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Stati generali, le proposte della Fnopi al Governo

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Stati generali, le proposte della Fnopi al Governo
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Il premier Conte ha incontrato a Villa Pamphilj le federazioni delle professioni sanitarie, che hanno esposto il percorso futuro della propria professione e dell’assistenza sanitaria.

Durante l’ultima giornata degli Stati generali “Progettiamo il Rilancio”, promossi dal Governo e svoltasi a Villa Pamphilj (Roma), il premier Giuseppe Conte ha incontrato la Consulta permanente delle professioni sanitarie e socio-sanitarie, così composta: Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), Federazione nazionale Ordini medici dei chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), Federazione nazionale Ordini dei veterinari (Fnovi), Federazione nazionale Ordini dei farmacisti (Fofi), Federazione nazionale Ordini dei chimici e dei fisici (Fncf), Federazione nazionale degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (Fno Tsrm Pstrp), Federazione nazionale degli Ordini della professione ostetrica (Fnopo), Ordine nazionale dei biologi (Onb), Consiglio nazionale Ordine psicologi (Cnop), Consiglio nazionale Ordine assistenti sociali (Cnoas).

Nelle sue proposte per il rilancio del Sistema sanitario nazionale (vedi documento allegato), la Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche, che con i suoi 450mila iscritti rappresenta oltre il 41% delle forze del Servizio sanitario nazionale e oltre il 61% degli organici delle professioni sanitarie in generale, punta al territorio. E lo fa prima di tutto declinando la figura dell’infermiere di famiglia e comunità, istituito ufficialmente dal Patto per la salute e inserito per legge dal Decreto Rilancio all’esame del Parlamento.

“E’ necessario garantire il potenziamento della presa in carico sul territorio e a domicilio dei soggetti affetti da SARS-COV-2, e più in generale dalle persone che versano in condizione di fragilità – hanno spiegato a Conte la presidente Fnopi, Barbara Mangiacavalli, e la vicepresidente Ausilia Pulimeno –. In particolare, è necessario prevedere che l’infermiere di famiglia e comunità partecipi all’attuazione dei piani di assistenza territoriale da disegnare con una reale multiprofessionalità per identificare e gestire i contatti, l’organizzazione dell’attività di sorveglianza attiva, e che ricopra un ruolo di responsabilità nell’ambito dei processi infermieristici a livello distrettuale”.

Poi le richieste per la professione, prima tra tutte la realizzazione di un’area contrattuale infermieristica che riconosca peculiarità, competenza e indispensabilità ormai evidenti della categoria. “Serve anche un ulteriore adeguamento delle dotazioni organiche oltre i numeri dei decreti legati all’emergenza – prosegue Mangiacavalli –, con l’aggiornamento della programmazione degli accessi universitari. Gli infermieri non bastano: ne mancano 53mila, ma gli atenei puntano ogni anno al ribasso. Necessario anche l’aggiornamento della normativa sull’accesso alla direzione delle aziende di servizi alla persona: siamo sul territorio, dove l’emergenza ha dimostrato che non è possibile prescindere da una competenza sanitaria di tipo assistenziale a garanzia dei cittadini. Come nelle Rsa, ad esempio, nota dolente durante la pandemia, ma anche a domicilio con cronici, anziani, non autosufficienti e così via”.

Sempre nell’ottica di garantire la continuità dell’assistenza, la Fnopi chiede di superare i vincoli di esclusività per consentire un’attività professionale a favore di strutture sociosanitarie (Rsa, case di riposo, strutture residenziali, riabilitative…), per far fronte alla gravissima carenza di personale infermieristico di queste strutture. Applicando anche nel caso la legge 1 del 2002, che prevedeva prestazioni aggiuntive e possibilità che altro non sono se non il richiamo in servizio di pensionati e contratti a tempo determinato utilizzati una tantum (ma indispensabili, a quanto pare) per Covid-19.

Poi le questioni economiche, ricordando che gli infermieri in Italia sono tra i meno pagati d’Europa, con una retribuzione compresa tra i 1.200 e i 1.600 euro al mese. Le richieste Fnopi sono di un’indennità infermieristica che, al pari di quella già riconosciuta per altre professioni sanitarie della dirigenza, sia parte del trattamento economico fondamentale, non una “una tantum” e riconosca e valorizzi sul piano economico le profonde differenze rispetto alle altre professioni, sempre esistite, ma rese evidenti proprio da Covid-19 e “le garanzie sull’adeguamento dei fondi contrattuali e possibilità di un loro utilizzo per un’indennità specifica e dignitosa per tutti i professionisti che assistono pazienti con un rischio infettivo, ma anche delle retribuzioni ordinarie degli infermieri”, precisa Mangiacavalli.

“Ovviamente la Federazione – conclude la presidente Fnopi – è pronta a dare tutto il supporto necessario alle istituzioni per realizzare queste richieste nel modo migliore, più equo, ma anche più rapido possibile. Per ridisegnare un servizio sanitario, sia pubblico che privato, efficiente e preparato più di quanto il nostro si sia già dimostrato. I modi ci sono, basta volerli prendere in considerazione davvero”.

Redazione Nurse Times

ALLEGATO: Documento Fnopi

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