L’appello dei cardiologi agli organi regolatori affinché sblocchino la situazione.
L’Italia è troppo indietro nelle cure dello scompenso cardiaco, una patologia che nel nostro Paese colpisce oltre un milione di persone ed è in crescente aumento, con una prevalenza del 2% sulla popolazione adulta. Purtroppo è ancora fermo al palo un nuovo farmaco che abbatte ricoveri e mortalità, e serve migliorare subito anche l’accesso alle terapie già disponibili. Così sarebbero infatti evitabili fino a 40mila morti ogni anno.
I cardiologi rivolgono un appello alle autorità regolatorie nazionali per facilitare l’utilizzo delle terapie già approvate e disponibili contro lo scompenso e accelerare l’approvazione dei farmaci antidiabetici, per i quali l’Ema (l’Agenzia europea per i medicinali) ha già autorizzato l’uso in pazienti con scompenso, ma la cui nuova indicazione terapeutica non è stata ancora recepita dall’Italia.
Negli over 65 lo scompenso cardiaco è la prima causa di ricovero, e nelle forme gravi ha una mortalità del 20%. Con l’uso adeguato delle terapie più innovative si potrebbero evitare ogni anno migliaia di decessi. A ribadirlo sono affermano gli esperti della Società italiana di cardiologia (Sic), che hanno appena firmato un documento congiunto con l’Heart Failure Association Società europea di cardiologia (Esc) per sottolineare l’importanza di implementare al più presto l’utilizzo di tutte le terapie riconosciute e approvate.
“Sacubitril/valsartan e glifozine sono capaci di ridurre la mortalità di oltre il 20% e le ospedalizzazioni del 30%
Aggiunge Giuseppe Rosano, presidente eletto Heart Failure Association della Società europea di cardiologia: “Le glifozine rappresentano attualmente la più rilevante innovazione terapeutica nel campo della patologia di disfunzione cardiaca e renale. Il ritardo nel recepimento italiano della nuova classe di farmaci per lo scompenso e il mantenimento di piani terapeutici che limitano l’accesso alle terapie innovative riduce significativamente la possibilità di allungare la sopravvivenza e migliorare la qualità di vita dei pazienti, oltre a impedire una diminuzione dei costi sanitari. E’ stato infatti dimostrato che la piena implementazione della terapia farmacologica con tutti i farmaci che modificano la prognosi nei pazienti con scompenso cardiaco può ridurre di oltre il 65% la mortalità e i ricoveri rispetto alle terapie convenzionali”.
Redazione Nurse Times
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