“Ora basta, identifichiamoli e non curiamoli quando avranno bisogno dell’ospedale”, ha scritto su Facebook il presidente dell’Ordine. Per poi correggere il tiro: ” Curerò sempre chiunque, ma l’episodio mi era sembrato così grave che ho avuto una reazione immediata”.
E’ di qualche giorno fa la notizia di un increscioso episodio avvenuto al polo vaccinale di Gemona del Friuli (Udine), dove un centinaio di no vax si erano messi in fila, rifiutando poi la dose con l’obiettivo di rallentare l’attività di immunizzazione. “Ora basta, identifichiamoli e non curiamoli quando avranno bisogno dell’ospedale”, ha commentato Luciano Clarizia (foto), presidente di Opi Pordenone, in un duro post su Facebook. Un commento che ha suscitato non poche reazioni polemiche.
“È chiaro che quelle parole – ha spiegato lo stesso Clarizia – volevano essere soltanto una provocazione, un modo per sottolineare quanto sbagliato e irrispettoso fosse quel comportamento in questo drammatico momento. È stato uno sfogo. Quando ho visto quella notizia ho pensato che molte persone che volevano fare il vaccino, e che hanno magari la necessità immediata, subivano un ritardo e un disagio. Ho pensato ai miei colleghi infermieri che in quel momento stavano vaccinando, fuori dal loro orario di lavoro e magari in un giorno di riposo, come ormai avviene normalmente, vista la carenza di personale”
.E ancora: “Figuriamoci se non conosco i nostri doveri e il nostro Codice deontologico: tutti vanno sempre curati senza alcuna distinzione. Curerò sempre chiunque, ma l’episodio mi era sembrato così grave e assurdo che ho avuto una reazione immediata. Spero che la provocazione faccia discutere su queste situazioni gravissime, sulle quali le autorità ipotizzano il reato di interruzione di pubblico servizio. Da oltre un anno infermieri e medici continuano a operare nei poli vaccinali oltre il loro orario di servizio e nelle giornate di riposo per poter garantire le vaccinazioni. Ed è sempre più difficile vista la carenza di personale. Gli operatori che curano i no vax sono spesso frustrati, perché in alcuni casi i pazienti non accettano le cure e continuano a negare gli effetti della malattia”.
Redazione Nurse Times
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