Condividiamo il pensiero di Gea Scancarello, apparso sulla propria pagina Facebook in un post diventato rapidamente virale.
“Un mese fa esatto ho fatto un incidente d’auto spaventoso. Ne sono uscita miracolosamente viva, seppur con 18 costole e una clavicola rotte, i polmoni perforati e collassati, un orecchio riattaccato, due trasfusioni necessarie, qualche decina di punti in testa e contusioni ovunque.
Ma sono qui a scriverne, per quanto un po’ malmessa, e non è solo fortuna. Lo devo ai volontari che mi hanno raccolto e portato in ospedale, e soprattutto al servizio sanitario pubblico, che mi ha curato e accudito e sottoposto a ogni esame senza chiedere un euro, di che nazionalità fossi, che mestiere facessi.
Se avessi dovuto pagare quelle cure non credo che avrei potuto permettermele: ma fortunatamente viviamo in un Paese in cui l’assistenza sanitaria è garantita e universale, è parte del nostro “contratto sociale” e gli dà senso. A tutti quelli che mi chiedono “Cosa posso fare per te?”, posso solo dire: ricordatevelo, difendetelo. Ricordiamocelo, difendiamolo. Sempre, e specialmente di questi tempi.”1
Queste parole dovrebbero far riflettere tutti coloro i quali spesso abusano del Servizio Sanitario Nazionale e della sua gratuità, recandosi in Pronto Soccorso per poter eseguire esami ematici o strumentali gratuitamente e con tempistiche ridotte rispetto ai canali che andrebbero utilizzati.
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