese. Abbiamo quindi voluto verificare, attraverso un questionario, lo stato di salute fisica e psicologica delle persone affette da epilessia in questo periodo. I risultati obbligano a una presa di coscienza da parte dei neurologi, oggi più di ieri chiamati a valutare, oltre all’evoluzione della malattia e al successo di una terapia, anche aspetti altrimenti sottovalutati, come ad esempio la scarsa qualità del sonno. Da questi dati, infatti, emerge come i disturbi del sonno, da lievi a moderati, rappresentino un fattore di rischio per il peggioramento dei sintomi, soprattutto nelle forme gravi di epilessia”.
Prosegue la nota: “Nonostante la quasi totalità dei pazienti (il 93%) abbia continuato regolarmente le terapie anche durante il lockdown, ben il 37% del campione ha riferito problemi nella gestione della propria malattia e difficoltà nel follow-up e nell’assistenza medico-sanitaria. Dall’indagine, infatti, emerge che il 38% delle persone affette da epilessia ha riferito di avere in programma un controllo neurologico che cadeva nel periodo di lockdown, ma che nella maggioranza dei casi (96%) non è stato possibile ricevere. La difficoltà di accesso ai farmaci e la necessità di incrementare la terapia sono state le altre due problematiche principali incontrate dai pazienti durante il lockdown”.
Conclude Giovanni Assenza, consigliere MacroArea Lice Lazio-Abruzzo e Coordinatore del Centro per la Diagnosi e cura dell’epilessia del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico: “Il sondaggio ha confermato la presenza di diverse criticità. Per questo motivo si rende necessaria la messa a punto di servizi di telemedicina per garantire un adeguato follow-up dei pazienti, in particolare in questo momento di pandemia. Durante il periodo di lockdown, però, la tecnologia è andata in soccorso ai pazienti. Tra le persone che necessitavano di contattare il neurologo curante, il 71% ha avuto successo: il 43% attraverso sms o WhatsApp, il 25% tramite mail e il 31% via telefono. Da questi dati si intuisce come lo sviluppo e il potenziamento della telemedicina sia assolutamente necessario. Grazie agli strumenti tecnologici oggi disponibili, infatti, sarebbe possibile assistere a 360 gradi le persone con epilessia, anche in momenti difficili come questo”.
Redazione Nurse Times
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