Oggi Luca Fialdini, classe 1987, infermiere in Terapia Intensiva Adulti in Cardiochirurgia presso l’Ospedale del Cuore Fondazione Toscana Gabriele Monasterio e attuale vicepresidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Massa Carrara, risponderà a qualche domanda sul futuro della nostra professione. Alcune semplici riflessioni sull’infermieristica da condividere con i giovani colleghi d’Italia.
Luca, cosa rappresenta per te la tua professione?
Rappresenta molto. Lavoro in Terapia Intensiva ormai da qualche anno e fin dal primo giorno ho appreso che l’unione fa la forza, che il gioco di squadra è essenziale e che la qualità degli indicatori di processo e di esito si hanno solamente in un’ottica di interprofessionalità con un approccio patient centered. La professione infermieristica fonda l’agire professionale su principi e valori, etici e deontologici, in difesa della salute e della vita. L’infermiere cura e si prende cura, è un agente morale che persegue il bene, prima di ogni altra cosa. Ogni giorno rinnova la promessa fatta con l’iscrizione all’Ordine e onorando il Codice Deontologico della professione: assistere i malati con umanità, scienza e competenza tipici della nostra identità, dove l’essere umano e la vita vengono prima di qualsiasi altra cosa. Il futuro è pieno di difficoltà, anche in Ospedale, la vita a volte è piena di ostacoli ma niente può essere più importante di quella promessa fatta ai cittadini e a noi stessi.
Non tutti conoscono il lavoro degli infermieri. Come far conoscere la professione ai Cittadini?
Siamo nell’era della digitalizzazione: i social network possono aiutarci a raggiungere questo obiettivo. Penso che come professionisti dovremmo cercare di capire che chi legge i nostri post sui social media, le nostre condivisioni, sono i Cittadini che domani troveremo nelle nostre degenze, nelle nostre terapie intensive, nei nostri pronto soccorso, nel nostro territorio. Uso questo termine “nostro” perchè credo che la Sanità abbia bisogno di professionisti che la sentano propria. I nostri Cittadini, i nostri Pazienti, hanno bisogno di noi, al loro fianco, con la consapevolezza umana e scientifica di un vero professionista, capace di comprendere i bisogni assistenziali, formulare una diagnosi infermieristica e di pianificare interventi a breve, medio e lungo termine. L’infermieristica è una scienza, la scienza di assistere, basata sui bisogni della persona e della collettività. Se trasmetteremo bene questi concetti i Cittadini si fideranno, ancora di più, di noi infermieri.
Un pensiero per i giovani infermieri che iniziano l’Università.
Abbiamo scelto una delle professioni più difficili e belle al mondo. Il futuro è nella clinica, nella prossimità e vicinanza ai pazienti e alle loro famiglie. Abbiamo scelto di prenderci cura di loro, di sostenerli, di assisterli nei momenti difficili. Le organizzazioni sanitarie dovrebbero valutare i professionisti per le loro competenze cliniche e relazionali (non sulla base di quiz a risposta multipla). Serve tanto entusiasmo, formazione e ricerca. Serve tanta esperienza. Occorrono “maestri di clinica”, infermieri tutor esperti e aggiornati, al fianco dei giovani che intraprendono gli studi universitari. Necessarie le specializzazioni cliniche e la valorizzazione professionale-economica in base alle competenze. Serve tanta collaborazione e tanta complicità con gli altri professionisti della sanità: le partite importanti si vincono sempre in squadra. E per sconfiggere la malattia servono tanti giocatori, uniti, capaci e determinati.
Investire nella clinica o nell’organizzazione?
Non ho dubbi, la carriera gestionale è importante per la professione, ma tanto più è essenziale l’avanzamento delle competenze infermieristiche sul “campo”. L’attività clinica per i professionisti della sanità è fondamentale. Essere un infermiere senza aver esercitato la professione è qualcosa che mancherà sempre nel proprio curriculum e condizionerà la vision e le future scelte organizzative. La dirigenza, il coordinamento e un buon management sono elementi essenziali in una struttura sanitaria. Le radici devono essere ben salde alla base e all’identità professionale. Conoscere l’assistenza crea identità e stima, facilita i processi e migliori saranno gli outcomes. Occorre pianificare, monitorare e valutare continuamente l’organizzazione con indicatori e standard condivisi. A volte non basta dire “io sono competente per quel ruolo”, perché “le competenze sono caratteristiche personali causalmente correlate a prestazioni efficaci misurate in base a criteri prestabiliti”. L’Azienda può essere vista come sistema di operazioni/processi, fatto di parti tra loro interdipendenti, ma sicuramente prima di tutto è un insieme di persone, con i loro bisogni pregi e difetti, dove le buone relazioni umane legano e migliorano il tutto.
Credi molto nel territorio pur lavorando in terapia intensiva. Perché?
Il terreno fertile dove coltivare la professione è il territorio e nell’infermieristica di comunità e famiglia: è li che i giovani dovranno concentrare le loro attenzioni. Con un’organizzazione degli ospedali per intensità di cura è prioritario, oggi più che in passato, rafforzare il territorio (…e l’emergenza Covid lo ha insegnato). Le RSA, le scuole, le piccole comunità hanno bisogno di professionisti pronti a cogliere i bisogni di salute, investire nella prevenzione, facilitare i percorsi. Gli infermieri sono pronti a prendersi cura degli anziani nelle loro case. Sono pronti a fare educazione sanitaria negli istituti scolastici. Hanno studiato per questo.
Una priorità per la professione?
ll Sistema sanitario nazionale ha la fortuna di avere professionisti capaci e motivati: è tempo di valorizzare gli infermieri, anche economicamente, viste le crescenti responsabilità e competenze. Serve un nuovo contratto (sia nel pubblico che nel privato), oltre ai bonus per la pandemia, in grado di valorizzare le peculiarità della professione infermieristica e il percorso clinico, formativo ed organizzativo. Occorre garantire nelle nostre strutture un rapporto infermiere-paziente che garantisca sicurezza delle cure e qualità di assistenza (1 infermiere ogni 6 pazienti nelle degenze, 1 ogni 4 in area pediatrica e 1 ogni 2 nelle terapie intensive o in base alla complessità assistenziale). Il Paese sta raccogliendo i frutti di anni di sacrifici e determinazione. È tempo di fare un balzo in avanti, tutti insieme, verso il futuro.
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