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Fisioterapia di prossimità: bilancio positivo per il congresso Aifi

L’evento si è svolto a Palermo il 28 e il 29 ottobre scorsi. Il prossimo avrà luogo a Bologna.

“È un bilancio assolutamente positivo, perché in due giorni abbiamo tracciato nuove piste operative per sviluppare la fisioterapia di prossimità. Una prossimità fisica, cognitiva ed empatica – che caratterizza da sempre la fisioterapia – nei confronti dei cittadini, delle persone con disabilità, in particolare con disabilità persistenti e progressive, una prossimità che può oggi avvalersi anche di strumenti innovativi, come la teleriabilitazione, le nuove tecnologie, le tecnologie assistive, ma anche nuovi modelli organizzativi per poter rispondere ai bisogni dei cittadini in maniera più adeguata e appropriata possibile”. È soddisfatto Simone Cecchetto, il presidente dell’Associazione italiana di fisioterapia (Aifi), che traccia un bilancio del congresso dal titolo “Fisioterapia e prossimità, le nuove sfide: il futuro, oggi”, svoltosi a Palermo il 28 e il 29 ottobre scorsi.

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“A Palermo – ha continuato – abbiamo approfondito diversi aspetti del ‘Chronic Care Model’ in Fisioterapia, principalmente per un motivo: le persone con disabilità persistenti e progressive spesso ci raccontano vissuti e sentimenti di solitudine e disorientamento, conseguenza del modello ospedalocentrico e prestazionale che, purtroppo, ha caratterizzato la riabilitazione in Italia”.

Il presidente Aifi ha poi spiegato di riporre grande fiducia nella fase attuativa delle previsioni del DM 77: “Ma – ha precisato – solo se la fisioterapia avrà la possibilità di essere al fianco dei medici di medicina generale, degli infermieri di famiglia e di comunità e di tutte le altre professioni. Solo se sarà compreso e attuato il grande calore che la fisioterapia può dare in prossimità delle persone, ad esempio nelle case di comunità, nelle COT, nell’assistenza domiciliare, perché è proprio la fisioterapia che può rispondere adeguatamente e con altissime competenze a molti bisogni come la promozione della salute attraverso il movimento, la prevenzione di danni di mobilità, la gestione ottimizzata di problematiche muscolo-scheletriche secondo le migliori evidenze, il case management di condizioni neurologiche, cardiorespiratorie, linfologiche, pelviperineali o di altra natura nelle fasi in cui è prevalente il bisogno fisioterapico rispetto ad altri bisogni in modelli di long term care”.

Un bilancio, dunque, estremamente positivo quello del Congresso svoltosi in Sicilia, arricchito dalla presenza di numerosi giovani, con un considerevole numero di poster presentati. “Un segno – ha sottolineato Cecchetto – che la comunità scientifica della fisioterapia italiana sta crescendo, così come la vediamo crescere a livello delle pubblicazioni internazionali e a livello del profilo accademico che sempre più fisioterapisti stanno riuscendo a raggiungere. Abbiamo chiuso il Congresso con una bellissima Plenaria sulla formazione in particolare universitaria, perché la costruzione di un nuovo futuro nasce anche negli atenei”.

Tra gli oltre 250 tra fisioterapisti, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e medici palliativisti, relatori nazionali e internazionali che hanno preso parte al 2° evento internazionale che l’Aifi ha promosso dalla sua completa trasformazione in associazione tecnico scientifica, anche la dottoressa Silvia Eleonora Gianola, che ha la delega alla produzione scientifica, linee guida e pratica clinica di Aifi, e che a Palermo ha presentato il progetto inerente gli eventi avversi durante l’erogazione delle terapie fisiche in ambito di fisioterapia e medicina riabilitativa.

“Nell’agosto del 2021 – ha raccontato -, come Aifi, abbiamo promosso un bando per la selezione di due ricercatori ‘evidence reviewer’, dunque revisori della letteratura, chiamati a svolgere una revisione sistematica inerente gli eventi avversi durante l’erogazione delle terapie fisiche in fisioterapia e medicina fisica riabilitativa. Il progetto è esitato in un documento di buone pratiche cliniche per la nostra associazione tecnico scientifica, fruibile per tutti i soci sul sito di Aifi e ha fornito il presupposto per condividere le indicazioni a livello nazionale con altre società scientifiche che collaborano con la fisioterapia, quindi società scientifiche di ginecologia, urologia, medicina generale, medicina legale, ortopedia, includendo le società che possono rappresentare i portatori di interesse come i pazienti, tra cui Cittadinanzattiva. Per questo motivo, sulla base delle evidenze ottenute dagli ‘evidence reviewer’, Aifi ha promosso un progetto di consenso, definendo alcune indicazioni di sicurezza sulle terapie fisiche e ha invitato a partecipare 28 società scientifiche”.

La dottoressa Gianola ha poi specificato: “Le società scientifiche hanno avuto un ruolo determinante nella votazione e revisione delle indicazioni preparate da Aifi. Quello che abbiamo esposto nella relazione presentata a Palermo è proprio il risultato di questo progetto, che abbiamo intenzione di disseminare a livello nazionale e di sottoporre alla valutazione del sistema nazionale linee guida. Si tratta del primo documento di buone pratiche affrontato da Aifi come associazione tecnico scientifica. Questo risultato è stato possibile grazie al fatto che per la prima volta è stato realizzato un bando per selezionare ricercatori che hanno dedicato tempo lavorativo riconosciuto con alta competenza metodologica. Un lavoro che chiarisce, qualora ce ne fosse bisogno, che è necessario investire in questo campo, in risorse dedicate alla produzione di buone pratiche nonché in corsi di formazione per la ricerca. Nel corso dell’anno, Aifiha promosso corsi per ‘evidence reviewer’, l’ultimo dei quali si è tenuto a maggio a Milano, mentre in questo momento stiamo pensando di portare avanti ulteriori corsi, anche in collaborazione con altre società scientifiche. Ritengo dunque che il bilancio sia assolutamente positivo, ci auguriamo sia il primo di tanti altri lavori di questa portata”.

Il congresso di Palermo si è svolto in presenza, lasciandosi finalmente alle spalle due anni di pandemia. Due anni che, secondo Andrea Turolla, vicepresidente nazionale Aifi e delegato ai rapporti con le società scientifiche, ci hanno insegnato molte cose: “Innanzitutto il fatto che è possibile avere più modalità educative, che ogni bisogno educativo può essere soddisfatto da diverse tecnologie, che è possibile garantire la formazione anche a distanza e che i bisogni degli studenti a distanza sono legati soprattutto alla possibilità di avere accesso alle conoscenze e alla possibilità anche di potersi confrontare direttamente con gli esperti. La fisioterapia è riuscita a garantire la continuità delle cure, sia attraverso le tecnologie digitali, che sviluppando nuovi modelli di assistenza per i pazienti, anche basati sul monitoraggio continuo, sulle indicazioni terapeutiche, sull’educazione e sulla gestione dei bisogni, delle ansie e delle paure dei pazienti. Con riferimento all’educazione abbiamo valutato che la soddisfazione può essere mantenuta e garantita se si è in grado di utilizzare le tecnologie messe a disposizione dallo stato di emergenza per non interrompere il rapporto di continuità con gli studenti. Bisogna cercare di mantenere quanto si è imparato in termini di nuove modalità didattiche, diventando una nuova forma di educazione continua. Infatti, possiamo affermare che i livelli di soddisfazione sono rimasti invariati, malgrado ci si sia trovati di fronte ad una condizione che nessuno conosceva”.

Nell’ultima giornata di lavori, la presidente del Comitato tecnico scientifico di Aifi, Elisa Pelosin, ha moderato la sessione dal titolo “Innovazione didattica e formativa in fisioterapia”, da cui è emerso che “grazie anche all’esperienza, in questo caso negativa, della pandemia c’è stato uno sviluppo enorme delle università italiane per quanto riguarda la capacità di fare innovazione didattica e, soprattutto, di poter fornire innovazione didattica attraverso l’uso di nuove tecnologie”.

La professoressa Pelosin, fisioterapista e docente presso l’Università degli Studi di Genova, Dipartimento di Neuroscienze, riabilitazione, oftalmologia, genetica e scienze materno-infantili (Dinogmi), ha poi aggiunto che “con il confronto dei colleghi fisioterapisti che lavorano all’estero, è emerso che la differenza principale per quanto riguarda la struttura delle università straniere rispetto a quelle italiane è, purtroppo, lo scarso numero di docenti all’interno dei nostri atenei”.

Differenze si registrano anche dal punto di vista dell’innovazione: “Abbiamo messo sotto la lente di ingrandimento gli atenei canadesi e inglesi, ed è emerso che per poter insegnare a livello universitario esiste un percorso di formazione specifico per i docenti, altro elemento che in Italia sta emergendo ma che non è ancora. Tuttavia siamo in linea sul fatto che ormai l’innovazione didattica preveda un passaggio di consegne dalla sola lezione frontale all’integrazione con nuovi metodi come ‘role playing’, in cui si cerca sempre più di portare gli studenti dalla mera conoscenza di concetti a una conoscenza più elevata, che porta il ragionamento sulle conoscenze acquisite e sulla loro applicazione, fino ad arrivare anche alla creatività, ovvero la capacità di innovazione, che poi è quello che dovrebbe portare poi il sapere. Questo può avvenire proprio cambiando la didattica come metodologia”.

L’esperta ha inoltre detto che “in Italia non ancora, ma all’estero si è evinto come il poter dare agli studenti parti di lezioni teoriche registrate, sempre a disposizione, apra lo spazio per poter poi interagire maggiormente con loro a lezione”.

L’altro aspetto è quello di un approfondimento sulla comunicazione: “Ormai l’aspetto comunicativo deve cambiare anche da parte del docente, perché sempre di più lo studente deve percepire un interesse, una rilevanza di ciò che viene detto rispetto a quello che sarà la professione futura. Alcuni passi avanti devono certamente essere fatti da parte dell’istituzione sul fronte dell’inclusione di fisioterapisti all’interno dell’università, mentre gli attuali docenti degli atenei devono mettersi in gioco, continuando quindi ad approfondire con nuove conoscenze quella che è la metodologia didattica che, ovviamente, sta cambiando perché le generazioni nuove hanno anche modalità di comunicazione diversa da quelle passate. Certamente non possiamo assolutamente dire che il livello universitario italiano sia distante dal resto d’Europa. Anzi, è buono e la sfida dell’insegnamento è una sfida continua che deve sempre adattarsi alle nuove occasioni”.

Alla domanda se sia migliore la didattica online o la didattica in presenza, la presidente del Comitato tecnico scientifico di Aifi ha risposto: “Abbiamo capito che non è corretto mettere in antitesi questi due elementi ma che ci vuole una giusta integrazione, magari sfruttando maggiormente gli elementi di una didattica a distanza, anche con videolezioni registrate per quanto riguarda gli aspetti più teorici, quelli che si possono passare con queste metodiche, per poi arrivare ad una ‘blended’ per favorire certamente le interazioni e poi portare in presenza quelli che sono gli elementi più utili, quelli che utilizziamo per incentivare gli studenti a un ragionamento e a un sapere migliore”.

Nel frattempo l’Associazione Italiana di Fisioterapia ha già iniziato a gettare le basi del prossimo appuntamento nazionale. “L’assemblea dei soci – ha concluso il presidente Cecchetto – ha definito che la prossima Assemblea nazionale, quindi il congresso scientifico a essa collegato, sarà ospitato a Bologna nell’autunno del 2023”.

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