Coronavirus, Consiglio di Stato su terapie domiciliari: “Medico può discostarsi da linee guida solo in base a solide prove scientifiche”

La sentenza fa chiarezza sul discusso tema della libertà prescrittiva nel caso di una malattia nuova e senza protocolli di cura ufficiali: fino a che punto può spingersi?

Con la sentenza n. 946/2022 il Consiglio di Stato ha confermato la legittimità delle linee guida contenute nella circolare ministeriale sulle terapie domiciliari contro il coronavirus, ma con una precisazione: “Le linee guida contengono mere raccomandazioni, e non prescrizioni cogenti, e si collocano, sul piano giuridico, a livello di semplici indicazioni orientative per i medici di medicina generale, in quanto parametri di riferimento circa le esperienze in atto nei metodi terapeutici a livello internazionale”.

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Aggiunge la sentenza: “Il singolo medico, nell’esercizio della propria autonomia professionale, ma anche nella consapevolezza della propria responsabilità, è ben libero di prescrivere i farmaci che ritenga più appropriati alla specificità del caso, in rapporto al singolo paziente, sulla base delle evidenze scientifiche acquisite”. Tuttavia “la prescrizione di un farmaco da parte del medico non può fondarsi su intuizioni o improvvisazioni sperimentate sulla pelle dei singoli pazienti, ma su evidenze scientifiche e, dunque, su rigorosi studi e precise sperimentazioni cliniche, ormai numerosi a livello internazionale anche nella lotta contro il virus Sars-Cov-2, dopo due anni dall’inizio della pandemia”.

Continua il Consiglio di Stato: “Non vi è dubbio che il singolo medico, nel prescrivere un farmaco, possa discostarsi dalle linee guida senza incorrere in responsabilità, purché esistano solide o quantomeno rassicuranti prove scientifiche di sicurezza ed efficacia del farmaco prescritto, sulla base dei dati scientifici, pur ancora parziali o incompleti, ai quali possa ricondurre razionalmente il proprio convincimento prescrittivo rispetto alla singolarità del caso clinico”.

E ancora: “La prescrizione del farmaco, anche nell’attuale emergenza epidemiologica, e tanto più nell’ovvia assenza di prassi consolidate da anni per la recente insorgenza della malattia, deve fondarsi su un serio approccio scientifico, e non può affidarsi a improvvisazioni del momento, a intuizioni casuali o, peggio, a un’aneddotica insuscettibile di verifica e controllo da parte della comunità scientifica e, dunque, a valutazioni foriere di rischi mai valutati prima rispetto all’esistenza di un ipotizzato o auspicato beneficio”.

Con ciò non si vuole “negare che l’esperienza clinica dei singoli medici a livello territoriale sia preziosa e fondamentale per la ricerca scientifica nella lotta contro il Sars-CoV-2″. Anzi, “proprio per questo i risultati e i dati di questa esperienza non possono essere sottratti a un rigoroso approccio scientifico, che consenta, anche in condizioni di emergenza epidemiologica, di valutare comunque la sicurezza e l’efficacia del farmaco, non affidabile certo individualmente e solamente al buon senso o addirittura al caso”.

Concludendo: “La prescrizione di farmaci non previsti o addirittura non raccomandati dalle linee guida non può dunque fondarsi su un’opinione personale del medico, priva di basi scientifiche e di evidenze cliniche, o su suggestioni e improvvisazioni del momento, alimentati da disinformazione o addirittura da un atteggiamento di sospetto nei confronti delle cure ‘ufficiali’, in quelle che sono state definite le contemporanee societés de la dèfiance, le società della sfiducia nella scienza”.

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