“Siamo pronti ad entrare nel mondo del lavoro e offrire le nostre conoscenze e competenze in questa situazione di emergenza, ma protestiamo contro la mancanza di rispetto che sentiamo nei nostri confronti” dicono i laureandi CdL di infermieristica della sede di Padova in risposta agli articoli pubblicati sul Mattino di Padova e sul Gazzettino il 28 ottobre 2020. A seguito della decisione di inserire i laureandi nel mondo del lavoro appena possibile e – secondo quanto riportato dagli articoli in questione – con un mese di anticipo rispetto al calendario universitario, ci sono state varie polemiche e considerazioni. Per i laurendi, i due articoli sono denigratori della figura dell’infermiere e ci tengono a precisare quanto segue.
Poi, viene dichiarato che la nostra laurea è stata anticipata e semplificata, quando la realtà è che le date sono rimaste le stesse, previste per il prossimo novembre, esattamente come è successo negli anni scorsi. Per sostenerla, inoltre, abbiamo comunque dovuto affrontare l’esame di tirocinio propedeutico e alla tesi stiamo lavorando da mesi come qualsiasi altro laureando.
Essendo una laurea abilitante, l’esame di stato era previsto in presenza il 26 ottobre, ma è stato annullato per una decisione dell’università e ci è stato comunicato solo due giorni prima di tale data, per essere sostituito con un esame orale, che si svolverà per ognuno cinque minuti prima della discussione della tesi, nel giorno previsto dal calendario delle lauree. Tutto ciò non solo non ha “semplificato” la nostra laurea, come viene dichiarato negli articoli, ma la nuova modalità, in cui l’esame di stato diventa un’unica domanda estratta in base alla sorte, risulta per noi essere impari.
Per ultimo, sosteniamo che siano state espresse parole che semplificano e superficializzano il nostro percorso di tre anni, seppure, anche in un anno particolare come questo e nonostante l’emergenza, abbiamo continuato tutte le attività previste dal CdL, dando anche la disponibilità a progetti di aiuto, come esecuzione di test rapidi e tamponi sul territorio durante il lockdown.
Questa non vuole essere una lamentela, ma una richiesta: siamo pronti ad entrare nel mondo del lavoro e offrire le nostre conoscenze e competenze in questa situazione di emergenza, ma protestiamo contro la mancanza di rispetto che sentiamo nei nostri confronti. Non siamo dei numeri da “dislocare”, ma professionisti sanitari che meritano il giusto riconoscimento.”
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