Utilizzo improprio dei social da parte di un medico anestesista rianimatore in guardia attiva. Quali rischi per i cittadini?

In questo articolo elenchiamo una serie di comportamenti messi in atto dalla dottoressa in questione che richiedono un'attenta valutazione disciplinare da parte dell’Ordine dei Medici di Venezia che pare abbia già aperto un fascicolo nei suoi confronti, della FNOMCEO che dovrebbe vigilare sull’immagine dei propri iscritti, e in ultimo, ma non per importanza, del direttore generale della Asl dell'azienda sanitaria per i rischi a cui andrebbero incontro i cittadini viste le continue “distrazioni” e impiego improprio del tempo di lavoro della dottoressa

Rubare il tempo al proprio lavoro per pubblicare video, post, lunghi pensieri su Instagram, Facebook, WhatsApp o per guardare video su YouTube non fa sicuramente parte delle skill di un buon dipendente, soprattutto se si tratta di una professione delicata come quella di un medico.

Parliamo nella fattispecie di un medico, specializzata in anestesia che durante il suo orario di servizio di guardia attiva come anestesista rianimatori presso un’azienda sanitaria del nord Italia (non sveliamo di quale struttura si tratta) smette di prestare la sua attenzione al proprio lavoro per rincorrere attraverso il proprio profilo Facebook la sua ossessiva persecuzione nei confronti di altre professioni sanitarie, in particolare quella infermieristica.

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Parliamo ancora una volta della dottoressa Barbara Balanzoni.

Ricorderete le sue vicende legate alla AULSS 5 Polesana, ampiamente riprese nel nostro precedente articolo con l’epilogo delle sue dimissioni.

La dottoressa ha successivamente prestato servizio in guardia attiva sabato 5 e domenica 6 ottobre u.s. Come anestesista rianimatore di un’azienda sanitaria pubblica del nord Italia, con un contratto da “gettonista” quindi con una paga oraria decisamente superiore rispetto ai normali compensi.

Nelle due giornate lavorative la dottoressa pubblica sul proprio profilo Facebook (pubblico quindi accessibile a tutti) una ottantina di post, tra cui commenti, video (in cui appare perfino in divisa) della durata di diversi minuti, tutti con un unico obiettivo: colpire gli infermieri o chi secondo il suo punto di vista “collabora” con loro.

La vittima designata è l’assessore alla salute dell’Emilia Romagna, dott. Sergio Venturi, reo di aver aperto le strette maglie della propria “pseudo infungibilità professionale” il cui epilogo deve essere ancora scritto nelle pagine finali.

A margine di un convegno dell’Organizzazione Sindacale FIALS ripreso in diretta streaming (VEDI) vengono sottolineate e maldestramente interpretate con sapiente estrapolazione dal contesto di riferimento, alcune parole di Sergio Venturi che auspica una maggiore apertura della classe medica alle ampliate e acquisite capacità e competenze professionali degli Infermieri.

L’assessore Venturi, radiato dall’Ordine di Bologna perché accusato di “collaborazionismo” con gli infermieri per aver promosso i protocolli avanzati nel servizio di emergenza territoriale 118, utili a salvare la vita dei cittadini, come dimostrano i risultati.

Una decisione che ha scatenato un movimento anti infermieristico e che ha provocato una profonda spaccatura nella comunità medica, oggi profondamente in crisi.

Ma veniamo agli aspetti legali che interessano la dipendente “gettonista” Barbara Balanzoni.

Cosa si rischia per pochi minuti di distrazione?

Distrarsi per sbirciare il messaggino apparso sullo smartphone non potrà mai essere un comportamento punibile se l’episodio è isolato e si consuma in pochi secondi. Viceversa, chi ha l’abitudine a distrarsi con cadenza diversa, quasi maniacale, come descritto poc’anzi, può subire una sanzione disciplinare tanto più grave quanto maggiore è il tempo sottratto al proprio lavoro.

Sono diverse le condanne e i ricorsi persi in Cassazione contro il licenziamento. Ad esempio quello di una dipendente che per aver effettuato 4.500 accessi a Facebook nell’arco di un anno e mezzo è stata licenziata. Ma non basta stare attenti all’orologio: anche un solo secondo potrebbe essere fatale per chi usa i social per denigrare l’azienda dove lavora oppure per diffamare i colleghi generando nell’ambiente di lavoro un clima di tensione.

In questo articolo elenchiamo una serie di comportamenti messi in atto dalla dottoressa in questione che richiedono un’attenta valutazione disciplinare da parte dell’Ordine dei Medici di Venezia che pare abbia già aperto un fascicolo nei suoi confronti, della FNOMCEO che dovrebbe vigilare sull’immagine dei propri iscritti, e in ultimo, ma non per importanza, del direttore generale della Asl dell’azienda sanitaria per i rischi a cui andrebbero incontro i cittadini viste le continue “distrazioni” e impiego improprio del tempo di lavoro della dottoressa.

A tal proposito richiamiamo l’art. 11, comma 2 e art. 12 comma 6 e 8 del “Codice di comportamento e di tutela della dignità e dell’etica dei dirigenti e dei dipendenti della PCM”.

Art. 11 – Comportamento nei rapporti privati

Comma 2. Il dipendente non assume condotte che possano nuocere all’immagine dell’Amministrazione.

Art. 12 – Comportamento in servizio

Comma 6. Fermo restando quanto stabilito dal comma 3 dell’art. 13, al dipendente è fatto divieto di diffondere e pubblicare, anche tramite social network, notizie ed informazioni di cui sia a conoscenza per ragione del proprio ufficio. Ugualmente, si astiene da pubblicare su siti leggibili da più persone, nel rispetto della libertà del diritto di corrispondenza, dichiarazioni offensive nei confronti dell’amministrazione, dei colleghi e collaboratori.

Comma 8. Il dipendente deve tenere nei luoghi di lavoro un comportamento decoroso e consono alla funzione svolta e all’immagine dell’Amministrazione.

Pertanto invieremo una segnalazione agli organi competenti.

Questa una parte dei post pubblicati.

Redazione Nurse Times

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Codice di comportamento e di tutela della dignità e dell’etica dei dirigenti e dei dipendenti della PCM

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