La toccante quarantena di Laura infermiera di pronto soccorso positiva al Covid-19

Laura "Mio figlio di 2 anni, con il suo papà è rimasto fuori da questa stanza tenendosi una parte del mio cuore"

Riceviamo e pubblichiamo la toccante lettera di Laura Di Guida, infermiera del pronto soccorso di Savona positiva al Covid-19 “Mio figlio di 2 anni, con il suo papà è rimasto fuori da questa stanza tenendosi una parte del mio cuore, che si spezza ogni volta che lo sento piangere mentre mi chiede se può entrare solo per darmi un bacino e farmi passare la bua

“Sono un’infermiera del Pronto Soccorso. Sono positiva al COVID-19 così come tanti altri miei colleghi.

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Sono chiusa da un paio di giorni in casa. Aspetto che il tempo passi e che questa camera mi sembri un po’ meno piccola.

Mio figlio di 2 anni, con il suo papà è rimasto fuori da questa stanza tenendosi una parte del mio cuore, che si spezza ogni volta che lo sento piangere mentre mi chiede se può entrare solo per darmi un bacino e farmi passare la bua.

Rimango sola e mi sento fortunata, i miei colleghi che l’han preso insieme a me sono ricoverati… Io sono quella fortunata che riesce ancora a respirare senza bisogno di aiuti, respirare, si è vero, si è fatto più faticoso, ma fortunatamente posso rimanere in questa camera perché fuori fa decisamente più paura…

Mi guardo allo specchio e quella che vedo non sembro neanche io, i capelli sono diventati bianchi e quelle iniziali rughe sul viso sono ormai dei solchi. Darò la colpa del precoce invecchiamento al coronavirus, in fondo ho solo 36 anni.

36 ANNI DI CUI 13 PASSATI IN PRONTO SOCCORSO.

13 anni di cui vado fiera. In tutto questo tempo non è la prima volta che ho paura, che abbiamo paura.

In questi 13 anni non è la prima volta che rischiamo sulla nostra pelle di portare qualcosa a casa che poi difficilmente sarà curato. Ogni giorno il nostro nemico è silenzioso, il più delle volte invisibile e quando diventa riconoscibile per noi è già tardi.

Quante volte mi sono sentita dire, ci siamo sentiti dire: “Bisogna prendere la profilassi con il CIPROXIN per una esposizione da MENINGITE” e ho pensato: “Come pronto soccorso non abbiamo neanche le indennità di rischio infettivo eppure siamo sempre a prendere prevenzioni per questo e per quello…”

Ho visto alcuni miei colleghi piangere per aver dovuto prendere ANTIRETROVIRALI post esposizione ad una goccia di sangue che avrebbe potuto cambiargli la vita, nonostante i DPI, ora famosissimi, diventati la sicurezza per tutti (per noi lo sono sempre stati). Quelle volte siamo stati fortunati, ma non sempre va così .

Ci hanno promesso 100 euro in più in busta paga per il mese di Marzo a causa di questa emergenza ma vi assicuro che questa promessa anche se fatta in buona fede è stato più un affronto che una consolazione perché in cambio di questi soldi preferiremmo di gran lunga avere mascherine, visiere e camici da poter cambiare ogni giorno per sentirci più sicuri noi e per prenderci meglio cura dei nostri pazienti. E nulla potrà ridarci la serenità che questi giorni ci hanno tolto e hanno solcato le nostre anime.

Forse un giorno capirete perché al posto di questi 100 euro preferiremmo un contratto nuovo che venga finalmente rinnovato ad ogni scadenza e che tenga conto della nostra professionalità, dei rischi che ogni infermiere affronta ogni giorno nel proprio reparto di appartenenza e che finalmente vengano riconosciute le indennità a noi che rischiamo in prima linea anche quando non siamo eroi.

Così come ai nostri colleghi Oss riconoscano il ruolo di sanitario, perché lavorando al nostro fianco rischiano in prima linea con noi.

Sono qui, chiusa in questa stanza, il mio unico contatto con il mondo è il mio cellulare nel quale arrivano molti messaggi, la maggior parte dei quali dai miei colleghi che non vogliono farmi sentire sola raccontandomi le loro giornate in prima linea.

E allora ho pensato di racchiudere qui un pezzo del nostro lavoro, in questo momento, per non dimenticarci mai che non siamo eroi, ma siamo dei professionisti, e quello che oggi vedete voi, io lo vedo dal primo giorno che ho indossato la divisa ed ho guardato negli occhi il mio primo paziente, perché anche quando abbiamo paura noi rimaniamo e siamo lì per Voi..non dimenticatelo:

“Ti giuro piango tutti i giorni e con me tanti altri… Piango perché spero di uscire da questo incubo, e soprattutto di uscirne viva…”

“Qui le cose cambiano ogni giorno, sporco, pulito, due medici, un infermiere e un oss da una parte, e uno da solo dall’altra. L’OBI è cambiato in tutta la sua essenza ci dobbiamo dividere anche qui ovviamente tra pulito e sporco e così Siamo pochi…. Non ce la facciamo…”

“E’ tutto così surreale… ogni tanto penso che non sia vero niente, che i nostri colleghi siano ricoverati, che la giornata di oggi non sia stata realmente vissuta. Vorrei svegliarmi ora e pensare è stato solo un incubo…”

“Io oggi piangevo tra un paziente e l’altro, abbiamo sette caschi cpap, provavo un’immensa pena per alcuni di loro e mi sentivo soffocare.”

“Tutto questo fa paura, ho negli occhi lo sguardo terrorizzato di un uomo trasferito in rianimazione..voleva solo parlare con sua figlia …”

“L’altra notte è arrivata una signora in camera calda con una borsa di effetti personali di suo marito che stava per essere ricoverato in medicina d’urgenza, piangeva. Ha consegnato la borsa alla collega pregandola di entrare, di farglielo salutare tra un singhiozzo e l’altro e noi abbiamo dovuto dirle di no … ha capito, ci ha salutato e ringraziato, piangeva sempre …e mi sono accorta che stavo piangendo anche io.”

“Oggi sono arrivata a lavorare e non ho riconosciuto i miei colleghi. Eravamo tutti bardati ma da oggi in poi li riconoscerò tutti attraverso gli occhi. Siamo tutti spaventati.”

“’L’andrà tutto bene‘ si alterna a ‘qui non ne usciamo vivi‘ a secondo del livello di stanchezza e frustrazione di ognuno di noi”.

“Stamattina quando ho scoperto che erano tutti e due ricoverati non riuscivo ad andare a dormire dopo la notte, finché, finalmente, non mi hanno mandato un messaggio per dirmi che respiravano ancora tutti e due”.

“Dovessi vedere che ematomi hanno sulle braccia, mi viene da piangere a vederli così”.

“Io ho un po’ di ansia, soprattutto di portarmelo a casa e di non poter abbracciare i miei figli”.

“Tranquilla la sensazione di tensione, inadeguatezza e quella di non essere all’altezza e di non farcela la leggi sui volti di tutti…. Medici, infermieri e pazienti… Tra di noi l’unico modo di andare avanti è rimanendo uniti e ogni tanto riuscire a sdrammatizzare un po’, ma non è sempre così facile. Sarai un aiuto prezioso appena torni.”

“Guarda è tutto diverso, il Pronto soccorso che conoscevamo non esiste più. Ne l’organizzazione ne gli spazi.”

“Pensavo che tutto il nostro modo di lavorare è cambiato da un giorno all’altro. Chissà se sarà mai come prima…”.

“Mi manchi… sappilo”.

“Questa notte sarà il quarto turno che utilizzo sempre la stessa mascherina, che ho già dovuto aggiustare perché si sono tagliati gli elastici”

“Ieri ero nello sporco, e fino alle 18 non sono riuscito neanche ad andare in bagno… pensavo di mettermi un urocontrol al prossimo turno.”

“Ho visti molti visi spaesati, impauriti, a volte terrorizzati, non manca la voglia di lavorare e di aiutare questi visi a ritrovare un minimo di serenità.”

“Stanotte ho dormito un pochino, la mia vicina di letto sta morendo, così, da sola. Ho già poco fiato dentro al casco Se poi devo piangere cosa uso…? Voglio uscire.”

“Ho la febbre anche di giorno, respiro abbastanza bene con la mascherina e se doso il respiro. Appena ispiro un po’ più forte però sento che mi manca un pezzo e mi parte la tosse…”.

“Non pensare a cose negative, intanto non ci possiamo fare nulla. Pensa che finirà prima o poi e finalmente faremo una bella cena tutti insieme come ai vecchi tempi”.

“Io sono stanca e terrorizzata di portarmi tutto questo a casa dai miei genitori, che come sai non stanno bene, e questo non se lo possono proprio prendere a causa mia..”.

“Ieri mi ha chiamato il figlio di un paziente, piangeva che voleva parlare con suo padre. Lo voleva salutare. Alla fine gli ho fatto fare una videochiamata con il mio cellulare. Era dentro al casco… Ovviamente non riusciva a dire una parola, ma per non far preoccupare il figlio ha tirato su il pollice. Ho pianto.”

“Oggi mi sono messa a pregare… era tanto tempo che non lo facevo…”

“Non c’è la faccio più, sono stanca, ho dei segni sul viso per la mascherina ma non posso pensare di abbandonare i miei colleghi, i nostri pazienti. Anche questa mattina so di essere nel posto giusto…”

“Non posso vedere la mia nipotina, e chissà per quanto tempo non la potrò vedere ancora.”

“Comunque questo virus sta mettendo a nudo tutto quello che noi vediamo quotidianamente, soprattutto lo spreco dei soldi comuni per tutti questi accessi inappropriati al pronto soccorso. Siamo un popolo di viziati, tutti diritti, guarda a chi sta bene e si lamenta di dover stare a casa. Non sappiamo fare uno sforzo collettivo. Eppure i nostri nonni non ci hanno insegnato questo. Ci hanno consegnato un paese meraviglioso, costruito su tragedie e sacrifici. Spero che quando ne usciremo, forse è dico forse, la gente capisca il valore del nostro lavoro e che si ridimensioni.”

M.A

Non vi dimenticate di noi quando tutto sarà finito….

“Ti dirò che mi stai a cuore

Chiederai: e gli altri organi?

A tutti gli organi mi stai.

E intanto che fuori

L’apocalisse

Pompa a manetta

Saremo ancora capaci

Di ridere insieme… “

Guido Catalano

Non arretriamo di un centimetro.

Laura Di Guida, Pronto Soccorso, Savona

Giuseppe Papagni

Nato a Bisceglie, nella sesta provincia pugliese, infermiere dal 94, fondatore del gruppo Facebook "infermiere professionista della salute", impegnato nella rappresentanza professionale, la sua passione per l'infermieristica vede la sua massima espressione nella realizzazione del progetto NurseTimes...

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Giuseppe Papagni

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