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Sempre meno infermieri in corsia: debutta la figura del Vigilante socio-sanitario dal 2023 in Spagna

Che nessuno voglia più fare l’infermiere pare essere ormai un dato di fatto in ogni parte del mondo. Per questo motivo in Italia e all’estero si cercano soluzione alternative per sopperire alla cronica e sempre più grave carenza di personale nelle corsie e nelle case di riposo.

Fallito il tentativo di alcune regioni italiane di iperspecializzare gli operatori sociosanitari, consentendo loro si svolgere molte attività esclusive degli infermieri, ora le aziende pubbliche e private cercano disperatamente camici bianchi da “importare” in italiano da ogni parte del mondo.

Non se la passano meglio i professionisti spagnoli, anch’essi costretti a convivere con gravi problemi di gestione dei turni a causa della carenza di sanitari.
Per questo motivo è stata istituita la figura del “Vigilante sull’assistenza socio-sanitaria per la promozione della autonomia personale” degli anziani. 
Numerosi sindacati ed unioni infermieristiche spagnoli si sono opposte a tale decisione, tra le quali il Satse, che sottolinea come le spiegazioni fornite di recente dal Segretario Generale per la Formazione Professionale del Ministero dell’Istruzione, Clara Sanz, non mostrano, in alcun modo, le vere conseguenze e ripercussioni di una qualifica che ha generato un unanime rifiuto da parte della professione infermieristica del nostro Paese per aver compreso che “danneggia e mette a rischio le attenzioni e le cure” che i quasi 400.000 devono accogliere gli anziani che risiedono nei centri socio-sanitari. 
Una qualifica che, secondo l’organizzazione sindacale, andrà a costituire la maggior parte del campo di conoscenza di un titolo successivo che è già stato progettato con il nome di Tecnico Superiore in Gestione dei Servizi nei Centri Gerontologici e che è destinato ad essere lanciato nel corso 2022- 2023, davanti al quale Satse ha presentato denunce in fase di consultazione pubblica.

Rifiuto dell’Infermieristica al nuovo PQ socio-sanitario

In primo luogo, il sindacato sottolinea che non è vero che questa nuova qualifica nasca solo da una richiesta avanzata dai “settori coinvolti” , come affermato dal Ministero dell’Istruzione, ma piuttosto che nasca da una proposta non di legge (PNL) che promuove il PSOE , il partito di maggioranza al Governo, con l’obiettivo, a giudizio di SATSE, di avvantaggiare i datori di lavoro del settore delle residenze per anziani nel nostro Paese abbassando i costi delle cure in tale ambito. 

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A tal proposito Satse ricorda che il Ministero dell’Istruzione ha dato “carta bianca” all’associazione dei datori di lavoro che gestisce la maggior parte delle residenze per anziani nel nostro Paese affinché essi  “assumere lavoratori meno qualificati a costi inferiori” e che essi “non sono in grado di garantire cure e attenzioni sicure e di qualità”. Una realtà che contraddice anche le affermazioni del segretario generale secondo cui la sua priorità è fornire “il miglior servizio e cura” agli anziani, aggiunge. 

Parimenti, l’Unione mette in discussione affermazioni del segretario generale, come ad esempio che tale qualifica non interferisce “per nulla” con le competenze di infermieri e infermieri o che non ha carattere sanitario, perché una breve analisi del testo approvato dal Il governo dimostra e giustamente accredita il contrario,  cioè, oltre alla normativa fondamentale e specifica in ambito socio-sanitario. 

“Dalla Salute tirano fuori le palle nel rendersi conto che è una questione che ha sollevato l’intera professione infermieristica”

In tal senso, si chiede anche come questa nuova figura professionale intende promuovere strumenti di coordinamento e gestione socio-sanitaria, presidiare le risorse organizzative, gestire i sistemi informativi o vigilare sull’andamento delle cure erogate, come auspicato dal Ministero dell’Istruzione, quando inoltrenon ricevono una formazione sanitaria di alcun tipoche possa tutelarli per un intervento minimo di assistenza e cura? “Secondo quanto dicono la nuova norma e il Ministero, tutto è incoerente, incongruo e poco, se non irrealistico”, aggiunge. 

Da Satse si sottolinea che è assolutamente incomprensibile che un titolo di Formazione Professionale che richiederà solo 600 ore di insegnamento , di cui solo una minima parte è relativa ad aspetti sanitari, possa sovrintendere e coordinare l’attività di assistenza e cura degli operatori sanitari che hanno un diploma universitario dopo quattro anni di tirocinio, nel caso di infermiere generalista, e sei anni, se specialista in Geriatria. 


I lavori legati alla  nuova formazione professionale socio-sanitaria

D’altra parte, l’Unione afferma che se il Ministero dell’Istruzione fosse stato davvero interessato ad avere il parere e le proposte delle categorie professionali interessate, avrebbe svolto l’intero iter amministrativo in modo più trasparente e partecipativo invece di farlo in modo così contorto, sovrapponendo termini tra partecipazione pubblica in merito al titolo e al titolo e inquadrandoli in una famiglia di “servizi socioculturali e di Comunità” che nulla ha a che vedere con il servizio che intende fornire, evitando in ogni momento riferimenti all’assistenza sanitaria contemplata dalla formazione. 

Un altro aspetto che Satse considera incongruo e privo di logica è che il segretario generale del Ministero dell’Istruzione afferma che l’idea di creare posti di lavoro legati a questa qualifica non viene nemmeno sollevata , cosa che cade di suo stesso peso quando si fa finta di “Indossare il mercato” a breve una qualifica di formazione professionale per un tecnico di livello superiore che lo includa. “La domanda, quindi, è ovvia, perché vogliono crearlo allora, a meno che non abbiano un interesse nascosto di cui al momento non siamo pubblicamente a conoscenza”, sottolineano. 

“La qualifica nasce da una PNL promossa dal PSOE con l’obiettivo di avvantaggiare i datori di lavoro del settore”

Ritiene inoltre “poche responsabilità” le affermazioni in cui il Ministero dell’Istruzione prende le distanze dal grave problema della mancanza di infermieri nei centri socio-sanitari, affermando che il suo Ministero non è responsabile, quando fa parte di un Governo che dovrebbe dare un risposta unica e coordinata per porre fine a questa “sfortunata” situazione , come è stato raccomandato da diversi forum di esperti, tra cui l’Ombudsman, invece di promuovere una nuova figura che avrà un impatto negativo sullo sviluppo professionale e occupazionale di questo gruppo. 

L’Unione Infermieristica, inoltre, non comprende che, da un lato, il Ministero dell’Istruzione e della Formazione Professionale assicura che il Ministero della Salute abbia emesso una relazione su questa figura professionale in cui si dichiarava “completamente d’accordo” e, quando richiesto Su questo tema in maniera reiterata, il ministro della Salute non chiarisce se questo fosse il caso e insiste sul fatto che si tratta di una questione che spetta al ministero dell’Istruzione. “Ci dà l’impressione che la salute stia ora cercando di tirare fuori le palle quando si rende conto che si tratta di un problema che ha sollevato, e giustamente, l’intera professione infermieristica”, aggiunge. 

Dott. Simone Gussoni

Dott. Simone Gussoni

Il dott. Simone Gussoni è infermiere esperto in farmacovigilanza ed educazione sanitaria dal 2006. Autore del libro "Il Nursing Narrativo, nuovo approccio al paziente oncologico. Una testimonianza".

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