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Taranto, attività intramoenia irregolare: indagati 4 medici

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Taranto, attività intramoenia irregolare: indagati 4 medici
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L’inchiesta della GdF è scattata due anni fa e riguarda presunte violazioni commesse nel reparto di Gastroenterologia dell’ospedale Santissima Annunziata.

Costi pubblici, incassi privati. Sarà discusso il prossimo 30 luglio il ricorso presentato dal pubblico ministero Lucia Isceri contro il decreto di sequestro preventivo emesso lo scorso 9 luglio dal giudice per le indagini preliminari Benedetto Ruberto, che, solo parzialmente accogliendo le richieste della pubblica accusa, ha disposto il sequestro dei beni per due dei quattro medici coinvolti in una inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza.

La vicenda riguarda il reparto di Gastroenterologia dell’ospedale Santissima Annunziata di Taranto e vede indagati l’ex primario Andrea Frunzio, 67enne di Leporano, il suo successore Raffaele Annicchiarico, 63enne tarantino, e i medici Cosimo Marucci, 60enne tarantino, e Libera Fanigliulo, 42enne grottagliese.

L’inchiesta è scattata nel luglio del 2018 a seguito di una segnalazione effettuata alla Procura dal nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Taranto, relativa a presunte violazioni commesse da dirigenti medici del S.S. Annunziata, riferite in particolare alla gestione dei pazienti sottoposti a visita ed esami strumentali diagnostici nel reparto di Gastroenterologia. La segnalazione dei militari guidati dal tenente colonnello Marco Antonucci riguardava la cosiddetta attività intramoenia o libero-professionale intramuraria (Alpi), effettuata da alcuni dirigenti medici, fuori dall’orario di lavoro, in favore e su libera scelta del paziente, all’interno della struttura ospedaliera e a integrazione dell’attività istituzionalmente dovuta in ospedale.

Tra il 1° gennaio 2015 e il 20 luglio 2018 i finanzieri hanno accertato un gran numero di prestazioni sanitarie erogate nel reparto di Gastroenterologia, in violazione delle disposizioni normative e regolamentari previste per lo specifico settore. In particolare, sarebbero 1.939 le prestazioni non rilevate nel Cup.

I finanzieri hanno interrogato 143 pazienti, scoprendo che il pagamento dei corrispettivi (importi di solito compresi tra i 50 e i 150 euro) avveniva direttamente nelle mani del medico che eseguiva l’esame e/o la visita, senza il rilascio di alcuna ricevuta (pur se talvolta richiesta dal paziente). Il pagamento era eseguito, in alcuni casi, anche da pazienti che avrebbero potuto usufruire, a loro dire, del regime di esenzione.

Talune prestazioni sanitarie, secondo quanto riferito, erano eseguite in forma gratuita, in virtù di rapporti di conoscenza e/o amicizia. In alcuni casi, inoltre, l’esecuzione dell’esame diagnostico avveniva in forma gratuita, dopo aver svolto la visita medica ambulatoriale in ospedale con pagamento diretto del corrispettivo al medico del reparto. Vi era costante inosservanza delle regole inerenti le modalità di prenotazione (tramite Cup) con accesso diretto alla struttura ospedaliera, previo accordo telefonico con lo stesso medico, anche senza prescrizione del medico curante attestante il carattere di priorità e/o il diritto all’esenzione.

Talvolta non avveniva il pagamento della prestazione, in applicazione del regime di esenzione di cui usufruiva il paziente, ma comunque non era stata effettuata alcuna registrazione al Cup (non rispettando comunque il criterio delle priorità e delle liste d’attesa e non consentendo al Cup la rendicontazione). Secondo la pubblica accusa, insomma, c’era un modus operandi ben consolidato tanto da riuscire a quantificare il mancato introito per la Asl in quasi 500mila euro. E tutto ciò, oltre a garantire ai medici una lauta forma di guadagno (finanche sottratta al fisco), si riverberava negativamente sulla struttura sanitaria e andava a discapito dell’utenza che correttamente si rivolgeva ai canali istituzionali, riscontrando tempi di attesa più lunghi rispetto a quelli sopportati da chi riusciva a trovare una scorciatoia.

Il punto è che il pm Isceri, ritenendo i quattro medici responsabili di abuso d’ufficio e truffa aggravata ai danni dello Stato, ha chiesto al gip di emettere nei loro confronti un decreto di sequestro preventivo per equivalente della somma di circa 200mila euro, ovvero il danno subito dalla Asl. Il dottor Ruberto, invece, ha riqualificato la truffa aggravata in peculato, disponendo quindi il sequestro di poco più di 4mila euro per Annicchiarico e quasi 3mila euro per Frunzio, ovvero la somma dei singoli importi che i pazienti interrogati (il 7% del totale di coloro i quali hanno usufruito delle prestazioni finite sotto i riflettori) hanno dichiarato di aver versato nelle mani dei medici. Il pm ha impugnato tale decisione e il suo ricorso sarà esaminato il prossimo 30 luglio, con i difensori di fiducia dei quattro indagati pronti a dare battaglia.

Redazione Nurse Times

Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno

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