Da molti è percepito più come un gioco che come uno sport, ma occhio agli infortuni. Dall’ortopedico e traumatologo Andrea Grasso qualche dritta su come prevenirli e curarli.
“Epicondiliti, borsiti, tendiniti. Sono sempre di più i casi di persone che presentano questi tipi di problematiche a seguito di un approccio scorretto al padel, lo sport del momento”. A dirlo è Andrea Grasso, ortopedico e traumatologo che con Consulcesi Club si occupa di formazione Ecm per medici e operatori sanitari su una molteplicità di patologie che riguardano muscoli e articolazioni. E che avverte: “Contro i traumi in aumento, serve più prevenzione e preparazione fisica”.
Nato a partire dagli anni 70 in Messico, il padel (o paddle) sta oggi dilagando con sorprendente rapidità anche in Italia, raggiungendo numeri da capogiro. Basti pensare che nel 2019 i tesserati alla Fit erano poco meno di 6mila mentre nel 2021 la Federazione ne contava già oltre 55mila. I proprietari di strutture sportive non hanno tardato a favorire e rispondere ai nuovi desideri degli italiani: gli ultimi dati riportati da Sanità Informazione parlano del +155% campi da padel in più solo nell’arco di un anno (2020-2021), che sono passati da 1.832 a 4.669, sparsi da Nord a Sud della penisola.
“Il suo successo risiede probabilmente nel fatto che sia considerato molto più come un ‘gioco’ piuttosto che uno sport, come può essere percepito invece il tennis, più impegnativo dal punto di vista fisico e mentale”, riflette il dottore. Giocato in un campo più piccolo rispetto al suo progenitore, il peculiare sport di coppia attira persone di qualunque età ma con una maggiore prevalenza nella fascia 30-55 anni e, come racconta ancora il medico, “anche persone che non hanno mai fatto nulla di particolare, né una base di tennis né soprattutto una base di rinforzo muscolare, o esercizi volti a una corretta biomeccanica dei gesti”.
“Rispetto al tennis, dove la maggior parte dei colpi avviene dal basso, sotto i 90 gradi, quindi sotto la spalla che così viene sfruttata relativamente, nel padel si va spesso con mano e braccia al di sopra dell’altezza della spalla, esponendo così tendini e legamenti di questa a sovraccarichi importanti”, spiega l’ortopedico. Si va dalle infiammazioni dei tendini e della borsa subacromiale, al cosiddetto ‘gomito del tennista’ (epicondilite) fino ai traumi distorsivi di caviglia e ginocchia, causati dai cambi di direzione repentini e brevi che lo sport richiede nel ridotto campo sintetico.
“E devo dire – aggiunge Grasso – nella popolazione più adulta, quindi gli over 50, stiamo assistendo a parecchie rotture e lesioni del tendine di Achille, oltre a strappi e lesioni muscolari del polpaccio”. Come conferma anche l’esperienza dell’ortopedico, negli ultimi anni i casi di epicondilite nel tennista si sono ridotti drasticamente, “anche grazie a un miglioramento degli strumenti come la racchetta, allo studio del problema e ai cambiamenti apportati alla preparazione degli sportivi”. Nel padel, invece, rimane una delle patologie più diffuse, “anche a seguito dell’utilizzo di una racchetta senza corde e con una superficie ridotta”.
Prosegue Grasso: “In caso di dolori, soprattutto se legati a patologie da sovraccarico e ripetitività piuttosto che di origine traumatologica, i giocatori di padel spesso non vogliono fermarsi per fare, si fa per dire, dieci sedute di fisioterapia, scegliendo invece di ricorrere esclusivamente a infiltrazioni di cortisone o di acido ialuronico, terapie che hanno un effetto antinfiammatorio, ma che non risolvono il problema nel lungo termine. Trattare il dolore è necessario, ma bisogna arrivare a capirne le cause e agire su queste per evitare che il problema si ripresenti”.
E ancora: “Sebbene non sia contro l’utilizzo di infiltrazioni, e anzi per ginocchia e caviglie vi faccia spesso ricorso, nel caso specifico delle epicondiliti, cosi come per le artrosi, personalmente ritengo più adatte quelle a base di Prp”. Una tecnica che lo stesso Grasso approfondisce ulteriormente nel corso dal titolo “Artrosi: il Prp come alternativa terapeutica”.
Quella delle infiltrazioni è una tecnica presente nella medicina italiana ormai da anni, ma che necessita di una mano esperta e competente perché, come spiega il dottore, “se per errore ad esempio, si immettesse l’acido ialuronico ad alta densità nel corpo di Hoffa del ginocchio o nella membrana sinoviale, il paziente avrebbe una reazione infiammatoria importante e dolore per almeno un mese”. È fondamentale dunque sapere dove fare le infiltrazioni, “ma anche curare la causa e ancor prima lavorare sulla prevenzione”, dedicandosi ad esercizi per migliorare la reattività e l’elasticizzazione.
Raccomanda infine l’esperto: “Agli sportivi dico di fare sempre stretching prima e dopo una partita, e di lavorare per la stabilizzazione muscolare. Ai professionisti raccomando il continuo aggiornamento sulle tecniche infiltrative e sui medicinali coinvolti”.
Redazione Nurse Times
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