Il presidente Anelli esprime l’amarezza della Federazione nazionale degli Ordini dei medici per quello che definisce un nuovo “pasticciaccio”.
“Siamo sconcertati per il susseguirsi di decisioni contrastanti sulla possibilità per i figli dei medici, degli odontoiatri e dei sanitari in genere di poter frequentare la scuola in presenza. Avevamo chiesto, per l’8 marzo, un cambio di passo nelle organizzazioni sociali, che consentisse alle professioniste e ai professionisti di conciliare la vita lavorativa con quella familiare. Proprio oggi (ieri, ndr), invece, i nostri figli trovano chiuse, in molte regioni, e senza preavviso, le porte dei loro istituti scolastici”. Così il presidente Filippo Anelli esprime l’amarezza della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo) per quello che definisce il nuovo “pasticciaccio” riguardante la scuola.
La questione è ormai nota: sinora, anche nelle zone rosse, i figli dei professionisti sanitari facevano parte delle categorie esentate dalla didattica a distanza. A stabilirlo, il Piano Scuola 2020-2021. L’obiettivo era quello di dar modo ai genitori di non doversi assentare dal lavoro, essendo la loro professione essenziale in periodo di pandemia. Il 4 marzo una circolare del ministero dell’Istruzione a presidi e dirigenti scolastici regionali, riprendendo quanto stabilito dal Dpcm del 2 marzo, firmato dal premier Mario Draghi e in vigore dal 6 marzo al 6 aprile, specificava le modalità della didattica a distanza e le sue deroghe. Tra queste veniva confermata quella per i figli del personale sanitario, “salvo ovviamente diversa disposizione delle ordinanze regionali o diverso avviso delle competenti strutture delle Regioni”.
Domenica, il dietrofront: una nuova circolare del ministero dell’Istruzione chiariva che nelle zone rosse (o arancione rafforzato) sono “sospese le attività dei servizi educativi dell’infanzia di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, e le attività scolastiche e didattiche delle scuole di ogni ordine e grado si svolgono esclusivamente con modalità a distanza”. E che, alla regola, ci sono solo tre eccezioni: l’uso di laboratori, alunni disabili, studenti con bisogni educativi speciali. Nessuna menzione per i figli dei sanitari. Tanto che alcune Regioni, in primis la Lombardia e il Piemonte, hanno già emanato circolari che li escludono esplicitamente dalla possibilità di usufruire della didattica in presenza.
“Chiediamo ai decisori – tuona Anelli – di ripristinare subito la deroga per i figli dei medici e degli odontoiatri, siano essi dipendenti, convenzionati, liberi professionisti. È un giusto riconoscimento del ruolo che, tutti in egual misura, ricoprono nella gestione della pandemia. Una società matura non deve scegliere quali diritti garantire, ma deve erogarli tutti in maniera completa ed efficace. La scuola deve accogliere i figli dei sanitari, dando modo ai genitori di continuare a svolgere la loro professione con serenità”.
Redazione Nurse Times
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