I pareri sono estremamente discordanti, pertanto abbiamo deciso di condividere il pensiero del prof. Domenico Somma, immunologo e ricercatore presso l’Università di Glasgow.
Avrei evitato volentieri di rispondere a questa, perché è complicata. Vediamo che ne esce. Mettetevi comodi.
Premessa:
Qualsiasi affermazione fatta nel mondo scientifico deve essere accompagnata da una pubblicazione che mostra i dati che confermano quella affermazione. Prima di essere pubblicati i dati vengono controllati da altri scienziati per essere sicuri non ci siano errori.
Ma la pubblicazione non basta: ci sono alcune riviste che pubblicano (quasi) qualsiasi tipo di articolo gli mandi (le famose riviste con basso impact factor), questo perché gli scienziati che controllano questi articoli sono poco esperti. Infine i dati contenuti in una pubblicazione devono essere replicati da altri gruppi (che quindi ripetono gli esperimenti).
Semaforo rosso – Articolo su rivista con basso impact factor, non ci possiamo fidare
Semaforogiallo – Articolo su rivista con medio/alto impact factor, ok, ma devono essere ripetuti
Semaforo verde – Articolo pubblicato su una rivista medio/alta, i cui esperimenti sono stati replicati da altri gruppi, ottimo!
Ora, fermiamoci sulla prima affermazione. Questo dipende unicamente dalla sequenza genetica del virus. Chiunque voglia dimostrare questa affermazione non deve far altro che A) sequenziare e trovare la mutazione del “nuovo” virus che replica meno e B) mettere in una provetta 100 virus “vecchi” e 100 virus “nuovi” e far vedere che i 100 virus nuovi fanno meno “figli”.
La comunità scientifica sarebbe molto felice di questo, sarebbe una meritatissima pubblicazione su Nature o Science.
Ma tutti coloro che hanno affermato questo non sono riusciti a dimostrarlo. O meglio, hanno pubblicato su riviste con un basso impact factor[1] [2] (semaforo rosso) o hanno fatto queste affermazioni alla tv o stampa (non vale). L’unica mutazione di cui siamo ora al corrente di SARS-COV-2 fa esattamente l’opposto, fa “più figli”[3] (semaforo giallo).
Lo so a cosa state pensando, ma no, questo effetto non è dovuto al caldo[4]. Ma allora a cosa è dovuto? Beh, se non è il virus ad essere cambiato e non è il caldo, siamo noi che stiamo facendo qualcosa di diverso.
Al momento ci sono due spiegazioni:
Ebbene, è dimostrato[7] (semaforo giallo) che i pazienti gravi hanno una carica virale più alta rispetto ai pazienti che sono meno gravi (vedi figura), questo vuol dire che non è che la carica virale dei pazienti che è diminuita, ma noi vediamo meno virus perché ora guardiamo i pazienti meno gravi.
Ma man mano che le persone si infetteranno, aumenteranno le persone in terapia intensiva ed ecco che vedremo apparire anche una “maggiore carica virale”.
Quindi per quanto ne sappiamo ora, la risposta alla domanda “COVID-19 è meno pericoloso che a inizio epidemia?” è: No, non è meno pericoloso. Se siamo fortunati le mascherine funzionano meglio di quello che crediamo e i medici sanno curarlo un po’ meglio. Ma non è ancora finita. Se qualcuno ha dei dati solidi per dimostrare che non è così li mandi pure su riviste prestigiose, prima di fare annunci alla stampa.
L’avevo detto che era una risposta complicata. Spero sia chiaro cosa voglio dire.
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