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Il paziente cardiopatico cronico e la qualità di vita: come valutarla?

La qualità della vita ha indicato fin dalle origini della storia umana lo stato di benessere materiale e personale di ciascun individuo.

La qualità della vita ha indicato fin dalle origini della storia umana lo stato di benessere materiale e personale di ciascun individuo sebbene col tempo tale concetto si sia gradualmente evoluto: allo stato attuale la medicina definisce con tale termine non solo i parametri fisici oggettivi ma anche lo stato del paziente e la sua sopravvivenza correlati all’applicazione di nuove tecnologie diagnostico-terapeutiche e ad un’assistenza multidisciplinare incentrata sui bisogni della persona presa in carico.

Nella valutazione infermieristica, infatti, la qualità della vita rappresenta senza dubbio uno strumento capace di approfondire e delineare la comunicazione terapeutica con l’assistito soprattutto se affetto da patologie croniche.

Nell’ambito delle patologie croniche che conducono alla disabilità le cardiopatie si classificano al terzo posto oltre ad essere la prima causa di morte nei pazienti anziani e quelle che più colpiscono la popolazione mondiale sono la cardiopatia ischemica, la cardiopatia ipertensiva e le valvulopatie tra cui la stenosi valvolare aortica e l’insufficienza valvolare mitralica.

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La sintomatologia e le caratteristiche che si presentano in relazione a queste patologie croniche – dalla dispnea, dall’astenia fino alla sincope e all’angina – alterano e compromettono la qualità della vita della persona colpita causando anche la morte se non adeguatamente trattata con adeguate ed innovative metodiche in aggiunta a quelle tradizionali come il MITRACLIP (posizionamento di una clip senza sternotomia), l’angioplastica percutanea e la TAVI (impianto valvolare aortico transcatetere) che hanno determinato un significativo miglioramento della percezione della qualità della vita.

Comunque, la presa in carico del paziente si realizza anche attraverso una costante integrazione di supporti multifocali da parte delle strutture dedicate al follow up per una sempre più efficace gestione della prevenzione e della cura della patologia.

Un prezioso strumento per la valutazione della qualità della vita del paziente cardiopatico cronico è rappresentato dall’European Quality of Life; introdotto per la prima volta nel 1990 da un gruppo di studiosi nord-europei, esso misura lo stato di salute e la qualità della vita attraverso un semplice questionario diviso in due parti: nella prima parte sono presenti 5 items – mobilità, cura di sè, attività usuali, dolore/disagio, ansia/depressione – per i quali l’assistito sceglie il proprio livello di gravità, mentre nella seconda parte in una scala visual-analogica graduata da 0 a 100 – 0 rappresenta lo stato di salute peggiore possibile e 100 lo stato di salute migliore possibile -.

Alla fine del questionario verrà indicato il livello di salute del paziente e un algoritmo consentirà poi di ottenere il calcolo del punteggio finale che si basa sull’attribuzione dei pesi per ciascuna risposta delle due parti e che corrisponde alla qualità della vita della persona.

E’ opportuno a questo punto analizzare alcuni risultati riscontrati dall’European Quality of Life già noti.

Si evidenzia in primis che la presenza di polimorbidità limita la mobilità e le attività di vita quotidiana e che il sesso femminile ha una maggiore longevità rispetto al sesso maschile grazie al ruolo protettivo degli estrogeni che, però, viene a mancare nella menopausa con un conseguente aumento del rischio cardiovascolare nel momento in cui la donna si trova maggiormente esposta ad altre patologie quali il diabete, l’osteoporosi, l’osteoartrite che si traducono in una condizione di stress e di debilitazione a cui si sommano gli incrementi di dolore, ansia, riduzione della mobilità e della cura di sè con una peggiore qualità della vita.

Come ridurre e prevenire gli indici e i fattori di rischio? La risposta è semplice: le migliori strategie preventive efficaci per intervenire su un paziente cardiopatico cronico sono caratterizzate in primo luogo dalla riduzione dei valori della colesterolemia < 200 mg/dl e una limitazione dell’introduzione del cloruro di sodio < 5 g/die, l’eliminazione del fumo di sigaretta e un aumento dell’attività fisica, mentre in secondo luogo la rimozione e la riduzione dei fattori di rischio già instaurati possono potenziare e ottimizzare gli interventi educativi impostati.

Sembra in conclusione evidente che l’assistenza infermieristica implementata attraverso una valutazione sulla funzionalità fisica, psicologica, sociale e in special modo sulla qualità della vita garantisce attraverso mirati e specifici piani di assistenza per il paziente cardiopatico cronico una migliore gestione della persona presa in carico.

Anna Arnone

Fonti:

Smelterz S.C., Bare B.G., Hinkle J.L., Cheever K.H., Brunner – Suddarth Infermieristica medico-chirurgica vol.1 (4 ed.), Milano: Casa Editrice Ambrosiana, 2010
www.euroqol.org
www.ncbi.nlm.nih.gov

Redazione Nurse Times

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