Ma serve prudenza: la fase 3 della sperimentazione dovrà dimostrare un’effettiva protezione.
Secondo Sara Gilbert, uno dei principali ricercatori dell’Università di Oxford, al lavoro su un vaccino contro il coronavirus che dà buone speranze, il traguardo può essere raggiunto entro l’anno, ma non è certo. Perché ciò avvenga, dovrà funzionare anche nei prossimi test, essere prodotto in grandi quantità, e le agenzie regolatorie dovranno approvarlo per un uso di emergenza.
Insomma, ci sono altri step da superare. La conferma arriva anche dall’Irbm di Pomezia, che collabora con Oxford a questo progetto. Se la fase 3 produrrà risultati positivi, arriveranno in distribuzione in tutto il mondo milioni di dosi. “La fase 3 – spiega Pietro Di Lorenzo, presidente Irbm – è cominciata in Gran Bretagna, ma AstraZeneca, l’azienda farmaceutica che produrrà il vaccino, ha deciso di quadruplicare lo sforzo per inviare dosi e svolgere i test anche in Brasile e Sudafrica. Saranno coinvolti 10mila soggetti per ogni Paese: 40mila in totale”.
La prima fase della sperimentazione, su circa mille persone, ha mostrato una buona risposta immunitaria dopo due dosi e dopo quasi due mesi. Le prossime sperimentazioni, su un numero maggiore di pazienti, dovranno dimostrare un’effettiva protezione.
Intanto Boris Johnson ha definito su Twitter “molto positive” le notizie sui risultati dei primi trial. Il premier britannico ha rivolto “un enorme messaggio di ‘ben fatto’ ai nostri scienziati e ricercatori di Oxford, brillanti e di livello mondiale”. Il successo e l’efficacia del vaccino “non sono ancora garantiti – ha scritto -, ma si tratta di un passo importante nella giusta direzione”.
Redazione Nurse Times
Lascia un commento