Quando si parla di terapie alternative, molte volte l’infermiere tende a essere restio e in parte diffidente, sostanzialmente per due motivi: perché gli infermieri, nel corso degli anni di pratica lavorativa, come pure di studi, sono sempre più legati ai metodi convenzionali d’assistenza sanitaria; perché, prima di seguire, o scegliere, una terapia alternativa, hanno la necessità di dover ricercare e convalidare il fondamento di queste terapie.
Ma facciamo un passo indietro. Cosa sono le terapie alternative, anche note come cure infermieristiche complementari? Sono cure olistiche e naturali che possono essere utilmente affiancate alle cure ufficiali sia infermieristiche che mediche. Possono anche essere utilizzate da sole. In ogni caso, non vanno proposte dagli infermieri come “sostituzione” di interventi basati sull’evidenza. Possono essere parte integrante del piano di cura in ambito preventivo, curativo, riabilitativo. Offrono risposte che non si fermano alla malattia o all’organo malato, ma alla salute della persona, dove la salute è intesa pure come “mantenimento e rinforzo dell’unità che la persona ha con se stessa, capacità e possibilità di rientrare nella sua esistenza” (Gadamer, 1994).
Quattro, fondamentalmente, sono i modelli di cure complementari:
Sulla base di questi principali modelli, il numero degli interventi infermieristici complementari è sconfinato: abbiamo la riflessologia olistica, il tocco-massaggio, il tocco-terapeutico, l’auricoloterapia, il do-in, il Tui-na, il metodo Feldenkrais, il rebirthing, il training autogeno, l’aromaterapia, la cromoterapia, l’idroterapia, la musicoterapia, la pet-therapy e molti altri. Nell’ambito dell’infermieristica sono considerate cure complementari tutti questi possibili interventi, che si avvalgono di saperi e abilità acquisiti e mantenuti attraverso un percorso formativo specifico, che possono essere proposti in autonomia dall’infermiere in regime libero professionale e/o di dipendenza, come parte integrante del piano di cura.
Per dare un tono di veridicità e sicurezza a queste cure complementari, in Europa e anche in Italia, sono stati introdotti da qualche anno master di specializzazione, corsi di alta formazione universitaria e corsi di formazione extracurricolari, che permettono di avere maggior competenza e conoscenza del settore. Peraltro, l’art. 31 del Codice deontologico degli infermieri cita: “L’infermiere fonda il proprio operato su conoscenze validate e aggiornate, così da garantire alla persona le cure e l’assistenza più efficaci”.
Tecniche e approcci complementari possono offrire all’infermiere la possibilità di ampliare il proprio bagaglio di competenze, sia per quanto riguarda il piano assistenziale, perché ci si concentra più attentamente sull’integrità dell’individuo, sia per un più efficace intervento, come ad esempio la riduzione dei sintomi. Essere aperti su ciò che accade intorno all’assistenza significa saper assistere in toto l’individuo ed evitare che gli vengano sottratte possibilità che portano vantaggi. Ponendo limiti alle nostre conoscenze non facciamo altro che limitare la nostra esistenza.
Pasquale Fava
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