INTRODUZIONE
La tracheotomia è considerata una tecnica di estrema importanza per l’assistenza ventilatoria in campo rianimatorio, soprattutto nei pazienti che presentano quadri di insufficienza respiratoria di lunga durata. Negli ultimi anni il ricorso a nuove tecniche percutanee, dilatative e non, ha permesso di allargare le indicazioni, estendo la procedura ad un numero sempre maggiore di pazienti in area critica (Quintel et al, 2000), per tale motivo l’assistenza infermieristica basata su prove di efficacia al paziente portatore di cannula tracheale è diventato requisito fondamentale del bagaglio culturale ed esperienziale per tutti quei professionisti della salute operanti nelle diverse realtà assistenziali.
Per la corretta gestione della tracheostomia si ritiene estremamente importante per tutto lo staff multidisciplinare, non solo la precisa conoscenza del presidio o della fisiopatologia del tratto laringo-tracheale, ma anche delle esatte indicazioni che hanno portato alla tracheotomia, delle possibili complicanze post operatorie legate o meno alla presenza della cannula tracheale e del modo di affrontarle correttamente, anche in funzione della patologia di base del paziente. La letteratura scientifica afferma che è vitale che gli infermieri conoscano quale sia la migliore cura per il paziente tracheostomizzato perché inappropriate o inadeguate cure possono essere associate all’aumento della mortalità e morbosità (St John, 2004). Per questo motivo ci siamo posti l’obiettivo, attraverso un’analisi attenta delle più recenti evidenze scientifiche, di scrivere un articolo nel quale vi siano descritte tutte le attività essenziali ed efficaci per un’assistenza ottimale al paziente tracheostomizzato.
Alcuni autori affermano che nella gestione del paziente tracheotomizzato vi sono tre macro-obiettivi generali ( Lentini et al, 2014).
Il primo, più impellente, è quello della corretta gestione della tracheocannula. La letteratura scientifica a tal proposito afferma che la messa in atto di comportamenti corretti porta non solo ad una riduzione della morbidità correlata a questa condizione ma anche a prevenire possibili complicanze anche severe.
Il secondo obiettivo è quello di garantire un efficace supporto psicologico; il paziente, infatti, nella maggior parte dei casi si dimostra agli operatori sanitari, e alla società al momento della dimissione, con oggettive difficoltà nella comunicazione che ne accentuano ansietà e depressione.
Il terzo obiettivo è l’educazione del paziente stesso e dei caregivers alla gestione quotidiana del tracheostoma. La tracheotomia comporta alcuni cambiamenti nelle abitudini di vita quotidiana e richiede una serie di procedure gestionali da eseguirsi con regolarità e metodo. La corretta educazione migliora la tendenza all’autonomia e riduce la tendenza all’ospedalizzazione.
La trachea è un condotto fibrocartilagineo obliquo medialmente, in basso ed indietro, costituito da 15 – 20 anelli cartilaginei. Essa inizia al bordo inferiore della cartilagine cricoide e termina nel torace dividendosi nei due bronchi principali. La trachea è abbracciata lateralmente ed in alto dai lobi tiroidei che le aderiscono strettamente con la loro faccia mediale. La lunghezza media della trachea è di 12 cm nell’uomo e di 11 cm nella donna. La trachea è un organo molto mobile sia sul piano orizzontale che sul piano verticale. È elastica ed estensibile e segue i movimenti meccanici degli organi confinanti durante la deglutizione e la fonazione.
La fissità della trachea è garantita dalla sua continuità: in alto con la laringe; in basso con i bronchi principali e i peduncoli polmonari; posteriormente con il piano esofageo e vertebrale.
Gli anelli cartilaginei determinano la forma ed il calibro del lume tracheale che varia con l’età ed il sesso; da questo deriva la necessità di avere delle cannule tracheostomiche di diverse dimensioni. Il diametro tracheale medio è tra 16 ai 18 mm. nell’adulto. La lunghezza e il diametro della trachea, aumentano durante l’inspirazione e si riducono durante l’espirazione.
a) La funzione aerea: la trachea non è un condotto inerte; per la sua struttura fibroelastica e la sua localizzazione cervicotoracica, è l’unica via di passaggio dell’aria verso gli alveoli polmonari. La trachea non può comunque essere paragonata a un tubo rigido: la composizione della sua parete la rende distendibile e comprimibile. Con i bronchi e la gabbia toracica essa compone il sistema respiratorio “passivo” che subisce però l’influenza delle variazioni di pressione prodotte dal sistema respiratorio “attivo” (muscoli respiratori) durante il ciclo respiratorio.
b) La funzione di difesa attiva verso le particelle inalate: durante la normale ventilazione, materiale nocivo può depositarsi sulla superficie mucosa delle vie aeree o penetrare in profondità nel tratto respiratorio inferiore. Le particelle inalate o aspirate Incontrano un sistema di difesa creato per prevenire eventuali danni o infezioni. La trachea partecipa attivamente a tale sistema di difesa attraverso due meccanismi: quello meccanico e quello immunologico:
Oltre ad avere una funzione olfattoria, provvede a riscaldare l’aria inspirata, ad inumidirla ed a trattenere il pulviscolo atmosferico grazie alla sua mucosa ciliare. Il passaggio dell’aria nelle vie respiratorie alte permette, oltre a sentire odori e gusti anche di percepire le varie strutture come guance, lingua, palato e la presenza di saliva per via del contrasto che viene a crearsi attraverso il flusso d’aria. La presenza di una tracheotomia può escludere il passaggio d’aria nelle vie respiratorie alte, compromettendo la sensibilità e la percezione in questo tratto. Inoltre i polmoni riceveranno aria non filtrata, non riscaldata e non umidificata.
La cavità interna ha la forma di una clessidra ristretta in corrispondenza di due paia di corde vocali; le superiori o false corde vocali e le inferiori o corde vocali vere, alla cui vibrazione si deve l’emissione dei suoni. Durante la fonazione, si verificano importanti modificazioni nel funzionamento dell’apparato respiratorio:
Durante la deglutizione la trachea e la laringe si muovono verso l’alto, l’epiglottide copre come un coperchio l’apertura superiore della laringe, le corde vocali si chiudono e la respirazione si ferma. In questo modo si favorisce il passaggio di cibi e liquidi nell’esofago, impedendo il passaggio di alimenti in trachea. La cannula tracheostomica è sempre un ostacolo alla deglutizione perché impedisce l’escursione craniale e anteriore del cono laringeo (quindi l’elevazione della laringe è compromessa) e l’apertura dello sfintere esofageo superiore. Si parla di “broncoaspirazione” qualora cibi e liquidi oltrepassano le corde vocali e si parla invece di “penetrazione” qualora resti di cibi e liquidi rimangono al di sopra delle corde vocali.
La tracheotomia rappresenta probabilmente la metodica di accesso alle vie respiratorie di più antica realizzazione, ma ancora oggi, insieme o in alternanza all’intubazione tracheale, costituisce la tecnica di scelta per consentire una ventilazione polmonare ottimale, sia in respirazione spontanea, sia in assistenza respiratoria (Gentili et al, 1993). Rispetto alle tecniche chirurgiche tradizionali, le metodiche percutanee attualmente adottate garantiscono notevoli vantaggi in ambito intensivologico, con riduzione dei tempi di esecuzione, diminuzione dell’infezione dello stoma e del tasso di infezioni , nonché miglior risultato estetico dopo il decannulamento, aspetto da non sottovalutare in un ottica di recupero del livello di soddisfazione del paziente (Petrini et al, 2005).
Nava et al. (2002) definisce la tracheotomia una procedura chirurgica eseguita in anestesia locale o generale finalizzata a posizionare in trachea, a livello dei primi anelli tracheali, una cannula che permetta una ventilazione, assistita o spontanea, prolungata, garantendo una comunicazione diretta tra le vie aree inferiori e l’ambiente.
Prima di eseguire la tracheostomia vanno valutati i fattori della coagulazione: valori alterati possono essere una controindicazione all’intervento.
La tracheostomia è la creazione di un’apertura permanente della trachea, tramite abboccamento della breccia tracheale alla cute degli anelli tracheali (mediante sutura), con conseguente contatto diretto con l’ambiente esterno. Anche senza presenza di una cannula l’apertura rimane pervia. La tracheostomia può essere una condizione temporanea o permanente come per esempio in caso di laringectomia oppure in caso di dismorfismi gravi delle vie aeree superiori, in pazienti obesi o con alterazioni neurologiche, in caso di broncopneumopatia cronica ostruttiva oppure dilesioni spinali.
La sede ottimale di apertura tracheale è sita tra il 2° e 4° anello tracheale: è comunque evidente che si può e si deve derogare da questa indicazione in caso di situazioni anatomiche e/o patologiche particolari.
La realizzazione della tracheotomia può essere effettuata in situazioni di emergenza oppure, in elezione in pazienti già intubati. Una tracheotomia d’emergenza è necessaria quando il paziente, affetto da insufficienza respiratoria acuta, risulti di impossibile intubazione e non sia possibile accedere in alcun altro modo alle prime vie aeree. Tuttavia, la procedura eseguita in urgenza è gravata da complicanze serie e frequenti se non eseguita in un ambiente idoneo, ma soprattutto da operatori esperti in grado di minimizzarne i rischi; pertanto in questi casi può essere opportuno ricorrere alla cricotiroidotomia, in modo da raggiungere rapidamente il lume tracheale, minimizzando le complicanze operative (Gentili et al, 2011). La tracheostomia è controindicata in situazioni di emergenza come l’ostruzione delle vie aeree o l’arresto cardiaco perché richiede tempi piuttosto lunghi. In questi casi si preferisce una cricotiroidectomia (Barash, Cullen & Stoelting, 2003).
Per molti anni si è discusso sulla successione intubazione-tracheotomia, e fino a un po’ di tempo fa era opinione comune che la tracheotomia seguisse l’intubazione ad intervalli pressoché regolari (solitamente dopo due – tre settimane di intubazione). Oggi tale concezione è superata, in quanto si tende a dare alla successione intubazione –tracheotomia un significato diverso.
La decisione di procedere alla tracheotomia deve essere fondata non solo sul fattore tempo, ma deve nascere da un’attenta valutazione della condizione ventilatoria del paziente. Nel caso in cui si prevede per il paziente un’assistenza ventilatoria prolungata è utile ricorrere precocemente ad una tracheotomia piuttosto che sottoporre il paziente ai rischi di una intubazione prolungata, quali danni a livello delle fosse nasali, della faringe e delle strutture laringe(Gentili et al, 2011). Inoltre l’intubazione impedisce una corretta deglutizione e determina ristagno di secrezioni a livello ipofaringeo, favorendo l’eventuale insorgenza di processi infettivi a carico delle vie aeree.
L’eventuale deposizione delle secrezioni sul biofilm del tubo endotracheale può diventare fonte di disseminazione degli agenti batterici nel polmone attraverso l’azione del ventilatore e questi elementi sono alla base della polmonite nosocomiale da ventilazione (VAP) (Chastre et al, 2002). L’incidenza di VAP viene stimata tra il 5-50% dei pazienti intubati ed è associata ad una mortalità compresa tra il 13-55% in base all’agente infettante (Koeman , 2001; Chastre , 2002; Pawar , 2003).
Infatti l’esecuzione precoce della tracheotomia faciliterebbe lo svezzamento ventilatorio attraverso la riduzione della sedazione, aumentando i giorni liberi dal ventilatore nei primi 28 giorni e conseguentemente diminuendo l’esposizione agli agenti infettivi che potrebbero generare un’infezione delle vie respiratorie. Tuttavia, nonostante la concordanza tra tutti gli autori nella necessità di procedere ad una tracheotomia precoce nel caso in cui si preveda un’assistenza respiratoria prolungata o permanente, ancora oggi non è ben chiaro quale sia il timing giusto da adottare per tale procedura (Petrini et al, 2005). La letteratura scientifica internazionale consiglia di procedere alla tracheostomia dopo circa una settimana di intubazione oro o naso-tracheale qualora non sussistano motivi clinici per una possibile estubazione (Nava, Baiocchi & Lucchini, 2009).
La Consensus Conference on Artificial Airways in Patients Receiving Mechanical Ventilation del 1989, ancora oggi punto di riferimento, suggerisce di non protrarre il periodo di intubazione oltre i 7 giorni e procedere alla tracheotomia nel momento in cui non è prevista un’estubazione per i primi 21 giorni, decisione che deve essere sempre accompagnata dalla valutazione delle condizioni cliniche del paziente. In una recente metanalisi (Griffiths et al, 2005) è stata valutata la tracheostomia precoce rispetto a quella tardiva in pazienti adulti ricoverati in terapia intensiva ventilati artificialmente. I risultati hanno mostrato che la tracheotomia precoce riduce lievemente la durata della ventilazione meccanica e della permanenza in terapia intensiva, ma le differenze tra tracheotomia precoce e tardiva non sono statisticamente significative e il rischio di polmonite post intervento non cambia.
La tecnica percutanea ha un minore rischio di complicanze post operatorie rispetto alla tecnica chirurgica aperta (7% rispetto al 10%), è più rapida (15 minuti rispetto ai 20 minuti) ed è meno invasiva. Inoltre può essere eseguita al letto del paziente evitando i rischi del trasporto cui sono sottoposti i pazienti instabili ed è meno costosa.
Di contro però con la tecnica percutanea sono più frequenti (10% rispetto al 3%) le complicanze perioperatorie minori come modesto sanguinamento, falsa strada senza sequele. Questi dati provengono da una metanalisi condotta su pazienti ricoverati in terapia intensiva, quindi con rischio di complicanze più elevato. La tendenza attuale è comunque di fare la tracheostomia percutanea anche se ci sono alcune controindicazioni assolute come infiltrazioni settiche o neoplastiche del collo, gravi alterazioni anatomiche. La scelta deve tener conto non solo delle controindicazioni, ma anche dell’esperienza dell’operatore. Tra le diverse tecniche della tracheostomia percutanea, quella di Ciaglia e quella di Fantoni sono le più sicure e più utilizzate.
E’ molto importante mantenere in sede la cannula tracheostomica. Lo spostamento immediato comporta, soprattutto nelle tecniche percutanee, la perdita del controllo delle vie aeree e la difficoltà di riposizionamento attraverso lo stoma, che tende a richiudersi velocemente. In alcune situazioni per fissare la cannula si utilizzano punti di sutura che però sono mal tollerati dal paziente e possono causare infezioni cutanee e sanguinamento.
Se lo stoma sanguina, va eseguita una medicazione compressiva e va considerata l’eventualità di una revisione chirurgica. In caso di enfisema sottocutaneo al collo o di crepitii sottocutanei vicino allo stoma occorre fare un’immediata valutazione radiografica per escludere uno pneumotorace o uno pneumomediastino e la formazione di fistole. Vanno tenute in considerazione eventuali contaminazioni batteriche con produzione di gas nelle zone sottocutanee associate normalmente a cellulite batterica (Nava, 2002; Friedman, 1996; Linea guida per la gestione de paziente con tracheotomia nell’ ambito riabilitativo. Centro di Riabilitazione Brissago. Clinica Hildebrand ).
Le tecniche utilizzate per il confezionamento della tracheostomia sono principalmente due: la tecnica chirurgica classica e la tecnica percutanea.
La tecnica classica viene effettuata in anestesia generale o locale. L’incisione è praticata a livello del secondo o terzo anello tracheale con forma di H o di U rovesciata e prevede l’asportazione di una piccola aerea rotondeggiante di tessuto tracheale.
La seconda tecnica è quella percutanea che comprende:
Le cannule tracheostomiche rispetto ai tubi endotracheali sono più comode per il paziente e consentono la rimozione delle secrezioni e la riduzione più efficace sia dello spazio morto sia del lavoro respiratorio (Heffner & Hess, 2001; Van Hern, 2000)
Le parti principali sono:
I materiali impiegati nella costruzione delle cannule tracheostomiche sono l’argento, il nylon, il polivinilcloruro (PVC), il teflon e il silicone. La cannula tracheale è generalmente costituito da PVC (polivinilcloruro biocompatibile). Tale materiale che risulta atossico, termosensibile e radiopaco, oltre a risultare confortevole per il paziente sembrerebbe ridurre il rischio di lesioni tracheali.
Le cannule in silicone sono apparentemente le più idonee perché il silicone è un elastomero ben tollerato,che può essere sterilizzato in autoclave. Tra gli svantaggi c’è l’alto costo, l’elevato attrito di superficie, l’elevata tendenza a riassumere la forma originale.
Le cannule tracheali metalliche (di Jackson) vengono utilizzate generalmente in chirurgia ORL e in pazienti portatori di tracheotomie a lunga durata o permanenti. Hanno il vantaggio di poter essere personalizzate per quanto riguarda il diametro, la lunghezza e la curvatura. Di contro l’indeformabilità e il rischio di abrasione e ossidazione al contatto con le secrezioni acide ne limitano l’utilizzo.
Normalmente la cannula tracheale presenta un angolo di curvatura generalmente ottusa la cui gradazione tuttavia varia nei diversi modelli.
La ISO (International Organization for Standardization) ha stabilito dei parametri entro cui devono rientrare le caratteristiche delle cannule tracheostomiche. Per facilitare l’apprendimento è consuetudine distinguere le caratteristiche in intrinseche ed estrinseche.
Le caratteristiche intrinseche sono quelle presenti in tutte le cannule anche se con parametri diversi; esse sono: il diametro, la lunghezza, la forma, la flangia, il tratto esterno e la punta. Altra caratteristica importante per una cannula tracheotomica è la curvatura: a seconda della conformazione, infatti, le cannule possono essere angolate o curve, e questo aspetto può contribuire notevolmente a migliorare l’adattamento della cannula all’interno delle vie aeree senza creare attriti o decubiti contro la trachea. In genere, per un individuo con normale corporatura e conformazione del collo, le cannule angolate, avendo una parte curva ed una dritta, si conformano meglio alla anatomia normale delle vie aeree.
Le caratteristiche estrinseche sono quelle che differenziano le CT tra di loro. Le CT, infatti, possono essere cuffiate, non cuffiate, fenestrate o cuffiate fenestrate.
La cannula tracheale cuffiata è indicata per il mantenimento dei volumi di ventilazione costanti durante la ventilazione meccanica intensiva o integrata, oltre che per la prevenzione di eventuali bronco aspirazioni della saliva e/o contenuto gastrico in pazienti con gravi problemi della deglutizione. Queste cannule sono provviste di un manicotto esterno (o cuffia), gonfiabile a bassa pressione per mezzo di un manometro, che consente di mantenere una buona tenuta sulla parete tracheale. La cuffia è collegato ad un palloncino (di diverse dimensioni) posto al di fuori della flangia mediante un tubicino che fornisce informazioni sullo stato di tensione della cuffia nella trachea. La pressione della cuffia non deve superare i 20/25 cmH2O per evitare danni alla mucosa tracheale. La cuffia, pur con modesta pressione alla parete della trachea, può causare ulcere da pressione. Tale evenienza può essere evitata:
La cuffiatura non protegge al 100% contro un’eventuale broncoaspirazione. Per questo motivo nei pazienti in cui è stata diagnosticata una severa disfagia con un alto rischio di broncoaspirazione non si dovrebbe utilizzare la cuffiatura per somministrare qualcosa per OS, giustificando tale approccio pensando che la cuffiatura “fermi” l’alimento che entra nelle vie aeree.
Controllo e mantenimento di adeguati valori pressori a livello della cuffia. La pressione della cuffia non deve superare i 20/25 cmH2O. Per questo motivo va sempre utilizzato il manometro a pressione con sistema di gonfiamento invece di una siringa. L’introduzione di eccessi volumi d’aria può creare problemi ischemici da compressione e favorire l’insorgenza di lesioni e stenosi tracheali. Una cuffiatura inadeguata con troppa poca aria invece compromette una completa aderenza alla parete tracheale e non protegge in modo dovuto da eventuali broncoaspirazioni di saliva o contenuto gastrico nei pazienti con una disfagia severa.
In questo caso la cannula non è provvista di una cuffia. La cannula non cuffiata è indicata:
All’interno di questo gruppo di cannule è opportuno menzionare quelle per minitracheotomia, che, a fronte di dimensioni ridotte, consentono comunque l’accesso al lume tracheale per manovre di bronco aspirazione.
Vantaggi:
Svantaggi:
Le cannule fenestrate presentano un foro ovoidale a livello della porzione posteriore e superiore che consente il passaggio di aria attraverso le corde vocali e permette la fonazione e la respirazione attraverso le vie respiratorie alte. Le cannule fenestrate sono generalmente dotate di una controcannula fenestrata e NON fenestrata e possono essere a loro volta cuffiate o non cuffiate. Le cannule fenestrate cuffiate permettono sia la ventilazione meccanica sia la fonazione.
Vantaggi:
Tale cannula possiede un lume addizionale che sbocca in una apertura dorsale immediatamente al di sopra della cuffia e permette l’aspirazione delle secrezioni subglottiche prima della scuffiatura, consentendo un più corretto e facile nursing, diminuendo notevolmente il passaggio delle secrezioni nell’albero bronchiale. L’aspirazione deve essere eseguita a bassa potenza (< 20 mmHg, utilizzando in genere una siringa da 10-20 ml.). Tale via può anche essere utilizzata per l’introduzione di liquidi di lavaggio o di medicamenti nella zona subglottica.
È responsabilità del medico la scelta del tipo di cannula da adottare sulla base di una attenta valutazione clinica e, soprattutto in ambito riabilitativo, la scelta deve essere vincolata oltre che dagli aspetti sopra elencati, anche dalla realtà familiare e sociale in cui il paziente si verrà a trovare alla dimissione.
La presa in carico dei pazienti con tale presidio prevede un’attenzione specifica nella gestione dei seguenti aspetti: la deglutizione e la nutrizione, , la cura dello stoma, il management del tubo tracheostomico, l’aspirazione e l’umidificazione, l’educazione, la comunicazione (NHS, 2007).
La presenza della cannula tracheotomica può alterare la deglutizione e compromettere di conseguenza lo stato nutrizionale del paziente. Le motivazioni che predispongono il paziente con tracheotomia a rischio di aspirazione sono diverse (Leder & Ross 2000, Donizelli et al, 2005):
Se tali problematiche sono identificate precocemente, è possibile mettere in atto strategie di assistenza in grado di minimizzare le potenziali conseguenze ad esse correlate, quali ad esempio il rischio di aspirazione.
Gli infermieri, ma anche altre figure professionali quali dietisti, hanno un importante ruolo nel garantire un corretto assetto nutrizionale nel paziente portatore di tracheotomia. Per migliorare la deglutizione e ridurre il rischio di aspirazione è utile chiudere la cannula fenestrata con tappo o valvola. Sgonfiando la cuffia, si possono ridurre gli effetti della tracheotomia (NHS, 2007), in quanto una cuffia gonfiata non previene il rischio di aspirazione (Leder & Ross, 2000). Nel momento in cui il paziente non può alimentarsi per via orale, l’infermiere garantisce il bisogno di alimentazione ricorrendo alla nutrizione enterale tramite sondino naso-gastrico o parenterale.
Lentini et al. (2014), nell’individuazione dei tre macro-obiettivi precedentemente citati, definisce la corretta gestione della tracheocannula il più impellente in termini di outcomes assistenziali.
Rossetto & Bondi (2011) evidenziano come spesso i pazienti sono decannulati prima della dimissione dalla terapia intensiva, molti invece necessitano della tracheostomia per un tempo prolungato, superata la fase acuta, per poter gestire le vie aeree, soprattutto a causa di un inadeguata clearance delle via aeree (Haines, 2001; Barnett, 2005; Barnett, 2008); tanti pazienti invece richiedono la tracheostomia permanente come nei casi degli stati vegetativi permanenti (Garner, 2007). Di conseguenza, molti pazienti tracheostomizzati sono assistiti nei reparti di degenza e delle lungodegenze e/o case di ricovero (Haines, 2001; Docherty, 2002; Lewis, 2005), o addirittura a domicilio. In questi setting il personale sanitario o i caregiver sono chiamati a gestire la tracheostomia in modo sicuro ed efficace (Phillips, 2005).
La pressione capillare dei vasi della mucosa tracheale è compresa normalmente tra i 20-25 mmHg, pertanto in caso di cannula cuffiata lo scopo della sorveglianza infermieristica è il mantenimento della pressione di gonfiaggio della cuffia inferiore ai 20 cmH2O. Il controllo della pressione della cuffia va eseguito almeno una volta per turno tramite manometri appositi (Lentini et al, 2014). Un’eccessiva pressione esercitata dalla cuffia determina la comparsa di una sofferenza ischemica della mucosa tracheale con possibile necrosi, stenosi tracheale permanente e/o fistola tracheo-esofagea.
La medicazione della tracheotomia deve essere eseguita almeno ogni 24 ore o ogni volta che si rende necessario ( medicazione o sistemi di fissaggio sporchi/larghi, cannula instabile, secrezione eccessive). Si ricorda che una persona con tracheotomia ha un rischio di infezioni aumentato a causa della perdita delle protezione naturale delle alte vie respiratorie.
Una revisione sistematica sulla cura e gestione della tracheotomia (Rossetto & Bondi,2011) ha confrontato le linee guida NHS (2007) con una una revisione sistematica di Dennis-Rouse (2008). Dennis – Rouse (2008) indica che il cambio della medicazione sia basato sul consenso delle opinioni degli esperti in risposta alle esigenze dei pazienti. La decisione è quindi multidisciplinare in cui sono coinvolti i chirurghi per la valutazione dell’integrità vie aeree, gli infermieri per il mantenimento della cura del sito, e i pazienti per esigenze di comfort.
Le linee guida dell’NHS (2007) considerano solo le necessità del paziente.
Materiale: guanti sterili e non, soluzione salina, garze sterili/tamponi di cotone, garze tagliate a Y, contenitore per lasciare in ammollo la controcannula e occhiali protettivi, materiale per aspirazione.
La sostituzione della cannula tracheale è un momento delicato soprattutto al primo cambio di cannula, in quanto il “tunnel” tracheotomico non si è ancora ben stabilizzato. È una manovra che richiede la presenza di personale addestrato quando vengono eseguiti i primi cambi della cannula. Fondamentale importanza riveste la pulizia dello stoma, soprattutto se ancora in fase di cicatrizzazione, che dovrà esser frequentemente medicato e deterso con soluzione disinfettante e mantenuto il più possibile asciutto onde evitare infezioni e decubiti che favoriscono la formazione di tessuto di granulazione peristomale. La maggior parte delle linee guida raccomanda di non sostituire la cannula prima di 4 giorni dal suo posizionamento (Thompson et al, 2000). Nel caso sia necessario eseguire la sostituzione entro la prima settimana, è opportuno utilizzare un catetere da aspirazione di calibro adeguato come guida per l’introduzione della nuova cannula riducendo così le percentuali d’insuccesso alla reincannulazione legate al rimodellamento immediato dei tessuti (Lentini et al, 2014).
Materiale: Carrello di medicazione con campo sterile contenente garze, batuffoli, set di ferri chirurgici idonei telino non sterile per proteggere il paziente , copricamici per medico e infermiere, fascetta di fissaggio per cannula, garze sterili a Y o medicazione a schiuma, siringa per cuffiare, disinfettanti, garze bagnate per la pulizia dello stoma, guanti in lattice o in vinile sterili, sondini di aspirazione, aspiratore rigido, di plastica o metallo, soluzione fisiologica per lavaggio dell’aspiratore, nuova cannula assemblata e pronta all’introduzione, lubrificante, pinza dilatatirice, Ambu, filtro antibatterico, saturimetro e fonte di ossigeno (kit per la somministrazione di ossigeno).
La pulizia della controcannula con un detergente neutro in acqua calda per 30’ è sufficiente per la decontaminazione, in accordo con quanto affermato dalle linee guida NHS ( Rossetto & Bondi, 2011).
Per aspirazione tracheo-bronchiale si intende la rimozione dal tratto nasofaringeo o dalla trachea fino alla carena bronchiale delle secrezioni polmonari e dei liquidi (per esempio saliva, sangue, vomito) che non vengono rimossi con la tosse spontanea o altre procedure meno invasive. L’obiettivo è mantenere pervie le vie respiratorie, assicurando un’adeguata ossigenazione ed evitando l’intubazione ( American Association for Respiratory Care, 2004).
Nella persona tracheostomizzata l’aspirazione delle secrezioni è una procedura estremamente importante e si rende necessaria in quanto le vie aeree sono isolate dalla via digerente e la persona non può né deglutire né eliminare con la tosse le proprie secrezioni. Le secrezioni ristagnanti, terreno di coltura per batteri e funghi, possono infatti causare infezioni. Possono ostruire la via aerea e, se particolarmente dense, concorrono alla formazione di tappi mucosi e/o al deposito delle stesse sulle parti declivi delle vie aeree causando atelectasie e ostruzioni delle protesi respiratorie. Le secrezioni, infine, possono alterare gli scambi respiratori aumentando sia le resistenze inspiratorie che quelle espiratorie (Lentini et al, 2014).
L’infermiere dovrà verificare la necessità di aspirare osservando i segni vitali del paziente e il suo grado di collaborazione. La decisione clinica dell’infermiere sulla necessità della broncoaspirazione viene effettuata:
GUARDANDO il modo di respirare (rilevare la presenza di irregolarità nell’atto respiratorio o affaticamento), il colore della cute (presenza di cianosi), la velocità del respiro che si modifica. Tali segni indicano che non vi è una respirazione efficace
ASCOLTANDO il rumore del respiro: la presenza di gorgoglii o di tosse persistente, sono indice di presenza di secrezioni da aspirare
TOCCANDO il torace della persona: appoggiando il palmo della mano all’incirca 10/15 cm sotto lo stoma, si riescono a percepire delle vibrazioni; questo fremito tattile, è dovuto al passaggio di aria attraverso abbondanti secrezioni.
AUSCULTANDO: è possibile valutare la presenza di secrezioni tramite auscultazione del torace, identificando anche il campo polmonare nel quale sono maggiormente presenti.
Il paziente sarà informato della necessità di procedere con l’aspirazione per rimuovere le secrezioni nonché dell’eventuale tosse intermittente che può essere provocata dalla manovra. Il soggetto incosciente è posizionato in decubito supino; diversamente si favorirà la posizione ortopnoica o semi-ortopnoica. Al bisogno si eseguirà fisioterapia con drenaggio posturale e massaggio delle basi polmonari. L’operatore avrà preliminarmente avuto cura di predisporre tutto il materiale necessario (Lentini et al, 2014).
fonte di vuoto centralizzata, aspiratore portatile con tubo di raccordo o sistema di aspirazione centralizzato con attacco a muro, riduttore di pressione. Cateteri di aspirazione fenestrati sterili di calibro adeguato: neonati 6-8fr; bambini 8-10fr; adulti 10-16fr; guanti sterili, occhiali protettivi, mascherina, soluzione fisiologica sterile per lubrificare il catetere o lubrificante idrosolubile sterile. Contenitore sterile per soluzione fisiologica, garze, fonte di ossigeno e presidio per l’ossigenoterapia (per esempio pallone autoespandibile tipo ambu con resevoir e maschera facciale). Fonendoscopio, pulsossimetro e contenitore per rifiuti speciali
La pressione d’aspirazione non dovrebbe mai superare i 150 mmHg; pressioni superiori possono causare traumi, ipossia e atelectasie.
(Craven & Himle; 2007)
Utilizzo del sistema aperto o chiuso: Rossetto & Bondi (2011) mettono in evidenza come la revisione sistematica della Cochrane (Subirana, 2010) dimostra che VAP, mortalità, durata del ricovero in ICU, condizioni del paziente, tempo di durata ventilazione non dipendono da sistema di aspirazione chiuso o da sistema aperto. Al contrario sottolinea come il sistema di aspirazione chiuso produce maggiore colonizzazione batterica sul tubo tracheostomico rispetto a quello aperto.
La linea guida NHS (2007) non si esprime in merito ai due sistemi di aspirazione aperto vs chiuso
Thompson, L. (2000). Suctioning Adults with an Artificial Airway. The Joanna Briggs Institute for Evidence Based Nursing and Midwifery; 2000. Systematic Review No. 9
Il normale sistema di umidificazione e filtro è bypassato nei pazienti tracheostomizzati, pertanto bisogna provvedere a queste funzioni artificialmente attraverso l’utilizzo di sistemi di umidificazione. Questi ultimi rappresentano un potenziale serbatoio di infezione, per tale motivo i sistemi individuali di umidificazione dovrebbero essere scelti in modo appropriato per ogni singolo paziente dopo aver valutato i rischi, con una corretta gestione secondo protocolli locali, in linea con la politica di controllo delle infezioni. Rossetto & Bondi (2011) hanno analizzato due trials di Keck (2008) e Rozsasi (2007) in cui vengono confrontati l’areosol e il puff. Il risultato di questo studio ha messo in evidenza che l’umidificazione è efficace con entrambi i metodi anche dopo un breve periodo dall’uso, con temperatura compresa tra i 26° e 32°. Tuttavia tra i due è preferibile l’utilizzo del puff in quanto il livello di umidità permane più alto dopo il suo utilizzo. Le linee guida NHS analizzano solo l’umidificazione riscaldata (37°-40°), senza considerare temperature inferiori.
Lentini et al (2014) sottolineano l’importanza di eseguire una buona educazione sanitaria ai parenti e ai pazienti tracheostomizzati soprattutto in previsione della domiciliazione. In questa fase l’infermiere deve valutare molteplici aspetti, la compliance, il livello di autonomia del paziente, la disponibilità del parente/caregiver e la complessità di gestione nella multidisciplinarietà in ambiente non protetto. Autori prevedono un approccio multidisciplinare con infermieri, medici, fisioterapisti, dietologi, specialisti del linguaggio e assistenti sociali in modo che una volta a casa i pazienti e la famiglia possano far riferimento a ognuna di queste figure. Il piano di cura da far conoscere ai pazienti e ai familiari prevede (Wilson & Malley, 1990):
È importante spiegare al paziente come proteggere la cannula durante l’igiene personale per evitare che sapone e acqua entrino nello stoma, ad esempio porre particolare attenzione durante la doccia e non indirizzare il getto d’acqua verso la stomia. Si consiglia di indossare indumenti che non ostacolino il passaggio d’aria attraverso la stomia, ad esempio sono sconsigliati i maglioni a girocollo, gli indumenti con peli e quelli che perdono fili. Si consiglia ai pazienti di tenere coperta la stomia con un foulard di seta o cotone oppure di usare gli appositi bavaglini copricannula commercializzati per i laringectomizzati poichè l’aria inspirata non è filtrata, umidificata o riscaldata.
Tale addestramento è fondamentale e deve esse effettuato nell’immediato post-operatorio.
Alla dimissione l’infermiere deve fornire tutte le informazioni necessarie per facilitare a domicilio la gestione della tracheotomia, oltre che predisporre tutta la modulistica per il ritiro del materiale sanitario di supporto necessario (aspiratore, sondini per aspirazione, etc). Parallelamente deve attivare l’assistenza infermieristica domiciliare e il passaggio di presa in carico assistenziale per garantire al paziente la continuità di cura a domicilio e l’inserimento nei percorsi clinico-assistenziali specifici ( Lentini et al, 2014). La tracheostomia può causare importanti conseguenze psicologiche. Può essere utile consigliare ai pazienti e alle famiglie di contattare le associazioni di pazienti tracheostomizzati che possono fornire aiuto e indicazioni anche alle famiglie per affrontare i problemi legati a tale condizione ( Onofri, 2007; Wilson & Malley, 1990; Lemoine et al, 2002)
Quando un paziente viene sottoposto a tracheostomia si trova ad affrontare il problema della comunicazione: comunicare i propri bisogni è una parte essenziale della vita quotidiana, specialmente per pazienti che richiedono un supporto ventilatorio tramite la tracheostomia; infatti, uno dei problemi più significativi della tracheostomia è la perdita della comunicazione verbale che diventa problematica per la cura globale dei pazienti, per il loro stato psicologico, e per l’interazione sociale del paziente stesso ( Nomori, 2004). I pazienti sottoposti a tracheostomia sono numerosi, sia nei reparti di terapia intensiva che nei reparti di degenza ordinaria, e la necessità di comunicare è uno dei bisogni essenziali delle persone, in mancanza della giusta risposta le persone possono sviluppare sentimenti di frustrazione, solitudine, apatia, rinuncia, o sviluppare meccanismi di adattamento non adeguati.
Alcuni studi scientifici che hanno trattato l’argomento della comunicazione verbale nei pazienti con tracheostomia hanno evidenziato temi comuni quali: la frustrazione, l’inabilità nella comunicazione verbale, l’importanza di ricevere informazioni da parte dello staff e sentimenti di impotenza.
Sandu & Bellon (2011) hanno condotto una revisione sistematica della letteratura con l’obiettivo di condurre una sintesi degli studi qualitativi disponibili in letteratura correlati all’esperienza vissuta dai pazienti con tracheostomia rispetto alle difficoltà incontrate nel comunicare verbalmente.
La ricerca della letteratura ha evidenziato una carenza di studi che trattano le sensazioni vissute dai pazienti con tracheostomia rispetto alla comunicazione verbale; in realtà i pochi studi trovati cercano di approfondire il vissuto dei pazienti con tracheostomia in generale, e la comunicazione risulta essere una delle molte difficoltà incontrate da queste persone.
Il confezionamento temporaneo o definitivo di una tracheotomia-stomia, comporta una momentanea o definitiva perdita della voce con conseguente compromissione della capacità di comunicazione, modificazione dell’immagine corporea e della vita sociale.
In questo contesto clinico, l’utilizzo di tecniche che permettono la fonazione assume una duplice valenza, psicologica da una parte, dal momento che la ripresa della capacità di comunicazione da parte del paziente costituisce una svolta nel suo processo riabilitativo: il soggetto, infatti, riesce a comunicare meglio i suoi bisogni e il positivo impatto emozionale del recupero della voce temporaneamente persa si ripercuote positivamente sulla psiche.
Funzionale, dall’altra, con l’apparato laringeo che riprende la sua attività dopo una fase di quiescenza. Il lavoro integrato tra malato ed équipe (fisioterapista respiratorio, logopedista, infermiere) può portare inoltre a un’efficace promozione della fonazione in molti pazienti che necessitano della tracheostomia per un lungo periodo, tramite varie soluzioni, per permettere di fonare sia in ventilazione che in respiro spontaneo.
Nel paziente ventilato, la fonazione è possibile utilizzando una cannula fenestrata, una scuffiata con valvola fonatoria o una scuffiata (o senza cuffia) senza valvola fonatoria (aggiungendo una piccola quota di pressione positiva di fine espirazione – PEEP – che produce una perdita aerea continua e permette una fonazione udibile durante il ciclo respiratorio).
Molto spesso i pazienti neuromuscolari che necessitano di ventilazione presentano cannule senza cuffia, così da poter parlare mentre ricevono il supporto ventilatorio. Parimenti, nel paziente in respiro spontaneo, la fonazione può essere facilitata attraverso l’occlusione della cannula (tappo, dito o valvola fonatoria), in presenza di cannula fenestrata, scuffiata o senza cuffia. L’utilizzo della cannula fenestrata dev’essere preso in esame con molta cautela: infatti, tale tipo di fessura – la fenestratura, appunto – potrebbe danneggiare la parete posteriore della trachea e provocare un’infiammazione cronica, con conseguente formazione di granulomi.
L’occlusione del meato prossimale con un dito è una metodica molto semplice e per molti pazienti si tratta di una tecnica di facile esecuzione, mentre altri non hanno la coordinazione necessaria per attuarla. Sempre nel paziente in respiro spontaneo poi, la valvola fonatoria è probabilmente il metodo di più comune utilizzo: quando il paziente inspira, essa si apre permettendo all’aria di entrare nella cannula e nei polmoni.
Al termine dell’inspirazione, poi, la valvola si chiude, e resta tale per tutta l’espirazione senza perdite. Durante questa fase, l’aria viene ridirezionata verso la cannula e verso l’alto – attraverso la laringe e la faringe – permettendo così la vocalizzazione.
La valvola fonatoria può essere usata nel paziente vigile, responsivo, che accenna a tentativi di comunicazione. Le condizioni cliniche, inoltre, devono essere stabilizzate e dev’essere mantenuta la cannula scuffiata.
Nonostante poi la valvola fonatoria faciliti l’espettorazione orale delle secrezioni, è necessaria – prima del posizionamento – la broncoaspirazione, se il paziente presenta abbondanti secrezioni. E sempre prima del posizionamento bisogna anche valutare i pericoli di inalazione (attenzione alle cosiddette “inalazioni silenti”), in quanto la valvola è controindicata in pazienti con un rischio elevato. E ancora, non devono essere presenti ostruzioni a livello delle vie aeree superiori (tumori,stenosi, tessuti di granulazione, secrezioni) ed è necessario valutare il diametro della cannula, prendendone in considerazione l’eventuale riduzione. Anche la cuffia, infine, può creare un’ostruzione, nonostante sia sgonfia: in questo caso si deve valutare la sostituzione di una cannula con una non cuffiata o eventualmente con una fenestrata (Garuti, 2011).
La valvola fonatoria NON può essere assolutamente usata in presenza di restringimenti della laringe e della trachea, paralisi delle corde vocali, in caso di abbondanti secrezioni bronchiali e durante i periodi di riposo del paziente. Il lavoro integrato tra paziente ed équipe assistenziale (fisioterapista respiratorio, logopedista, infermiere) può portare ad un’efficace promozione della fonazione in molti pazienti che necessitano di tracheostomia per lunghi periodi.
La gestione dei pazienti tracheostomizzati richiede un approccio multidisciplinare in cui sono coinvolte diverse figure professionali (medici, infermieri, dietisti, fisioterapisti..). Il paziente portatore di tracheostomia può presentare un’elevata complessità assistenziale pertanto, nell’ambito della professione infermieristica, per garantire un assistenza mirata, efficace, sicura e di qualità è necessario possedere nel bagaglio “culturale” di un infermiere sia le conoscenze di base (Sapere), sia conoscenze tecnico professionali o Specific Knowledge Skills (Saper Fare) e sia Competenze Trasversali o Transferable Skills (Saper Essere).
Tutt’oggi, le evidenze disponibili (studi di primo e secondo livello) per la corretta gestione della tracheostomia risultano essere pochi; tuttavia tale situazione può rappresentare un aspetto stimolante per la ricerca infermieristica dalla quale far derivare prove di efficacia che possano guidare la pratica clinica in un ottica di miglioramento continuo della qualità delle prestazioni assistenziali erogate e stabilire cosi le Best Practices (più recenti ed aggiorante) nell’assistenza al paziente tracheostomizzato.
“Quelli che s’innamorano di pratica, senza scienza,
son come ‘l nocchiere, ch’entra in navilio senza timone o bussola,
che mai ha certezza dove si vada.
Sempre la pratica dev’esser edificata sopra la bona teorica”
L. Da Vinci
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Figura 8. https://www.passy-muir.com/
"Ci sono tutte le condizioni per migliorare il nostro sistema sanitario. Io credo che i…
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